29 aprile 2014

Cosa fare delle nostre conoscenze?

(consigli per gli studenti e per quelli che studiano tutta la vita...)

estendere: ogni nostra conoscenza è in genere accompagnata dalla consapevolezza di parti del sapere umano a noi ancore ignote, verso le quali possiamo ampliare gli orizzonti; i confini si possono estendere restando nello stesso settore o anche scegliendo di allargare il campo verso settori per noi mai affrontati.

consolidare: ciò che già sappiamo può col passare del tempo appannarsi, assottigliarsi, diventare fragile e incerto. Tornarci sopra, memorizzare, ripensare è un modo per appropriarsi meglio di conoscenze che ci sembrava di avere già acquisito ma che possono rivelarsi lacunose o instabili.

affinare: esplorare i dettagli, precisare, entrare nei particolari

approfondire: esplorare le basi, i fondamenti, focalizzare e ingrandire (capire meglio) i punti nodali, i concetti centrali.

applicare: provare a usare ciò che sappiamo trasferendolo in un contesto diverso, ponendolo in relazione a un caso specifico, una circostanza particolare, un problema da risolvere.

dubitare: chiedersi se ciò che sappiamo è proprio vero, se non sia possibile una sapere alternativo sulle stesse cose, un punto di vista diverso; adottare un atteggiamento critico nei confronti di ciò che già sappiamo

immaginare: usare le conoscenze come base per immaginare possibilità diverse da quelle realizzate

produrre: individuare i punti nei quali il sapere può essere esteso in assoluto (domande mai poste prima, problemi ancora mai risolti, cose mai capite, zone mai esplorate, punti rivista mai adottati, interpretazioni mai avanzate, ipotesi mai fatte) e dare il proprio contributo con qualcosa di nuovo.

27 aprile 2014

Nymphomaniac - vol. II





La seconda parte del film mi è sembrata più fredda, nel complesso, rispetto alla prima
L'improvvisa insensibilità spinge Joe a cercare esperienze nuove, più forti, e finisce nello "studio" di un sadico (che prova piacere nell'infliggere frustate ma non arriva mai al rapporto sessuale con le sue partner); nel frattempo, però, ha avuto un figlio dall'uomo che l'aveva fatta innamorare, e per frequentare il sadico trascura il figlio, si rivela una madre e un'amante non altezza delle sue responsabilità e delle aspettative amorose della famiglia, per cui viene abbandonata. La sua vita si sviluppa con ulteriori avventure, e viene narrata all'uomo che l'ha soccorsa all'inizio (nella parte I), Seligman, il quale a un certo punto si dichiara "asessuato" e vergine. Seligman, che rappresenta una sorta di psicoterapeuta, aiuta Joe a sollevarsi dai suoi sensi di colpa, e alla fine Joe si sente effettivamente "accolta" da lui e lo riconosce come amico, ma proprio qui, nel finale, avviene un imprevisto capovolgimento di situazione, una sorta di scambio di ruoli che dà al film uno scatto in avanti, una sensazione di sviluppo e di complessità. 
La protagonista sembra non riuscire mai a conciliare sessualità e amore, e sembra essere incapace di  trovare la giusta misura nel vivere la sessualità integrandola con il resto delle componenti essenziali della vita umana. Alla fine, infatti, sembra "guarita" dalla sua ninfomania ma si propone l'astinenza totale dalla sessualità. Quindi o tutto, o niente. 
Anche la seconda parte è ricca di riferimenti culturali e girata con grande perizia.


Considerando il film nell'insieme, forse uno dei problemi generali riguardo alla sessualità, che il regista ha voluto riproporre, è se sia veramente impossibile conciliare la vita sociale e i rapporti amorosi all'interno della famiglia, la civiltà in generale, con una espressione più libera delle proprie pulsioni (un po' come ha sostenuto Freud ne Il disagio della civiltà) o se invece si possa pensare a una società diversa, capace di accogliere individui che sacrifichino meno o per niente l'energia pulsionale. Il discorso che emerge dal film a questo proposito, mi pare, è che non può essere un solo individuo a tentare vie alternative, pena l'emarginazione e l'impossibilità di costruire rapporti interpersonali solidi. 

24 aprile 2014

Rovelli, capitolo 4. I quanti.

C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, Raffaello Cortina 2014
commenti precedenti:
Rovelli, capitolo 1
Rovelli, capitolo 2


Riassumo (liberamente, in carattere Times; tra virgolette riporto brani del testo di Rovelli) e commento (in Helvetica).

Nel 1900 Max Planck ipotizza che l'energia (del campo elettrico) sia distribuita in quanti (unità minime, mattoncini minimi) e che l'energia di ogni quanto dipenda dalla frequenza (delle onde elettromagnetiche; in altri termini dalla velocità delle oscillazioni delle onde). Più alta è la frequenza, più grande sarà il quanto. Nel 1905 Einstein, partendo dalla spiegazione dell'effetto fotoelettrico, capisce che i quanti esistono realmente. I quanti di luce sono i fotoni: l'energia della luce è distribuita nello spazio in maniera discontinua. Questo lavoro di Einstein non viene inizialmente preso sul serio, perché ci si era appena convinti che la luce fosse un'onda del campo elettromagnetico "e come fa un'onda a essere fatta di granelli? (...) Capire come la luce possa essere sia un'onda elettromagnetica sia, allo stesso tempo, uno sciame di fotoni, richiederà l'intera costruzione della meccanica quantistica."

Nella comprensione del fenomeno della luce, quindi, si è passati dalla teoria corpuscolare (Newton) alla teoria ondulatoria (Maxwell), a una sintesi delle due teorie: la luce come onda-corpuscoli (Einstein). Non c'è, in questo procedere storico della fisica, una conferma del processo dialettico teorizzato da Hegel?
Niels Bohr, nel primo ventennio del Novecento, studiando la struttura degli atomi si imbatte in un problema. Secondo il modello dell’atomo allora condiviso (un nucleo centrale intorno a cui girano elettroni, come un piccolo sistema solare) non risultava spiegabile il fatto che la materia sia colorata. “Studiando in dettaglio la luce emessa (non sarebbe meglio dire ‘riflessa’? La maggior parte delle sostanze non sono luminose, non emettono luce propria…) dagli atomi, si ricava che le sostanze elementari hanno colori che le contraddistinguono.”

Quindi si appura che il colore è una “qualità primaria”! Avevo già commentato, a proposito del colore, nel capitolo 2, che si può interpretare la scoperta di Maxwell che le differenze di colore sono differenze di frequenza delle onde elettromagnetiche come la scoperta del lato “oggettivo” o “in sé” del colore rispetto al suo lato “soggettivo” o “fenomenico” (come noi percepiamo queste differenze di frequenza).

“Maxwell aveva scoperto che il colore è la frequenza della luce. Quindi la luce viene emessa (stessa osservazione fatta sopra…) dalle sostanze solo a certe frequenze. L’insieme delle frequenze che caratterizza una data sostanza si chiama ‘spettro’ di questa sostanza.”



“Il colore è la frequenza della luce, cioè la velocità a cui vibrano le linee di Faraday. A sua volta, questa è determinata dal vibrare delle cariche elettriche che originano la luce, e queste cariche, per la materia, sono gli elettroni che volteggiano intorno agli atomi.”  La cosa però non tornava rispetto alla meccanica newtoniana: “a credere alla meccanica di Newton, un elettrone può ruotare intorno al suo nucleo a qualunque velocità, e quindi emettere luce a qualunque frequenza. Ma allora, perché la luce emessa da un atomo non contiene tutti i colori, ma solo pochi colori particolari? Perché gli spettri atomici non sono un continuo di colori, ma sono composti da poche righe staccate?”
Bohr riesce a rispondere a questo problema, ma lo fa proponendo un nuovo modello di atomo, nel 1913, con caratteristiche che appaiono bizzarre. Ipotizza che anche l’energia degli elettroni negli atomi possa assumere solo certi valori “quantizzati” (ipotesi analoga a quella avanzata da Einstein per l’energia dei quanti di luce), che gli elettroni possano esistere solo su certe orbite, a distanze particolari dal nucleo, e che gli elettroni possano “saltare” fra l’una e l’altra delle orbite atomiche consentite (“salti quantici”). Questo nuovo modello atomico, con cui Bohr riusciva a rendere conto con precisione di tutti gli spettri di tutte le sostanze e a prevedere anche spettri non ancora osservati,  era contraddittorio rispetto alle concezioni tradizionali della materia e della dinamica. 
Sarà il giovane Werner Heisenberg ad avanzare una teoria profondamente innovativa che riusciva a inquadrare queste stranezze. Rovelli descrive molto bene le circostanze nelle quali, in una notte del 1925, nel parco dietro l’Istituto di Fisica di Copenhagen, Heisenberg ha una folgorante intuizione che lo porta a scrivere per primo le equazioni della meccanica quantistica, e lascio al lettore curioso la lettura diretta del libro di Rovelli. Qui vorrei sintetizzare e commentare l’intuizione di Heisenberg da un punto di vista filosofico. 
L’intuizione è che gli elettroni possano avere, a differenza degli oggetti materiali che siamo abituati ad osservare nelle nostre esperienze quotidiane, una esistenza intermittente! Possono scomparire e riapparire (i “salti quantici”); fra un’esistenza e l’altra non sono da nessuna parte, non hanno alcuna posizione precisa. “Gli elettroni non esistono sempre. Esistono solo quando interagiscono. Si materializzano in un luogo quando sbattono contro qualcosa d’altro. I ‘salti quantici’ da un’orbita all’altra sono il loro modo di essere reali: un elettrone è un insieme di salti da un’interazione all’altra. Quando nessuno lo disturba, un elettrone non è in alcun luogo.”

Questa esistenza intermittente avrebbe sicuramente scandalizzato Parmenide… ma proviamo a ragionarci sopra un momento. La prima questione mi sembra la seguente: esiste una modalità di esistenza, un altro modo di essere (per esempio quello che per gli stoici era il “sussistere”, che attribuivano agli enti immateriali come il significato), nella quale un elettrone si trova quando non è e che consente però di fornire una continuità all’identità dell’elettrone stesso? In altri termini: fra un salto quantico e l’altro un elettrone rimane se stesso o no? Può una cosa restare se stessa se si interrompe la continuità della sua esistenza materiale? Mi sembra che in gioco ci sia l’idea di una quantizzazione dell’esistenza stessa! 
La seconda questione è che Rovelli punta molto sull’interpretazione relazionale della teoria. Essere significherebbe interagire, relazionarsi. A questo proposito mi viene in mente che in fondo questa è la stessa idea che ha avuto Platone quando tentava di trovare un significato per l’essere che potesse funzionare sia per la sua teoria delle idee sia per l’atomismo democriteo: cosa hanno in comune le idee platoniche e gli atomi di Democrito? che possono entrare in relazione con altri enti della loro specie. Essere è essere in rapporto con. Mi sembra, però, che questa idea lasci in sospeso proprio la prima questione che ponevo sopra, cioè cosa ne è di un ente che non interagisce? Conserva la sua identità fino all’interazione successiva o no?

Altro protagonista della meccanica quantistica è Paul Adrien Maurice Dirac, gigante della fisica del XX secolo. Scrive Rovelli: "nelle sue mani la meccanica quantistica, da accozzaglia snaturata di intuizioni, mezzi calcoli, fumose discussioni metafisiche ed equazioni che funzionano bene e non si sa perché si trasforma in un'architettura perfetta: aerea, semplice e bellissima. Ma di un'astrattezza stratosferica. (...) In essa ogni oggetto è descritto da uno spazio astratto,*
*Uno spazio di Hilbert
e non ha alcuna proprietà in sé, a parte quelle che non cambiano mai, come la massa. La sua posizione e velocità, il suo momento angolare e il suo potenziale elettrico ecc. prendono realtà solamente quando si scontra con un altro oggetto. (...) L'aspetto relazionale della teoria dovente universale. (...) Non sappiamo con certezza dove l'elettrone comparirà, ma possiamo calcolare la probabilità che compaia qui o là".

Una variabile fisica può assumere solo certi valori: lo spettro di una variabile è l'insieme dei valori particolari che la variabile può assumere. Con Dirac diventa possibile calcolare quali valori possa prendere una variabile fisica: "Questo si chiama 'calcolo dello spettro di una variabile', cattura la granularità nel fondo della natura delle cose, ed è estremamente generale: vale per qualunque variabile fisica. I valori sono quelli che una variabile può prendere nel momento in cui l'oggetto (atomo, campo elettromagnetico, molecola, pendolo, sasso, stella...) (ma non vale solo su scala atomica?? Più avanti, a pag. 115, nella nota 11 Rovelli scrive: "Una regione finita dello spazio delle fasi, cioè dello spazio dei possibili stati di un sistema, contiene un numero infinito di stati classici distinguibili, ma corrisponde sempre a un numero finito di stati quantistici ortogonali. Questo numero è dato dal volume della regione diviso per la costante di Planck elevata al numero dei gradi di libertà. (???) Questo risultato è completamente generale.) interagisce con qualcos'altro (relazionalismo) (...) Cosa succeda fra un'interazione e l'altra è qualcosa che nella teoria non esiste (Un bel problema!)"

"La probabilità di trovare un elettrone, o una qualunque altra particella, in un punto o nell'altro nello spazio, si può immaginare come una nuvola diffusa, più densa dove la probabilità di vedere l'elettrone è maggiore. Talvolta è utile visualizzare questa nuvola, come fosse un oggetto reale. Per esempio, la nuvola che rappresenta un elettrone intorno al suo nucleo ci dice dove è più facile che l'elettrone appaia se proviamo a guardarlo. Se li avete incontrati a scuola, questi sono gli "orbitali" atomici.*"
(riporto qui sotto immagini degli "orbitali" atomici che si possono trovare nel web:)







"*La 'nuvola' che rappresenta i punti dello spazio dove è probabile trovare l'elettrone è descritta da un oggetto matematico chiamato la 'funzione d'onda'. Il fisico austriaco Erwin Schrödinger ha scritto un'equazione che mostra come questa funzione d'onda evolva nel tempo. Schrödinger aveva sperato che l''onda' potesse spiegare le stranezze della meccanica quantistica (...) [ma] il motivo principale per cui l'onda di Schrödinger non è una buona immagine della realtà consiste nel fatto che, quando l'elettrone collide con qualcosa d'altro, è sempre in un punto solo, non è diffuso nello spazio come un'onda. Se si pensa che un elettrone sia un'onda, ci si trova poi nella peste a cercare di spiegare come  accade che quest'onda si concentri istantaneamente in un solo punto a ogni collisione. (...) La realtà dell'elettrone non è un'onda: è questo apparire a intermittenza nelle collisioni (...)"

Per quanto strana, la teoria si rivela estremamente efficace, ed è alla base, ricorda Rovelli, dei computer, della chimica e biologia molecolare avanzate, dei laser, dei semiconduttori. Altra straordinaria applicazione della teoria è la seguente:
"prendete l'equazione della meccanica quantistica che determina la forma degli orbitali dell'elettrone. Questa equazione ha un certo numero di soluzioni e queste soluzioni corrispondono esattamente : all'idrogeno, all'elio... all'ossigeno... e agli altri elementi! La tavola periodica di Mendeleev è strutturata esattamente come le soluzioni. Le proprietà degli elementi e tutto il resto segue come soluzione di questa equazione! In altre parole, la meccanica quantistica decifra perfettamente il segreto della struttura della tavola periodica degli elementi. L'antico sogno di Pitagora e di Platone di descrivere tutte le sostanze del mondo con una sola formula è realizzato."


Dirac si rende poi conto che la meccanica quantistica si può applicare direttamente ai campi, e scopre la convergenza fra la nozione di particella e quella di campo:
"Campi e particelle sono la stessa cosa
(...)
La nuvola di probabilità che accompagna gli elettroni fra un'interazione e l'altra è un po' simile a un campo. Ma i campi di Faraday e Maxwell, a loro volta, sono fatti di grani: i fotoni. Non solo le particelle sono in un certo senso diffuse nello spazio come campi, ma anche i campi interagiscono come le particelle. (...)
Il modo in cui questo avviene nella teoria è elegante: le equazioni di Dirac determinano quali valori possa prendere ogni variabile. Applicate all'energia delle linee di Faraday, ci dicono che questa energia può prendere solo certi valori e non altri. L'energia del campo elettromagnetico può prendere solo certi valori, e quindi si comporta come un insieme di pacchetti di energia. Questi sono esattamente i quanti di energia di Planck e Einstein. Il cerchio si chiude. (...)
Le onde elettromagnetiche sono sì vibrazioni delle linee di Faraday, ma anche, a piccola scala, sciami di fotoni. Quando interagiscono con qualcosa d'altro, come nell'effetto fotoelettrico, si mostrano come sciami di particelle: sul nostro occhio la luce pioggerella in gocce separate, in singoli fotoni. I fotoni sono "i quanti" del campo elettromagnetico.
D'altra parte, anche gli elettroni e tutte le particelle di cui è fatto il mondo sono "quanti" di un campo: un "campo quantistico" simile a quello di Faraday e Maxwell, soggetto alla granularità e alla probabilità quantistiche, e Dirac scrive l'equazione del campo degli elettroni e delle altre particelle elementari.*
*L'equazione di Dirac
La differenza fra campi e particelle introdotta da Faraday viene largamente a sparire.
La forma generale della teoria quantistica compatibile con la relatività ristretta è chiamata 'teoria quantistica dei campi' ed è la base dell'odierna fisica delle particelle. Le particelle sono quanti di un campo, come i fotoni sono quanti del campo elettromagnetico, e tutti i campi mostrano questa struttura granulare nelle loro interazioni."





(le ultime due immagini sono tratte dall'articolo Il microscopio che vede gli atomi)

"Nel corso del XX secolo l'elenco dei campi fondamentali è stato messo a punto e oggi disponiamo di una teoria, chiamata 'modello standard delle particelle elementari', che sembra descrivere bene tutto quello che vediamo, a parte la gravità,* nell'ambito della teoria quantistica dei campi.
*. C'è un fenomeno che sembra non essere riducibile al modello standard: la cosiddetta materia oscura. Astrofisici e cosmologi osservano nell'Universo effetti di materia che sembra non essere del tipo della materia descritta dal modello standard. Ci sono molte cose che ancora non sappiamo. "

(Incredibile! Anche in questo campo, più si acquisiscono conoscenze, più si scopre quanto si è ignoranti.)

"(...) Il 'modello standard' è stato completato intorno agli anno Settanta. Ci sono una quindicina di campi le cui eccitazioni sono le particelle elementari (elettroni, quark, muori, neutrini, la particella di Higgs e poco altro), più alcuni campi, come il campo elettromagnetico, che descrivono la forza elettromagnetica e le altre forze che agiscono a scala nucleare."





Quindi ci sono, se ho capito bene, "campi-particelle" e "campi-forze".



16 aprile 2014

Nymphomaniac - vol. I



Ho visto oggi questo film di Lars Von Trier. L'ho seguito con molto interesse e piacere intellettuale. Mi aspettavo un film che potesse aiutare a ripensare alcuni nodi filosofici legati al tema della sessualità, e ho trovato anche più di quanto mi aspettavo. 
La storia (che come si sa è solo la prima parte; imminente l'uscita nelle sale italiane della seconda parte) di Joe, una ninfomane (Charlotte Gainsbourg), nella cornice del suo rapporto "terapeutico" con un signore anziano che la trova stesa a terra sanguinante e la soccorre, è occasione per una riflessione profonda sul tema della sessualità in generale: sull'origine dei sensi di colpa legati ad un'espressione libera della propria pulsione sessuale, sulle differenze e gli intrecci fra sessualità e amore, sul confine fra libertà e dipendenza sessuale... Un aspetto che mi ha colpito particolarmente è l'accostamento (realizzato magistralmente dal punto di vista dell'uso del linguaggio cinematografico) fra la polifonia e la poligamia (intesa qui come compresenza di più storie erotico-amorose nella vita di una persona). Il regista utilizza un brano per organo di Bach a tre voci, Ich ruf zu dir, Herr Jesu Christ BWV 639, e mostra come le tre melodie che si intrecciano formino un tutt'uno armonico, così come in una fase della vita di Joe la compresenza di tre rapporti paralleli con tre uomini molto diversi fra loro forma una sorta di unico rapporto complesso e integrato. Per rinforzare l'analogia, e direi per suggerire che vi sia una sorta di destino "naturale" nelle vicende di Joe, Von Trier ricorre addirittura a frammenti della serie di Fibonacci, che vengono rintracciati sia nel primo rapporto in cui Joe perde la sua verginità, sia nella musica di Bach.
La prima parte della vita di Joe oscilla fra sensazioni di enorme vuoto e mancanza di senso e sensazioni di pienezza e armonia, ma si chiude con un'inquietante "Non sento più nulla" proprio durante un rapporto con l'unico uomo che l'aveva fatta innamorare, e il trailer della seconda parte, che il regista offre in chiusura, allude a una deriva violenta, sadomasochistica, della vicenda.


15 aprile 2014

Rovelli, capitolo 3. Relatività ristretta e relatività generale. La prima antinomia cosmologica di Kant. Concepibilità di un Universo infinito.


C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, Raffaello Cortina 2014
commenti precedenti:
Rovelli, capitolo 1
Rovelli, capitolo 2




Rovelli presenta in questo capitolo la figura di Albert Einstein e le due teorie della relatività, soffermandosi in particolare sulla relatività generale ("La più bella delle teorie" secondo Lev Landau).

Nello spirito di questi commenti, riporto solo le cose che mi hanno interessato maggiormente e sulle quali ho qualche riflessione/domanda da fare.

Sugli anni in cui Einstein frequentava il liceo Rovelli dice: "invece di occuparsi di quello che gli insegnavano a scuola, leggeva gli Elementi di Euclide e la Critica della ragion pura di Kant". Seguo il filo di questo riferimento a Kant, che mi ha colpito.
Per introdurre la teoria della relatività generale Rovelli spiega come fossero rimaste aperte due questioni, nella fisica newtoniana, che Einstein collega fra loro in modo geniale: la natura della forza di gravità (in particolare come sia possibile che tale forza agisca a distanza fra corpi che non si toccano e che sono separati unicamente da spazio vuoto) e la natura dello spazio. Lo spazio era concepito da Newton come un grande "contenitore" vuoto: "Un'immensa scaffalatura nella quale corrono dritti gli oggetti, fino a quando una forza non li fa curvare". Ma che cos'è lo spazio? Rovelli fa notare come la diffusione della fisica newtoniana ci abbia abituato a pensare lo spazio come vuoto, ma "... lo spazio vuoto non fa parte della nostra esperienza. Da Aristotele a Cartesio, cioè per due millenni, l'idea democritea di uno spazio come entità diversa, separata dalle cose, non era mai stata accettata come ragionevole. Per Aristotele, come per Cartesio, le cose sono estese, ma l'estensione è una proprietà delle cose". L'idea di uno spazio vuoto è un'idea strana, "a metà fra una 'cosa' e una 'non-cosa'". Lo spazio, per Democrito, è un non-essere (contrapposto all'essere, al pieno, rappresentato dagli atomi). "Un non-essere che però c'è. Più oscuro di così è difficile." Newton aveva ripreso la concezione democritea dello spazio, e all'inizio aveva sconcertato i suoi contemporanei (mentre oggi la sua concezione è diventata quella più diffusa nel senso comune). 
"Ma i dubbi dei filosofi sulla ragionevolezza della nozione newtoniana di spazio persistevano, e Einstein, che leggeva volentieri i filosofi, ne era consapevole".
Qui Rovelli prosegue ricordando l'influenza che ha avuto la riflessione di Ernst Mach sul pensiero di Einstein, ma a me è venuto ancora in mente Kant, con la sua concezione dello spazio come intuizione pura. Kant, infatti, con la sua concezione dello spazio, si collocava in una posizione diversa sia dal "sostanzialismo" (Newton) sia dal "relazionismo" (Leibniz e altri. Per questa ricostruzione del dibattito sulla natura dello spazio si veda Mauro Dorato, La filosofia dello spazio e del tempo, in V. Allori, M. Dorato, F. Laudisa, N. Zanghì, La natura delle cose. Introduzione ai fondamenti e alla filosofia della fisica, Carocci Editore, Roma 2005; una rielaborazione di questo testo si trova nel mio saggio breve Spazio e tempo tra fisica e filosofia). Viene da chiedersi: la conoscenza della Critica della ragion pura può aver ispirato Einstein? Cassirer, in un saggio del 1921, ha sostenuto che la relatività generale non smentisce l'impostazione kantiana...
Rovelli mostra come da un lato Einstein sia stato portato dalle scoperte di Faraday e Maxwell a ipotizzare un "campo gravitazionale" analogo al campo elettromagnetico per rispondere alla questione della forza di gravità, e come poi abbia fuso tale problema col problema della natura dello spazio: "Ed ecco lo straordinario colpo di genio di Einstein, uno dei più grandi colpi d'ala nel pensiero dell'umanità: se il campo gravitazionale fosse proprio lo spazio di Newton, che ci appare così misterioso? Se lo spazio di Newton non fosse altro che il campo gravitazionale? (...) Senonché, a differenza dello spazio di Newton, che è piatto e fisso, il campo gravitazionale, essendo un campo, è qualcosa che si muove e ondeggia, soggetto a equazioni: come il campo di Maxwell, come le linee di Faraday. (...) Lo spazio non è più qualcosa di diverso dalla materia. E' una delle componenti "materiali" del mondo, è il fratello del campo elettromagnetico. E' un'entità reale, che ondula, si flette, si incurva, si storce. Noi non siamo contenuti in un'invisibile scaffalatura rigida: siamo immersi in un gigantesco mollusco flessibile (la metafora è di Einstein)."
Einstein pubblica la nuova teoria (relatività generale) nel 1915, e due anni dopo prova ad applicarla per descrivere lo spazio dell'universo intero.
"Per millenni gli uomini si erano domandati se l'Universo fosse infinito oppure avesse un bordo. Entrambe le ipotesi sono ostiche."
Ancora una volta mentre leggevo ho pensato a Kant: la grande questione che qui Rovelli richiama è la stessa che Kant formula nella prima delle quattro antinomie (i dilemmi che la ragione pura incontra quando esamina l'idea di mondo): 
TESI: il mondo ha un suo inizio nel tempo e, rispetto allo spazio, è chiuso entro limiti.
ANTITESI: il mondo non ha inizio né limiti nello spazio, ma è infinito così rispetto al tempo come rispetto allo spazio.
Ora, mi sembra molto interessante il modo che Rovelli usa per mostrare le difficoltà di entrambe le alternative, in particolare il modo di mostrare la difficoltà dell'antitesi.
Sulla tesi: "Se c'è un bordo, che cos'è il bordo? Che senso ha un bordo senza niente dall'altra parte?" (cita poi un bel brano del pitagorico Archita, che ipotizza di arrivare all'ultimo cielo e di stendere la mano o una bacchetta al di là...).
Sull'antitesi: "Un Universo infinito non sembra ragionevole: se è infinito, per esempio, da qualche parte c'è necessariamente un altro lettore come te che sta leggendo lo stesso libro (l'infinito è davvero grande, e non ci sono abbastanza combinazioni di atomi per riempirlo tutto di cose differenti l'una dall'altra). Anzi, ci deve essere non uno solo, ma una sequela infinita di lettori simili a te..."
Qui trovo una analogia interessante con l'argomento, basato sul Paradosso della Biblioteca di Babele, con il quale ho sostenuto di recente l'impossibilità di una serie di eventi costantemente variante e infinita e la finitezza della traiettoria del tempo cosmico.
Sull'argomento proposto da Rovelli riguardo all'antitesi, però, in linea di principio si può muovere un'obiezione. Un Universo infinito potrebbe essere inteso come uno spazio infinito entro cui si espande una materia finita. In altri termini: non è detto che un Universo infinito debba essere tutto pieno di cose differenti. E' logicamente concepibile una quantità finita di materia che si espande infinitamente in uno spazio infinito. La domanda però è: questo è anche fisicamente concepibile?

La soluzione di Einstein della prima antinomia cosmologica è che l'Universo possa essere finito ma senza bordo. Se lo si percorre viaggiando sempre nella stessa direzione (ma questo vale per qualunque direzione) si tornerà, dopo molto tempo, al punto di partenza. Uno spazio tridimensionale fatto così è chiamato "tre-sfera".
Rovelli spiega, anche servendosi di efficaci immagini, cosa sia una tre-sfera e, riprendendo un suo articolo, sostiene che Dante, nel Paradiso, abbia anticipato la soluzione di Einstein.
A questo proposito, quello che mi ha colpito è la distinzione che Rovelli propone fra geometria intrinseca (vista da dentro) e geometria estrinseca (vista da fuori). Gauss (per le superfici curve) e Riemann (per la curvatura di spazi con tre o più dimensioni) hanno usato proprio l'intuizione che sia più efficace descrivere uno spazio curvo non guardandolo "da fuori", perché questo presuppone uno spazio "più grande" nel quale si curvi il primo spazio, ma guardandolo e misurandolo immaginando di esserci dentro.
Questa distinzione va a mio avviso confrontata con le distinzioni filosofiche fra esperienza interna e esperienza esterna (per esempio in Kant), fra punto di vista soggettivo e punto di vista oggettivo (quest'ultima espressione può sembrare un ossimoro... ), con la dialettica soggetto/oggetto.

Aggiungo rapidamente un'altra riflessione che la lettura del capitolo mi ha suscitato.

Per introdurre la relatività ristretta (o speciale), Rovelli spiega come la fisica di Newton fosse incompatibile con la velocità costante della luce, perché ritiene la velocità un concetto relativo, "Cioè non esiste la velocità di un oggetto in sé (corsivo mio), esiste solo la velocità di un oggetto rispetto a un altro oggetto.
Domanda: questa contrapposizione fra qualcosa che esiste in sé e qualcosa che esiste in relazione ad altro o rispetto ad altro è la stessa contrapposizione che usa Kant quando parla della cosa in sé? La differenza sembra essere che nel primo caso (parlando della velocità) la relazione sarebbe comunque rispetto a qualcosa di oggettivo, mentre nel secondo caso (il fenomeno per Kant) la relazione è con il soggetto, non con un altro oggetto...


14 aprile 2014

La filosofia di Beppe Grillo. 2


La puntata precedente: La filosofia di Beppe Grillo

Avrei voluto proseguire nella lettura del programma del M5S, ma il clamore richiamato da un post sul blog di Grillo mi ha fatto cambiare programma. L'immagine che vedete qui sopra è quella che apre il post di cui oggi, 14 aprile 2014, si è molto parlato. Il testo del post Se questo è un paese, che riporto integralmente qui sotto, è "liberamente ispirato" alla poesia di Primo Levi "Se questo è un uomo", che apre l'omonimo romanzo. Che dire? Non ha senso contestare la falsità delle singole affermazioni, non trattandosi di un testo composto da proposizioni con reale senso dichiarativo. E' un testo integralmente retorico, quindi occorre interpretarlo, estrarne il senso non dichiarato e criticare eventualmente quello; capirne gli obiettivi e criticare eventualmente quelli. Fra gli obiettivi c'è sicuramente un forte attacco a Napolitano, a Renzi, a tutta la classe politica italiana in generale. C'è sicuramente il mostrare ai propri simpatizzanti di essere profondamente arrabbiato e che loro hanno ragione ad esserlo. C'è anche sicuramente, come ha detto un ex-grillino presente stasera alla trasmissione Piazzapulita, un obiettivo economico: il riferimento ad Auschwitz e a Primo Levi hanno avuto un effetto di forte richiamo, che si traduce in un'impennata di presenze sul blog di Grillo e questo significa più soldi, grazie alla pubblicità nel blog stesso. Ma è giusto, ci si chiede un po' da varie parti oggi, usare come strumento di richiamo mediatico la memoria della Shoah?
E qual è la sostanza del discorso? Quale il senso non esplicito, che si ricava spogliando il testo della veste retorica? Forse mi sbaglio, ma io ci leggo, come altri che ho sentito parlare oggi, un profondo nichilismo. Una visione nichilista che si esprime distruttivamente e aggressivamente. Nichilista perché non salva nulla e nessuno (se non chi pronuncia il discorso stesso!), nichilista perché azzera le differenze fra destra e sinistra, azzera le differenze fra Stato e mafia.

Voi che vi disinteressate della cosa pubblica
come se vi fosse estranea e alla vita delle persone
meno fortunate che vi circondano
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il telegiornale di regime caldo e visi di mafiosi e piduisti sullo schermo
mentre mangiate insieme ai vostri figli
che educate ad essere indifferenti e servi
Considerate se questo è un Paese
che vive nel fango
che non conosce pace, ma mafia
in cui c'è chi lotta per mezzo pane e chi può evadere centinaia di milioni
di gente che muore per un taglio ai suoi diritti civili, alla sanità, al lavoro, alla casa
nell'indifferenza dell'informazione
Considerate se questo è un Paese
nato dalle morti di Falcone e Borsellino
dalla trattativa Stato mafia
schiavo della P2
Comandato da un vecchio impaurito
delle sue stesse azioni
che ignora la Costituzione
Considerate se questo è un Paese
consegnato da vent'anni a Dell'Utri e a Berlusconi
e ai loro luridi alleati della sinistra
Un Paese che ha eletto come speranza un volgare mentitore
assurto a leader da povero buffone di provincia
Considerate se questa è una donna,
usata per raccogliere voti,
per raccontare menzogne su un trespolo televisivo,
per rinnegare la sua dignità
orpello di partito
vuoti gli occhi e freddo il cuore
come una rana d'inverno.
Meditate che questo AVVIENE ORA e che per i vostri figli non ci sarà speranza
per colpa della vostra ignavia, per aver rinnegato la vostra Patria
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

13 aprile 2014

Berlusconi, Grillo e Renzi secondo Massimo Recalcati




Nella puntata di ieri, sabato 12 aprile, di Che tempo che fa lo psicoanalista Massimo Recalcati è stato invitato da Fabio Fazio a interpretare i leader politici presenti sulla scena politica italiana.
Il discorso che ha fatto mostra, secondo me, quanta forza abbia ancora il punto di vista psicoanalitico se usato come chiave di lettura per comprendere l'attualità (al di là del problema se la psicoanalisi sia veramente una scienza).
Riassumo brevemente quello che ricordo del suo discorso, anche al fine di aggiungere elementi al percorso che ho iniziato su questo blog di "ricostruzione" della filosofia di Renzi e di Grillo.
Recalcati ha cominciato cercando di definire il carisma dei leader politici in generale, sostenendo che va al di là della forza logico-argomentativa e consiste nella capacità di far vibrare i loro discorsi toccando corde profonde nell'ascoltatore, corde inconsce, simboliche, archetipiche.
Berlusconi ha incarnato il fantasma della libertà, ma assunta senza responsabilità.
Grillo incarna il fantasma della purezza, per cui ogni forma di mediazione politica - e la politica è essenzialmente arte/scienza della mediazione - viene rifiutata, anche pagando il prezzo di privare di ogni consistenza progettuale il contenuto di sogno/visione trasformatrice che pure alle origini il movimento di Grillo ha avuto.
Renzi incarna il fantasma del figlio, e lo fa su un doppio registro: è sia Edipo sia Telemaco. In quanto Edipo Renzi rappresenta (con la dinamica della rottamazione) la volontà del parricidio, ma (per fortuna) è anche Telemaco, cioè si assume la responsabilità di andare attivamente a cercare il padre assente.
Sul complesso di Telemaco Recalcati ha scritto un libro che occorre leggere, oltre che per l'interesse intrinseco (il rapporto tra generazioni nella nostra epoca) per capire meglio il lato positivo che vede nella figura di Renzi.
Su YouTube sono reperibile alcuni interventi di Recalcati analoghi a quello qui ricordato.
Su Renzi: Psicodinamica del "Rottamatore"
Su Grillo: Padre nostro, dove sei?

12 aprile 2014

Lavorare meno. 2




Riporto di seguito un interessante articolo su Repubblica di oggi, che mostra come qualcosa si muova concretamente nella direzione indicata nel post Lavorare meno.

da Repubblica 12 aprile 2014, pag. 18
Lavorare meno a parità di salario “Così gli impiegati renderanno di più”
L’esperimento lanciato a Göteborg la città della Volvo e di Ericsson “I servizi pubblici saranno migliori”
ANDREA TARQUINI
Se il dipendente pubblico lavora meno, lavora meglio e assicura un servizio pubblico migliore. E allora ben venga per le mezze maniche l’orario di lavoro ridotto, ma senza decurtazioni in busta paga. L’idea nasce a Göteborg, la seconda città della prospera, modernissima e competitiva Svezia. E si badi bene, non parliamo di una città assistita: è location originaria di marchi globali come Volvo, Ericsson o Skf. E in controtendenza col governo nazionale del regno delle tre corone — una coalizione liberalconservatrice guidata dal giovane premier Fredrik Reinfeldt — Göteborg è un comune “rosso-verde”, retto cioè da una coalizione tra gli ecologisti e il partito di sinistra (erede degli eurocomunisti). L’idea è venuta al “compagno” Mats Pilhem, vice sindaco e assessore al pubblico impiego. Ha lanciato un esperimento, che da subito riguarderà una trentina di dipendenti pubblici, ma sarà generalizzato se avrà successo. Funziona così: i lavoratori del comune lavoreranno due ore in meno al giorno, senza alcuna riduzione della paga, né mensile né oraria né giornaliera. Chi lavora meno e quindi si stanca meno, dice Pilhem, è al meglio della sua forma, è meno assenteista e quindi lavora meglio. Per cui con l’orario ridotto senza decurtazione dello stipendio gli impiegati possono sicuramente assicurare un servizio pubblico migliore, sbrigare meglio e più in corsa pratiche, richieste di certificati, ogni tipo di compito. E quindi alla fine se ne avvantaggerà la collettività intera, non solo loro e le loro famiglie. «Alla fine Göteborg risparmierà soldi, a vantaggio del bilancio comunale e dei contribuenti, grazie a un lavoro più efficiente». Sarà vero? I partiti moderati e conservatori ne dubitano, l’economia anche. E il comune di Göteborg ha appena stanziato, a proposito di costi, l’equivalente in kronen di 550 mila euro per assumere nuove mezze maniche. In modo da assicurare servizi al pubblico come prima, nonostante i tagli all’orario dei già assunti. Il tema è centrale in vista delle elezioni politiche di settembre. Se la Svezia intera introducesse la settimana di 35 ore alla francese come chiede il partito di Pilhem, il tutto costerebbe 12,1 miliardi di euro. Ma si sa, il regno è sì più piccolo della Francia ma anche più globale efficiente e competitivo, nell’export di eccellenza come nella qualità del welfare. Vedremo.

9 aprile 2014

La filosofia di Matteo Renzi. 2




La puntata precedente: La filosofia di Matteo Renzi

Proseguiamo, continuando a leggere il sito ufficiale di Renzi.
Questa volta leggiamo la sezione dedicata ai libri da lui stesso scritti.

Del primo, citato nell'auto-presentazione, (Mode – Guide agli stili di strada e in movimento) non si trova nulla,  né è presente in Amazon.

Il secondo - Ma le giubbe rosse non uccisero Aldo Moro. La politica spiegata a mio fratello (1999), scritto con Lapo Pistelli - è un tentativo di avvicinare i giovani alla politica, e la politica ai giovani.

Il terzo - Tra De Gasperi e gli U2. I trentenni e il futuro (2006) - è ancora sul tema di come i giovani, ma qui si parla dei trentenni, vivono la politica. Nella scheda di presentazione (identica a quella su Amazon) compare un termine che va tenuto d'occhio: nuovismo ("I profeti del nuovismo fanno fatica a crederci, ma ha già superato la boa dei trenta anni una generazione che ...." ). Il dizionario Sabatini Coletti definisce così il termine: "esaltazione acritica del nuovo, delle novità, del cambiamento".

Nella scheda del quarto - A viso aperto. Ecco come il nuovo sindaco governerà Firenze (2008) - è riportata una frase che voglio riproporre qui per commentarla:   “Sono un ragazzo fortunato. E non solo perché ‘mi hanno regalato un sogno’, come cantava qualche anno fa Jovanotti. Ma anche e soprattutto perché la sorte, il destino, la vocazione mi hanno portato – almeno per il momento – a svolgere un mestiere bellissimo e affascinante: il politico.
A questo punto un potenziale lettore avrà già riposto il libro sullo scaffale. Qualche anima pia, magari, avrà chiamato per sicurezza il 118. E probabilmente anche i miei amici più cari mi telefoneranno per sapere se davvero sono sicuro di sentirmi bene.
Non vivo su Marte e so che in tempi di casta e antipolitica il servizio che svolgo è al centro di una polemica devastante.

Fare politica non è sexy. Sei giudicato come un ambiziosetto che punta alla visibilità e alla carriera quando ti va bene, come un aspirante manigoldo quando sei meno fortunato.
Eppure continuo a pensare che fare politica sia un dovere civico, una sfida da non rifiutare” .
Ci sono due aspetti da sottolineare, secondo me: la politica come passione e vocazione, la politica come dovere civico. Traspare da queste parole e anche dai temi scelti per i due libri precedenti che Renzi ha un'autentica passione per la politica: ama il suo mestiere di politico (e questo già non è poco), e in più vorrebbe comunicare questa passione agli altri, usando anche la leva etica, parlando quindi di politica come dovere, come servizio.

Dopo un libro sulla storia di Firenze (La mi' Firenze, 2010), pubblica nel 2011 Fuori!. La scheda inizia con: "I sogni, le idee, le speranze di una nuova generazione". Torna la parola nuovo. Renzi si presenta come portatore di rinnovamento. Altre frasi della scheda che voglio commentare:  Alla fine del suo primo mandato come presidente della Provincia di Firenze, gli era stata assicurata la rielezione. Renzi però non ha voluto fare il pollo di batteria e ha deciso di partecipare alle primarie per candidarsi a sindaco di Firenze, senza l’appoggio dei vertici del suo partito, il Pd.
Le ha vinte, è stato eletto, e oggi è il sindaco più amato d’Italia. Ora vuole darsi da fare per tirare fuori il Paese dal pantano in cui l’ha cacciato una politica vecchia e asfittica. In questo libro racconta come i campi scout gli abbiano insegnato che nella vita ognuno deve prendersi le sue responsabilità, e come su quelli da calcio (dove ha fatto l’arbitro) s’impari che non sempre si ha il tempo di pensare: occorre decidere e fischiare.   Troviamo qui, ancora, un elemento che avevo già rilevato nel post precedente sulla filosofia di Renzi. "Non sempre si ha tempo di pensare: occorre decidere". Renzi è uomo d'azione. Si sente che ha una sorta di fretta esistenziale. Fretta di agire per cambiare le cose, per rinnovare. A discapito, però, del pensiero. Si vive, con Renzi, in pieno la dicotomia tra teoria e prassi: pur essendo ovvio che non esiste nessuno, nemmeno Renzi, che segua la pura prassi, l'agire puro, senza pensiero, è abbastanza evidente che Renzi tra le due cose dà priorità al fare. Forse perché è convinto che nessuna teoria potrà mai prevedere tutto o risolvere ogni problema conoscitivo. O forse perché ritiene che se si vuol farsi guidare dalla teoria si rischia di rimandare troppo l'azione (la teoria richiede tempo!). O forse perché la situazione attuale richiede interventi rapidi... Tutto ciò non significa che Renzi sottovaluti l'importanza della conoscenza. Ritengo però che Renzi abbia ben presente che il tempo passato a studiare un problema, sviscerandone tutti gli aspetti e i risvolti, è tempo prezioso che interrompe il tempo impiegato per agire. La teoria costa tempo e interrompe l'azione. "Non sempre si ha il tempo di pensare": in certe situazioni (critiche) è più importante la velocità nel trarsi d'impaccio che non il ragionare su come farlo.
Resta però, stando a quanto emerso fino a qui, una scarsa propensione teorica di Renzi. A questa impressione associo una critica a Renzi che ho sentito fare da Massimo Cacciari (intervistato da Daria Bignardi alle Invasioni Barbariche): Cacciari diceva che manca finora una visione "di sistema" che accompagni il percorso di riforme iniziato da Renzi. In altri termini: abolire il Senato, abolire le province, ... ma qual è il quadro istituzionale complessivo verso cui si vuole andare? Riconoscere una tendenza di fatto, nelle recenti fasi politiche italiane, verso il presidenzialismo? Ripensare a una forma seria di federalismo? Il merito di Renzi, secondo Cacciari, è quello di aver finalmente messo in moto un processo di rinnovamento che era necessario da tempo, ma non si capisce ancora verso dove, qual è l'obiettivo finale e complessivo di questo processo.




8 aprile 2014

La filosofia di Beppe Grillo




Iniziare una riflessione sulla filosofia di Grillo è più complicato, rispetto a Renzi (come ho tentato nel post precedente). E' più complicato perché nel blog di Grillo non c'è una pagina di auto-presentazione. Perché Grillo non l'ha messa, nel suo blog? Per modestia? Perché non vuole che l'interesse per la sua persona si sovrapponga all'interesse verso il Movimento Cinque Stelle? Ma su Grillo, sulla sua filosofia, esistono già diversi libri. Uno si intitola proprio Filosofia di Beppe Grillo, ed è stato scritto da Edoardo Greblo, filosofo e politologo. Un altro è Ve lo do io Beppe Grillo, di Andrea Scanzi, giornalista del Fatto Quotidiano. Inoltre Beppe Grillo è autore di diversi libri (anche Renzi ne ha scritti alcuni, e ne parleremo in futuri post), che sono certamente il luogo migliore dove cercare la sua filosofia. Il più recente è Il Grillo canta sempre al tramonto, scritto a sei mani da Beppe Grillo, Dario Fo e Gianroberto Casaleggio.
Per ora, però, ci limitiamo a leggere l'inizio del Programma del Movimento Cinque Stelle. Si tratta di 15 pagine, suddivise in 7 parti con i seguenti titoli: Stato e cittadini, Energia, Informazione, Economia, Trasporti, Salute, Istruzione. 
Riportiamo l'inizio della prima parte, "Stato e cittadini".

L’organizzazione attuale dello Stato è burocratica, sovradimensionata, costosa, inefficiente. Il Parlamento non rappresenta più i cittadini che non possono scegliere il candidato, ma solo il simbolo del partito. La Costituzione non è applicata. I partiti si sono sostituiti alla volontà popolare e sottratti al suo controllo e giudizio. 

Qualche riflessione. Mi pare che alcune affermazioni siano troppo drastiche, e che per questo motivo il loro contenuto di verità sia bilanciato da un contenuto di falsità. Mi spiego meglio. Dire "Il Parlamento non rappresenta più i cittadini" è un'affermazione che se presa alla lettera, se presa per completamente vera, sarebbe estremamente grave. Ma che non sia considerata del tutto vera nemmeno da chi l'ha scritta si può evincere dal fatto che il M5S si è presentato alle ultime elezioni, ha  ottenuto un largo consenso, ed ora abbiamo suoi rappresentanti in Parlamento che fanno proposte di legge, partecipano alle discussioni, votano eccetera. Stessa cosa si può dire per "La Costituzione non è applicata". E' una frase per certi aspetti vera, ma certamente per certi aspetti falsa. Sarebbe stato meglio, più seriamente, elencare quali articoli della Costituzione in particolare risultano non applicati. 
Anche alla frase sui partiti si può obiettare ponendo una semplice domanda: Il M5S che cos'è? Non è forse un partito? Il M5S, per il solo fatto di fare da tramite fra i suoi elettori e i parlamentari eletti, non partecipa forse al sistema della politica, quindi al sistema dei partiti?

7 aprile 2014

La filosofia di Matteo Renzi





Inizio con questo post una riflessione sull'attualità politica italiana. Una riflessione che punta innanzitutto alla comprensione dei valori proposti dai due principali protagonisti dello scontro politico che si profila nel futuro: Renzi e Grillo.

Senza nessuna pretesa di completezza, perché ogni ampliamento e approfondimento potrà essere svolto in post successivi, comincio da Renzi e dalla lettura del suo sito ufficiale, in particolare dalla sua auto-presentazione.

Il testo si apre con una citazione di Baden Powell, il fondatore del movimento scout: "Lasciare il mondo un po' migliore di come lo abbiamo trovato".

Riporto, per comodità del lettore che non conoscesse nulla degli scout, alcune righe della voce Scautismo di Wikipedia.

Lo scautismo (o scoutismo) è un movimento a carattere non partitico, aperto a tutti senza distinzione di origine, razza e fede religiosa, nato da un'idea di Sir Robert Baden-Powell, barone di Gilwell, noto a tutti gli scout del mondo come Baden-Powell o semplicemente B.P.
Oggi il movimento scout è diffuso a livello mondiale e, contando più di quaranta milioni di iscritti, è una delle più grandi organizzazioni di educazione non formale. Scopo dello scautismo, fondato sul volontariato, è l'educazione dei giovani a un civismo responsabile mediante lo sviluppo delle proprie attitudini fisiche, morali, sociali e spirituali. Il metodo educativo si basa sull'imparare facendo attraverso attività all'aria aperta e in piccoli gruppi.[Giuseppe dell'Oglio, Alere Flammam. Breve storia dello scautismo in Italia, Milano, Lampi di stampa (collana TuttiAutori), 2010, p. 17.]
(...)
Lo scautismo è caratterizzato da un metodo educativo e un codice comportamentale non formale, il cui fine ultimo è di dare la possibilità ai giovani di diventare "buoni cittadini", responsabilmente impegnati nella vita del loro paese e predisposti a essere futuri "cittadini del mondo" volenterosi di migliorare la propria società e sostenitori convinti della fratellanza tra i popoli.
Si basa, quindi, su un semplice codice di valori di vita (la Legge scout e la Promessa), sul principio dell'imparare facendo, che delinea la crescita personale degli individui tramite l'esperienza attiva e partecipata, sulla metodologia di attività per piccoli gruppi, che sviluppa la responsabilità, la partecipazione e le capacità decisionali, e sulla sfida di offrire ai giovani attività sempre stimolanti e interessanti. In particolare Robert Baden-Powell schematizza nei suoi scritti il suddetto sistema educativo in quattro punti fondamentali:
  • Formazione del carattere
  • Abilità manuale
  • Salute e forza fisica
  • Servizio al prossimo
E' interessante leggere i punti della "Legge scout" (sempre dalla voce relativa su Wikipedia): 
Come la Promessa scout anche la legge venne istituita dal fondatore dello scautismo Robert Baden-Powell, nel tempo ogni associazione ha rielaborato la legge scout originaria mantenendone tuttavia lo spirito fondamentale. La prima edizione di Scautismo per Ragazzi riportava otto articoli, che divennero presto dieci. Eccoli nella forma definitiva.
(EN)
« 1. A Scout's honour is to be trusted.
2. A Scout is loyal to the King, his country, his officers, his parents, his employers, and those under him.
3. A Scout's duty is to be useful and to help others.
4. A Scout is a friend to all, and a brother to every other Scout, no matter to what social class the other belongs.
5. A Scout is courteous.
6. A Scout is a friend to animals.
7. A Scout obeys orders of his parents, patrol leader or Scoutmaster without question.
8. A Scout smiles and whistles under all difficulties.
9. A Scout is thrifty.
10. A Scout is clean in thought, word and deed. »
(IT)
« 1. L'onore di uno Scout è di essere creduto.
2. Lo Scout è fedele: al Re, alla Patria, ai suoi Capi, ai suoi genitori, ai suoi datori di lavoro e ai suoi sottoposti.
3. Il dovere di uno Scout è di essere utile e aiutare gli altri.
4. Lo Scout è amico di tutti e fratello di ogni altro Scout, a prescindere dalla classe sociale di appartenenza.
5. Lo Scout è cortese.
6. Lo Scout è un amico per gli animali.
7. Lo Scout ubbidisce agli ordini dei suoi genitori, del Capo Pattuglia o del suo Capo senza replicare.
8. Lo Scout sorride e fischietta in tutte le difficoltà.
9. Lo Scout è economo.
10. Lo Scout è pulito nel pensiero, nella parola e nell'azione. »
(Scautismo per ragazzi - Robert Baden-Powell)

Il fatto che Renzi, nel suo sito ufficiale, ricordi con orgoglio la sua esperienza scout e apra la sua auto-presentazione con la citazione di Baden Powell che abbiamo sopra riportato mi sembra significativo. Renzi è ancora imbevuto di quello spirito. Essere un "buon cittadino" (del proprio paese e in linea di principio del mondo intero), ovvero essere impegnato a migliorare la società: questo mi sembra il valore-chiave per capire Renzi. Certamente in questa formula - l'impegno a migliorare il mondo - l'accento è più sull'impegno e l'azione che non sul contenuto positivo di questa azione. "Migliorare il mondo" è certamente una formula generica che può declinarsi in contenuti e obiettivi anche molto diversi fra loro. Che significa, infatti, migliorare? In cosa valutiamo se una società è migliore di un'altra? Resta ancora tutto da definire e capire, ma intanto sappiamo che innanzitutto conta l'azione, l'impegno ad agire.
Agire, dice von Wright (importante filosofo dell'azione), significa essere causa di un mutamento nel mondo. Un'azione può dirsi tale se produce un cambiamento nella realtà. Questa spinta ad agire, a modificare la realtà esistente verso un bene, un meglio che resta da chiarire, mi sembra la prima immagine che Renzi comunica di sé.

Che cos'è l'attenzione?


Il tennista Djokovic mostra in questa foto l'espressione di chi è completamente concentrato nel seguire il movimento dell'avversario per poter prevedere la direzione del prossimo tiro che dovrà intercettare.
Nel seguire con attenzione qualcosa siamo completamente proiettati verso il mondo esterno.
Ma può esistere anche un'attenzione introspettiva?
Concentrarsi sul proprio respiro, per esempio, è una delle tecniche base della meditazione Vipassana (una delle varianti del buddismo), che porta verso la consapevolezza di ogni evento mentale.
L'attenzione implica sempre il concentrarsi su un punto preciso nel mondo esterno/interno o si può parlare anche di attenzione "diffusa", cioè dell'atteggiamento volto a cogliere in maniera plurale un'atmosfera, un ambiente, una situazione?

6 aprile 2014

Rovelli, capitolo 2: I classici. Campi e onde in fisica: una rivoluzione metafisica ancora da recepire. Conferme e smentite alla filosofia di Kant con i progressi della fisica

C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, Raffaello Cortina 2014
commenti precedenti:

"Platone ripulì il pitagoricismo dall'ingombrante e inutile bagaglio misticheggiante di cui era imbevuto e ne distillò il messaggio utile: il linguaggio adatto per comprendere e descrivere il mondo è la matematica. La portata di questa intuizione è immensa, ed è una delle ragioni del successo della scienza occidentale."
MA: la matematica tratta grandezze continue (o meglio: il calcolo infinitesimale presuppone una realtà continua)... Se la realtà è granulare, come la mettiamo?





Rovelli spiega molto bene come Galileo, scoprendo la grandezza costante dell'accelerazione dei corpi in caduta (9,8 metri al secondo per secondo) abbia aperto la strada a Newton per la scoperta della forza di gravità.

Interessante come sia un altro esperimento mentale (quello della piccola luna che orbita intorno alla Terra sfiorandola) che ha condotto Newton alla scoperta della gravità. (nel commento precedente avevo commentato l'esperimento mentale di Democrito)

Non è straordinario che a scoprire il campo elettromagnetico sia stato Michael Faraday, "il più grande visionario della fisica dell'Ottocento", che non conosceva la matematica? "Non conosce la matematica, scrive un meraviglioso libro di fisica praticamente senza nessuna equazione. Lui la fisica la vede con gli occhi della mente, e con gli occhi della mente crea mondi."

Rovelli descrive bene come l'introduzione della nozione di CAMPO in fisica, in altri termini la scoperta dell'esistenza dei campi, sia stata (anche) una rivoluzione ontologica e metafisica.
CAMPO: entità reale diffusa ovunque nello spazio, che viene modificata dai corpi e che a sua volta agisce sui corpi. "Faraday lo immagina come formato da fasci di linee sottilissime (infinitamente sottili) che riempiono lo spazio. Una gigantesca ragnatela invisibile, che riempie tutto intorno a noi. Chiama queste linee 'linee di forza', perché in qualche modo sono linee che 'portano la forza': portano in giro la forza elettrica e la forza magnetica, come fossero cavi che tirano e spingono".
Nota 10: "Se visualizzate il campo come un vettore (una freccetta) in ogni punto dello spazio, quella freccetta è la direzione della linea di Faraday in quel punto, cioè la tangente alla linea di Faraday, e la lunghezza della freccetta è proporzionale alla densità delle linee di Faraday in quel punto".
"Il mondo è cambiato: non è più fatto di particelle nello spazio, ma di particelle e campi che si muovono nello spazio."
Ora, la mia domanda è la seguente: considerando che la metafisica attuale (perlomeno in ambito analitico) distingue, fra i tipi di entità, fondamentalmente gli oggetti (enti individuali, espressi logicamente dai "nomi") e le proprietà (modi di essere di uno o più individui, espressi logicamente dai "predicati", ma i predicati posso esprimere anche eventi o azioni), in quale di queste categorie possiamo fare rientrare i campi e le onde?
I campi sono oggetti? O non piuttosto proprietà dello spazio(-tempo)? Le onde sono oggetti? O non, piuttosto, proprietà/eventi dei campi?
Non è, forse, che queste due nozioni, che sono però anche realtà fisiche, dovrebbero portare i metafisici di oggi a rivedere le loro categorie fondamentali? Forse proprio perché campi e onde non sono né oggetti, né proprietà di oggetti. Già lo spazio e il tempo hanno posto problemi di classificazione onotologico-metafisica in passato, e oggi più che mai..., ma anche queste "semplici" nozioni classiche della fisica pre-einsteiniana mi pare pongano problemi seri!

Rovelli è molto bravo a far capire l'importanza delle equazioni di Maxwell per la rivoluzione tecnologica tuttora in atto.

La luce è un'onda elettromagnetica, e il colore è la frequenza delle onde elettromagnetiche che formano la luce.
Mi pare che sia confermato il semi-costruttivismo kantiano, riguardo al fenomeno del colore: c'è un lato oggettivo del fenomeno (la frequenza delle onde) e c'è un lato soggettivo: come noi percepiamo le differenze di frequenza. "Il colore come lo vediamo noi è la nostra reazione psicofisica ai segnali nervosi che vengono dai recettori nei nostri occhi, che sono in grado di distinguere onde elettromagnetiche di frequenze diverse." L'unico problema, rispetto a Kant, è che in questo caso mi sembra si possa dire che oggi sappiamo qual è il lato noumenico del fenomeno del colore, cioè sappiamo qual è la natura in sé del colore.