3 maggio 2013

In quale mondo 2+2 non fa 4?




Immaginiamo un mondo nel quale se si avvicinano oltre un certo limite due oggetti simili avviene un processo fisico di "riproduzione materiale" per cui si genera un terzo oggetto dello stesso genere. Ciò accade solo, in questo mondo, per oggetti "interi", cioè non per parti di oggetti. Ad esempio non basta avvicinare la mano destra alla sinistra perché si generi una terza mano. Vale invece che se io accosto due pere se ne forma una terza, se accosto due diamanti uguali se ne forma un terzo e così via. A parte le ovvie differenze economiche rispetto al nostro mondo (non esisterebbe la fame, ad esempio...) ci sarebbero differenze notevoli, presumibilmente, fra la matematica di questo mondo e la matematica del nostro. Là, quindi, gli uomini probabilmente svilupperebbero una matematica nella quale 1+1=3, e quindi 2+2=6. Oppure potrebbero anche svilupparsi due diversi tipi di calcolo matematico: uno "materiale", nel quale 2+2=6, e uno "astratto" nel quale 2+2=4...
Un mondo così è un mondo "impossibile"?

2 maggio 2013

La metafisica-ontologia e il problema di Dio




Vorrei azzardare un'affermazione: che nella filosofia contemporanea, in particolare nell'ambito dell'area analitica, ci sia una grande fioritura di studi su questioni metafisico-ontologiche che però rimuova sistematicamente una questione che nella tradizione metafisica antico-moderna era ritenuta fondamentale, cioè la questione dell'esistenza di Dio. Per molti filosofi contemporanei il problema non si affronta più, forse non si può più affrontare. Ma perché?
Forse perché Kant ha mostrato che sia impossibile dimostrarne l'esistenza? (E quindi anche, specularmente, che sia impossibile dimostrarne l'inesistenza.) Se questo è il motivo, basterebbe rinunciare alle pretese dimostrative (in un senso o nell'altro) e limitarsi a pretese argomentative, come del resto vale per ogni altra questione filosofica. Del resto un altro classico problema filosofico, quello del libero arbitrio, ha resistito ben oltre la pretesa kantiana di mostrare la sua intrattabilità. Kant stesso, del resto, ha continuato a trattare la questione dell'esistenza di Dio nella Critica della ragione pratica, fornendo argomenti a sostegno della sua esistenza (e non più dimostrazioni).
Forse si ritiene che la scelta fra credere o non credere nell'esistenza di Dio sia da riservare alla fede o non fede, cioè che trattandosi di un presupposto dell'esperienza religiosa discutere razionalmente della sua esistenza o inesistenza possa costituire una sorta di "invasione di campo" della filosofia nella religione... che le esperienze religiose vadano rispettate come tali e che quindi la filosofia debba sospendere il giudizio su questo argomento.
Io penso invece che se la filosofia vuole occuparsi delle questioni fondamentali non può sottrarsi da questa, che è appunto fondamentale, se non altro perché riguarda il fondamento, o la mancanza di fondamento, o il tipo di presenza/assenza di fondamento, dell'intera realtà o universo che dir si voglia. E penso anche che debba affrontare la questione tenendo innanzitutto conto dei risultati delle scienze contemporanee, senza però limitarsi a queste ma proseguendo poi la ricerca con mezzi concettuali e immaginativi (mezzi che la metafisica tradizionale ha sempre usato).
Su questo tema ho già scritto due post, con riferimeti al problema della cosa in sé nell'interpretazione di Franca D'Agostini:

Il punto è: c'è un'altra realtà oltre a quella spazio-temporale e oltre a quelle che pur non spazio-temporali sono accessibili all'esperienza umana? (Intendo le realtà degli oggetti del pensiero - come gli enti matematici - e degli oggetti dell'immaginazione) E' tale realtà, se esiste, in linea di principio inaccessibile all'esperienza umana?