16 settembre 2017

Spinoza, il "dilemma dell'Eutifrone" e la dieta SMARTFOOD






Spinoza, Etica, parte III, proposizione IX, scolio: 
«(...) Da tutto ciò è reso evidente che noi non siamo spinti verso qualcosa, non lo vogliamo, non l’appetiamo né desideriamo perché giudichiamo che sia buono; ma giudichiamo buono qualcosa perché siamo spinti verso di esso, lo vogliamo, lo appetiamo e lo desideriamo.»

Spinoza si schiera quindi, in questo passaggio, su un versante ben preciso nel cosiddetto “dilemma dell’Eutifrone”. Così lo chiama Achille Varzi nel suo recente volume I colori del bene (Orthotes, Napoli-Salerno, 2015): «(...) il dilemma può essere inteso in senso più ampio come riferito a tutto ciò che è bene: lo apprezziamo perché è buono, o è buono perché lo apprezziamo? (...) Così inteso, è chiaro che la prima opzione corrisponde alla concezione oggettivista del bene e la seconda alla concezione soggettivista.». Spinoza si colloca quindi nel fronte dei soggettivisti. Notiamo inoltre che Spinoza in questa frase non descrive la posizione avversa dicendo ‘lo desideriamo per ché è buono’, ma dicendo ‘lo desideriamo perché lo giudichiamo buono’.

Propongo un controesempio alla tesi di Spinoza. Cerco quindi di criticare la posizione dei soggettivisti (tra cui dobbiamo inserire anche Achille Varzi...) e di sostenere la posizione degli oggettivisti (tra i quali collochiamo innanzitutto Socrate-Platone). Ecco il mio argomento. Da diverso tempo, ricevo informazioni contraddittorie – anche perché provenienti da fonti diverse e in momenti diversi – riguardo a cosa fa male o bene mangiare. Mi piacerebbe, allora, leggere un libro sull’alimentazione che abbia basi scientifiche. Finalmente, poco tempo fa (grazie a un'indicazione del dott. Enzo Soresi), lo trovo. È il libro di Eliana Liotta, con Pier Giuseppe Pelicci e Lucilla Titta, LA DIETA SMARTFOOD. In forma e in salute con i 30 cibi che allungano la vita, Rizzoli/RCS Libri, Milano 2016. (La giornalista Eliana Liotta ha scritto il libro in collaborazione con un gruppo di ricercatori dello IEO – Istituto Europeo di Oncologia – coordinati da Pelicci e Titta, quindi siamo di fronte a una dieta costruita su basi scientifiche). Leggo che il caco è uno dei cibi smart. Un giorno quindi, oltre alla solita colazione a base di yogurt e cereali, decido di mangiare anche un caco. In questo caso giudico buono (nel senso che fa bene alla salute) il caco non perché lo desidero, ma perché mi fido di quello che ho letto in quel libro, “credo” alla scienza e se questa mi dice che un certo cibo fa bene lo giudico buono.

Immaginiamo di essere di fronte a Spinoza e di avergli posto questa obiezione alla sua tesi. Come avrebbe risposto lui?

Possibile risposta di Spinoza: 
«In realtà dietro al desiderio di conoscere scientificamente quali alimenti portino alla salute e quali no, vi è sempre la nostra pulsione di auto-conservazione (il conatus). Quindi giudico buono un alimento perché desidero conservare la mia salute e mi avvalgo degli strumenti a disposizione per poterlo fare, i quali mi indicano che quell’alimento soddisfa il mio desiderio.»

Riflettiamo su questa risposta immaginaria di Spinoza, ma intanto invito comunque tutti i lettori, al di là della loro inclinazione verso il fronte del soggettivismo o dell’oggettivismo etico, a leggere il libro della Liotta e a mangiare con più razionalità (e soprattutto: di meno!).

15 settembre 2017

David K. Lewis, "Are We Free to Break the Laws?". Traduzione e commento









L’articolo di cui ci occupiamo qui è stato pubblicato da Lewis nel 1981. In quel momento, egli aveva già formulato la teoria delle controparti (in un articolo del 1968) e le teorie dei controfattuali e del realismo modale (in Counterfactuals, del 1973). È vero che il realismo modale è presentato da Lewis in modo ampio e organico solo nel 1986 (in On the Plurality of Worlds), ma quello che ci interessa notare è che nel 1981 Lewis aveva già proposto in modo chiaro il suo modo di trattare la questione della possibilità. Per Lewis, dire che l’individuo X potrebbe avere la proprietà P (che attualmente non ha) significa dire che esiste un altro mondo nel quale esiste una controparte di X (diciamo per semplificare che una controparte di X è un individuo che gli somiglia molto, che condivide molte proprietà con X) che ha la proprietà P.
     Stando così le cose, ci si sarebbe potuti aspettare che, affrontando la questione classica del libero arbitrio, Lewis utilizzasse le sue teorie già formulate, essendo la nozione di libertà strettamente connessa con quella di possibilità. In altri termini, si poteva pensare che usasse il realismo modale come sfondo metafisico per rendere conto del libero arbitrio (sostenendolo o confutandolo). Invece, quello che fa, come vedrete leggendo (o rileggendo se lo conoscete già), è costruire una difesa del libero arbitrio che rinuncia completamente a fare uso dell’impianto metafisico per il quale Lewis è maggiormente famoso, ovvero il realismo modale (la teoria secondo la quale esistono innumerevoli mondi possibili che sono altrettanto reali quanto quello attuale, isolati spazio-temporalmente dal mondo attuale, e che il mondo attuale, considerato dal punto di vista di uno di questi altri mondi, non è che uno fra i tanti mondi possibili).

    La scelta di Lewis, penso, si basa sul fallimento del grande filosofo inventore dell’idea di “mondo possibile” riguardo al tentativo di dare soluzione alla questione del libero arbitrio. ...




10 settembre 2017

La vita: intreccio indissolubile di libertà e necessità secondo Hans Jonas




"Con il concetto di libertà disponiamo di un concetto guida per l'interpretazione della vita. Il mistero stesso del divenire non ci è accessibile: resta perciò una supposizione – per me personalmente una solida ipotesi –, che già il principio che fonda il passaggio dalla sostanza inanimata a quella vivente sia una tendenza caratterizzabile in questo senso nelle profondità dell'essere stesso. Ma il ricorso a tale concetto si mostra però immediatamente adeguato per la descrizione della struttura vivente più elementare. (...) La nostra prima osservazione concerne la natura per così dire in tutto e per tutto dialettica della libertà organica, ossia il fatto che essa sia in una condizione di equilibrio con la corrispondente necessità che le è indissolubilmente connessa come fosse la sua ombra e che quindi ritorna, come ombra accresciuta, a ogni livello nell'ascesa a gradi superiori d'indipendenza. Questo duplice aspetto si trova già nel modo d'essere originario della libertà organica, nel metabolismo in quanto tale, che designa da un lato una facoltà della forma organica, ovvero quella di «ricambiare» la sua materia, ma al contempo anche la sua ineludibile necessità di fare proprio ciò. Il suo «può» è un «deve», in quanto il suo compimento coincide con il suo essere. (...) Così la sovranità della forma rispetto alla sua materia è allo stesso tempo il suo essere sottomessa al bisogno che ha di essa. Questo esser-bisognoso, che è totalmente estraneo all'essere autosufficiente della mera materia, è una caratteristica della vita non meno unica del suo potere, di cui rappresenta solamente il rovescio della medaglia: la sua stessa libertà è anche la sua peculiare necessità. Questa è l'antinomia della libertà alle radici della vita e nella sua forma più elementare, quella del metabolismo."

Hans Jonas, Organismo e libertà. Verso una biologia filosofica, 1999 (ed. orig. 1973)

8 settembre 2017

PLATONE, "SIMPOSIO". Appunti










cap. V:  Erissimaco riferisce un discorso di Fedro, secondo il quale
AMORE (EROS), è un dio grande, ma trascurato: nessuno, né in versi né in prosa, ha scritto qualcosa in sua lode. Erissimaco propone quindi di fare ciascuno un discorso in lode di Amore.

Questo stato di cose, un dio grande ma non lodato, trascurato, mi fa pensare al fatto che il tema dell'amore sensuale, o più esplicitamente, il tema dell'amore erotico, della sessualità, sia qualcosa di "grande" (che interessa a tutti), ma che è "bandito" dai discorsi, provoca vergogna il parlarne, sembra di entrare in uno spazio proibito, privato eccetera. Perché è così? , in fondo è un po' così ancora oggi...

Socrate, nell'appoggiare la decisione, dice: "Nessuno sarà contrario, a cominciare da me che affermo di essere un esperto soltanto in cose d'amore..."

Allude, penso, al discorso, che verrà introdotto più avanti, sul forte legame fra EROS e CONOSCENZA.

capp. VI-VII:  Discorso di FEDRO
AMORE è il dio più antico. Cita Esiodo, secondo il quale inizialmente ci fu il Caos, e subito dopo Terra e Amore.

In questo senso EROS era un Dio cosmogonia, rappresentante della forza di attrazione che spinge le cose ad unirsi.

AMORE è fonte di grandissimi beni: forse il bene maggiore: avere una persona virtuosa da amare o che ci ami.
Attraverso AMORE riceviamo i princìpi fondamentali: la vergogna per le brutte azioni e il desiderio e coraggio per le buone azioni. Perché se c'è qualcuno che amiamo o che ci ama, nei suoi confronti ci vergogniamo delle azioni cattive, moralmente brutte. E nell'altro senso, colui che ama non lascerebbe mai in pericolo la persona amata: dal suo amore trae coraggio per azioni eroiche. "Solo quelli che amano sono pronti a morire per gli altri"

Notiamo: 1) già qui compare la distinzione fra amare ed essere amati
2) l'amore come fonte (ma resta da approfondire come, in che modo ciò avviene) dell'acquisizione dei princìpi morali (e anche estetici): buono/cattivo, bello/brutto (notare l'uso di "brutto" in senso morale"). Chi ama/è amato viene come nobilitato da ciò, quindi non può abbassarsi a compiere azioni vili o ingiuste (vergogna, senso di colpa, scatterebbero subito). Chi ama vuole proteggere la persona amata, quindi nasce l'altruismo.

Seguono alcuni esempi: Alcesti, Orfeo, Achille.
Alcesti: (riporto la nota 24 ed. BUR:) "la stupenda figura femminile della tragedia omonima di Euripide. Secondo la tradizione, fu figlia bellissima di Pelia e sposa del re Admeto. Questi, in occasione del matrimonio con la bella fanciulla, trascurò di fare i dovuti sacrifici alla dea Artemide che fu tanto offesa da pretenderne la morte. Ma l'intervento di Apollo placò l'ira della dea, la quale, però, in cambio della vita di lui, volle quella dei suoi genitori. Costoro, però, si rifiutarono di morire al posto del figlio e Alcesti, allora, che amava immensamente il suo sposo, si sacrificò per lui. Ma Eracle scesa agli Inferi e restituì al marito la sublime fanciulla."

Alcesti e Achille sono esempi positivi (sacrificio di sé per salvare/vendicare l'amato), mentre Orfeo è esempio negativo (non si sacrifica ma cerca di salvare l'amata con l'inganno). Viene poi fatta una sorta di graduatoria del valore dell'amore dal punto di vista dell'ammirazione degli dei: al gradino più basso sta chi è amato (ma non ama); poi viene chi ama; ancora più in alto è chi "ricambia l'amore di chi lo ama". Quindi ricapitolando, dal gradino più basso:
1. chi è solo amato ma non ama
2. chi ama ma non è riamato
3. l'amore reciproco


capp. VIIi-XI: Discorso di PAUSANIA
AMORE non è uno, è molteplice. Quindi occorre distinguere e lodare solo il migliore.
Infatti "non ogni amore è bello o degno di lode, ma solo quello che spinge a nobilmente amare".
"ogni azione ha questo di caratteristico: che per se stessa non è mai bella o brutta (...) ma lo diventa dal modo con cui questa azione viene compiuta: onestamente e rettamente, è bella, altrimenti, la stessa azione è cattiva".

Su questa tesi riguardo al valore morale delle azioni, come non intrinseco ma derivato dalla modalità o dall'intenzione di chi la compie, occorrerebbe approfondire molto. Infatti ci si potrebbe chiedere se non esistano alcune azioni, come l'uccidere o il mentire, che siano cattive in sé...

Occorre sottolineare il legame che unisce EROS ad AFRODITE, innanzitutto.

In questo senso, EROS era figlio di Ares e Afrodite "e rappresentava la passione di amore. Lo si immaginava come un giovinetto di ammaliante bellezza, munito di un arco col quale egli soleva lanciar le sue frecce infallibili producendo in chi voleva, o Dei o uomini, la piaga d'amore. Alla forza di EROS, dicevasi, neppure Zeus può sottrarsi; con che si veniva a indicare l'amore come la più forte e temibile potenza della natura." (F. Ramorino, Mitologia classica illustrata, Hoepli 1979)

Siccome ci sono due Veneri, ci sono anche due Amori.

In realtà se ne distinsero tre: Afrodite PANDEMIA (terrena e protettrice di amori anche volgari), Afrodite URANIA (dea dell'amore celeste, datrice di ogni benedizione) e Afrodite PONTIA (dea marina, patrona della navigazione e dei naviganti).

Afrodite Urania è la più antica, e non ebbe madre: era figlia del Cielo, ha ricevuto solo i caratteri maschili ed è immune da ogni forma di libidine.
Afrodite Pandemia è la più giovane, figlia di Giove e Dione, e ha ricevuto i caratteri sia maschili sia femminili.
Occorre distinguere quindi AMORE CELESTE e AMORE PANDEMIO (di tutto il popolo).
L'Amore Pandemio ispira chi ama indifferentemente donne o giovinetti e ama più il corpo che l'anima. L'Amore Celeste ispira chi predilige il sesso maschile ed è esente da libidine.

(continua





SEI SEMPRE TU. Guida informativa per adulti su omosessualità e varianza di genere



Su questi temi esiste una guida più agile, pensata per i giovani:
GENDER. Che cos'è... ... e cosa non è

Per scaricare invece questa guida, scritta per per genitori e insegnanti, CLICCA QUI





GENDER - Che cos'è... ... e cosa non è