21 marzo 2012

La cosa in sé: mondi inaccessibili o parziale conoscibilità di questo mondo? L'errore di Kant





Sull'interpretazione della filosofia kantiana ancora si discute.
Recentemente Franca D'Agostini ha avanzato (in Introduzione alla verità) la proposta di interpretare Kant come un semi-costruzionista: i fenomeni sono parzialmente costruiti da noi, attraverso il concorso delle forme a priori della sensibilità e dei concetti puri, applicati al materiale sensibile che proviene dal mondo.
Uno dei punti più controversi riguarda la nozione di cosa in sé: Kant la pensava come qualcosa di costitutivamente inconoscibile, inaccessibile a sensibilità, intelletto e ragione, pensando sostanzialmente a Dio e a una dimensione ultra-mondana (nella quale può realizzarsi l'immortalità dell'anima) oppure pensava a una controparte dei fenomeni che non ci è dato di conoscere?

Interpretazioni accreditate negano questa seconda possibilità, sostenendo che non dobbiamo pensare che Kant volesse sostenere che dietro a ogni fenomeno si nasconda una cosa in sé.
D'altra parte però, se riconsideriamo il tema dello spazio e del tempo come forme a priori della sensibilità, resta il fatto che Kant sostiene in pratica che la dimensione spazio-temporale non deriva dalla cosa in sé, ma è il nostro (soggettivo-universale) modo di organizzare la molteplicità delle intuizioni sensibili. Se è vero questo il mondo allora è ben diverso da come ci appare!
Si dice: è sbagliato pensare che i fenomeni per Kant siano apparenze, essi sono oggetti conoscibili scientificamente. Ma allora deve esserci un spazio e deve esserci un tempo che corrispondono alle nostre forme a priori!!
Perché Kant, che pure aveva la massima stima di Newton e della sua fisica, non abbraccia la concezione newtoniana di spazio e tempo? Gli sembrava una concezione metafisica? Credo che Kant sia arrivato alla sua concezione dello spazio e del tempo partendo dall'interpretazione della matematica come insieme di proposizioni sintetiche a priori. Forse proprio qui si nasconde l'errore di Kant. Forse anche per la matematica, come per la fisica, Kant avrebbe dovuto riconoscere che gli oggetti matematici sono solo parzialmente costruiti da noi, e che quindi non è vero che spazio e tempo siano forme completamente a priori, bensì noi costruiamo queste forme anche grazie a intuizioni empiriche che provengono dal mondo in sé.

19 marzo 2012

Che cos'è il piacere? Limiti della concezione Schopenhauer-Freud






Freud riprende l'idea di Schopenhauer secondo cui il piacere presuppone la sofferenza.
Secondo Freud il piacere scaturisce quando avviene un allentamento della tensione psichica, tensione a sua volta corrispondente a una pulsione che preme per essere soddisfatta.

Ora, se il discorso fila abbastanza bene per quanto riguarda le pulsioni di auto-conservazione, non torna invece per quanto riguarda la pulsione sessuale.
Spiego: la fame, la sete, il sonno, sono condizioni di per sé negative: vengono vissute come stati di tensione spiacevole, e piacevole è il soddisfare tali tensioni mangiando, bevendo, dormendo.
Il desiderio sessuale, invece, corrisponde a una tensione che non è di per sé spiacevole: essere eccitati sessualmente è forse spiacevole? Certamente il piacere che si prova con l'orgasmo è molto superiore a quello che si prova nell'eccitazione, ma questo non toglie che si possa aver voglia di indugiare nelle fasi preliminari all'orgasmo, proprio per prolungare questo piacere.

Si potrebbe quasi pensare che i meccanismi regolatori della vita abbiano privilegiato la spinta alla conservazione della specie più che la spinta alla conservazione dell'individuo. Il piacere provocato nel soddisfacimento della pulsione sessuale (orgasmo) mi pare (mi sbaglio? altri hanno valutazioni diverse?) superiore, quanto a intensità, rispetto a quello provocato dal soddisfacimento delle pulsioni di autoconservazione.
Ma che significato ha, da questo punto di vista "strategico-biologico", il piacere associato all'eccitazione sessuale?

Resta, per tornare al punto iniziale, una carenza teorica sul tema del piacere, almeno per le mie - certamente limitate - conoscenze. Qualcuno dei lettori del blog mi sa indicare altre teorie sul piacere, oltre alla linea Schopenhauer-Freud?