6 aprile 2014

Rovelli, capitolo 2: I classici. Campi e onde in fisica: una rivoluzione metafisica ancora da recepire. Conferme e smentite alla filosofia di Kant con i progressi della fisica

C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, Raffaello Cortina 2014
commenti precedenti:

"Platone ripulì il pitagoricismo dall'ingombrante e inutile bagaglio misticheggiante di cui era imbevuto e ne distillò il messaggio utile: il linguaggio adatto per comprendere e descrivere il mondo è la matematica. La portata di questa intuizione è immensa, ed è una delle ragioni del successo della scienza occidentale."
MA: la matematica tratta grandezze continue (o meglio: il calcolo infinitesimale presuppone una realtà continua)... Se la realtà è granulare, come la mettiamo?





Rovelli spiega molto bene come Galileo, scoprendo la grandezza costante dell'accelerazione dei corpi in caduta (9,8 metri al secondo per secondo) abbia aperto la strada a Newton per la scoperta della forza di gravità.

Interessante come sia un altro esperimento mentale (quello della piccola luna che orbita intorno alla Terra sfiorandola) che ha condotto Newton alla scoperta della gravità. (nel commento precedente avevo commentato l'esperimento mentale di Democrito)

Non è straordinario che a scoprire il campo elettromagnetico sia stato Michael Faraday, "il più grande visionario della fisica dell'Ottocento", che non conosceva la matematica? "Non conosce la matematica, scrive un meraviglioso libro di fisica praticamente senza nessuna equazione. Lui la fisica la vede con gli occhi della mente, e con gli occhi della mente crea mondi."

Rovelli descrive bene come l'introduzione della nozione di CAMPO in fisica, in altri termini la scoperta dell'esistenza dei campi, sia stata (anche) una rivoluzione ontologica e metafisica.
CAMPO: entità reale diffusa ovunque nello spazio, che viene modificata dai corpi e che a sua volta agisce sui corpi. "Faraday lo immagina come formato da fasci di linee sottilissime (infinitamente sottili) che riempiono lo spazio. Una gigantesca ragnatela invisibile, che riempie tutto intorno a noi. Chiama queste linee 'linee di forza', perché in qualche modo sono linee che 'portano la forza': portano in giro la forza elettrica e la forza magnetica, come fossero cavi che tirano e spingono".
Nota 10: "Se visualizzate il campo come un vettore (una freccetta) in ogni punto dello spazio, quella freccetta è la direzione della linea di Faraday in quel punto, cioè la tangente alla linea di Faraday, e la lunghezza della freccetta è proporzionale alla densità delle linee di Faraday in quel punto".
"Il mondo è cambiato: non è più fatto di particelle nello spazio, ma di particelle e campi che si muovono nello spazio."
Ora, la mia domanda è la seguente: considerando che la metafisica attuale (perlomeno in ambito analitico) distingue, fra i tipi di entità, fondamentalmente gli oggetti (enti individuali, espressi logicamente dai "nomi") e le proprietà (modi di essere di uno o più individui, espressi logicamente dai "predicati", ma i predicati posso esprimere anche eventi o azioni), in quale di queste categorie possiamo fare rientrare i campi e le onde?
I campi sono oggetti? O non piuttosto proprietà dello spazio(-tempo)? Le onde sono oggetti? O non, piuttosto, proprietà/eventi dei campi?
Non è, forse, che queste due nozioni, che sono però anche realtà fisiche, dovrebbero portare i metafisici di oggi a rivedere le loro categorie fondamentali? Forse proprio perché campi e onde non sono né oggetti, né proprietà di oggetti. Già lo spazio e il tempo hanno posto problemi di classificazione onotologico-metafisica in passato, e oggi più che mai..., ma anche queste "semplici" nozioni classiche della fisica pre-einsteiniana mi pare pongano problemi seri!

Rovelli è molto bravo a far capire l'importanza delle equazioni di Maxwell per la rivoluzione tecnologica tuttora in atto.

La luce è un'onda elettromagnetica, e il colore è la frequenza delle onde elettromagnetiche che formano la luce.
Mi pare che sia confermato il semi-costruttivismo kantiano, riguardo al fenomeno del colore: c'è un lato oggettivo del fenomeno (la frequenza delle onde) e c'è un lato soggettivo: come noi percepiamo le differenze di frequenza. "Il colore come lo vediamo noi è la nostra reazione psicofisica ai segnali nervosi che vengono dai recettori nei nostri occhi, che sono in grado di distinguere onde elettromagnetiche di frequenze diverse." L'unico problema, rispetto a Kant, è che in questo caso mi sembra si possa dire che oggi sappiamo qual è il lato noumenico del fenomeno del colore, cioè sappiamo qual è la natura in sé del colore.

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