25 ottobre 2015

ARISTOTELE, METAFISICA








Mi accingo all'avventura di leggere, parafrasare-sintetizzare e commentare il testo. Seguendo, però, un'ordine libero: l'ordine derivante dal seguire il mio interesse e la mia curiosità.
Pubblico quindi in questo post, come "posa della prima pietra", l'Indice della Metafisica di Aristotele, seguendo i titoli dell'edizione a cura di Gabriele Giannantoni (Editori Laterza 1982).
Via via che le varie parti del testo saranno da me parafrasate-sintetizzate e commentate, indicherò qui di seguito i luoghi dell'Indice che verranno gradualmente riempiti, in modo che i lettori interessati possano sapere come muoversi nell'Indice per rintracciare il mio percorso di lettura.
I commenti si distingueranno dalle parafrasi-sintesi per l'uso del corsivo.

1. (19.10.2015): Libro I, 1., parafrasi-sintesi.
2. (23.11.2015): Libro I, 1., revisione con correzioni della parafrasi-sintesi + commento






METAFISICA

di
ARISTOTELE


LIBRO  I    A
1. (Naturale aspirazione degli uomini alla conoscenza)
Tutti gli uomini amano percepire, provano gioia nel percepire. (Le percezioni sono anche utili.) In particolare è amato il senso della vista. (La vista è preferita anche quando si ha uno scopo pratico da raggiungere.) La vista, più degli altri sensi, ci fa acquistare conoscenza; ci fornisce con immediatezza molteplici informazioni. Il fatto che la vista, e le percezioni in generale, siano amate di per sé, al di là della loro utilità pratica, ci consente di affermare che gli uomini abbiano una tendenza naturale verso la conoscenza. 
Ma la conoscenza è qualcosa di più delle semplici percezioni. Fondamentale nel processo di acquisizione della conoscenza è la memoria. La memoria consente di ottenere esperienze, e le esperienze sono alla base della τεχνη (scienze, arti, cognizioni): molteplici ricordi di un medesimo oggetto si unificano in un’esperienza, e molteplici esperienze si unificano in un giudizio universale che abbraccia tutte le cose simili fra loro. L’esperienza è conoscenza del particolare, la τεχνη è conoscenza dell’universale.
Dato che le scienze pratiche e produttive si occupano del particolare (ad esempio un medico cura sempre un individuo particolare) l’esperienza da sola può avere più efficacia pratica di una conoscenza solo teorica, che ignori le esperienze particolari che l’hanno prodotta. Ma la vera conoscenza va oltre le semplici esperienze. Coloro che possiedeno le conoscenze scientifiche e le tecniche sono più sapienti di chi segue la sola esperienza: quest’ultimo sa che qualcosa accade, ma non sa perché accade. Il sapiente conosce le cause, e solo la teoria fornisce la conoscenza delle cause, non la semplice pratica. La σοφια (sapienza, filosofia prima) riguarda le prime cause e i princìpi.
Gli uomini ammirano e rispettano chi ha più conoscenze, chi è più sapiente. Le attività teoretiche appaiono superiori a quelle pratiche. Gli inventori delle prime τεχνη sono stati ammirati non solo per l’utilità delle loro invenzioni, ma perché ritenuti sapienti. Le prime τεχνη erano in relazione ai bisogni della vita, poi accanto a queste si sono sviluppate altre τεχνη che erano in relazione al piacere, e gli inventori di queste ultime furono ritenuti più sapienti dei primi. Infine vennero scoperte scienze che non sono in relazione né con i bisogni né con il piacere, e questo inizialmente avvenne nei popoli in cui alcuni uomini erano completamente liberi di dedicarsi alla conoscenza, erano liberi dalle attività pratiche (per esempio in Egitto nacque la matematica, perché la casta dei sacerdoti godeva di una vita agiata e libera).


Che tutti gli uomini amino percepire mi sembra evidente; ho dubbi invece sulla tesi che tutti gli uomini abbiano una tendenza naturale verso la conoscenza.
     Se fosse vero che la specie umana abbia una tendenza naturale verso la conoscenza, a questo punto della storia dell’umanità non dovremmo essere tutti sapienti? Sembra invece abbastanza chiaro che l’ignoranza sia molto diffusa, in media, negli attuali rappresentanti della specie umana, e questo a sua volta si evince dalla quantità di errori, malefatte, disastri e tragedie che gli uomini hanno di recente commesso/provocato o stanno attualmente commettendo/provocando (perlomeno dalla guerre mondiali, con particolare riferimento al periodo recente a partire dal 2001 ad oggi, ma volendo si può risalire all’inizio dell’età moderna, con le cosiddette guerre di religione o con le guerre di conquista e lo sfruttamento dei nativi dei primi imperi coloniali; o possiamo pensare al danno provocato dall’umanità sull’ecosistema terrestre…). Sulla tesi, qui presupposta, che tutto il male dell’umanità provenga dall’ignoranza si può discutere e io stesso ho dei dubbi in proposito, ma mi sembra anche in questo caso abbastanza evidente che almeno in buona parte l’ignoranza sia causa del male (anche se questa tesi di stampo socratico, pure in questa versione moderata, andrebbe analizzata e discussa a fondo, dal momento che la frattura fra cognitivismo etico e anti-cognitivismo etico è uno dei nodi maggiori che l’etica contemporanea ha da sciogliere).
     Aristotele potrebbe però rispondere a questa obiezione che l’ignoranza diffua sia da attribuire non a una mancante tendenza naturale degli uomini verso la conoscenza, ma alla mancanza del sistema scolastico in alcune società o al suo cattivo funzionamento nelle società in cui esiste. Ma il fatto che il sistema scolastico sia assente o il fatto che funzioni molto male non si concilierebbero comunque con la sua tesi. Ci si potrebbe infatti chiedere perché la specie umana, se è vera la sua tendenza naturale verso la conoscenza, non produca regolarmente società nelle quali il sistema scolastico esista ovunque e funzioni ovunque e sempre bene.
     A favore di questa tesi aristotelica, invece, va messo in evidenza il dato della progressiva crescita del sapere, esponenziale a partire dal XIX secolo. L’umanità ha prodotto, grazie ai suoi elementi migliori, una fioritura culturale impressionante, e in particolare una quantità smisurata di conoscenze scientifiche, con il connesso problema della frammentazione in settori e relative specializzazioni, problema che è certamente collegato al problema della crisi della filosofia e alla necessità di tornare alle fonti primarie della filosofia stessa (ri)leggendo questo testo di Aristotele.
     Sulla tesi che la σοφια (sapienza, filosofia prima), ovvero la filosofia stessa, riguardi le prime cause e i princìpi, mi limiterei per ora a rimandare a una sua “riformulazione” attualizzata che troviamo nel grande testo metafilosofico di Franca D’Agostini Nel chiuso di una stanza con la testa in vacanza, dove la filosofa scrive:

«La filosofia è una scienza dei fondamenti, dove scienza è attività razionale di soluzione o elaborazione di problemi e fondamenti sono le credenze di fondo, più o meno comuni, che orientano dubbi e certezze.».

2. (Natura e prerogative della filosofia)
3. (Si apre l’indagine sulla dottrina delle cause nella filosofia preplatonica)
4. (Continua l’indagine sulla dottrina delle cause nella filosofia preplatonica)
5. (Si conclude l’indagine sulla dottrina delle cause nella filosofia preplatonica)
6. (La dottrina platonica delle cause)
7. (Quadro riassuntivo della dottrina delle cause nei filosofi esaminati)
8. (Critica delle principali filosofie preplatoniche)
9. (Critica dell’idealismo)
10. (Come superare l’infanzia della filosofia)

LIBRO  II    α
1. (Considerazioni sullo studio della verità)
2. (Incompatibilità tra il concetto di causa e quello di infinito)
3. (Necessità pedagogica di adeguare il linguaggio alla consuetudine e alla scienza)

LIBRO  III    Β
1. (Necessità metodologica di esaminare le aporie. Enucleazione di queste)
2. (Approfondimento delle prime cinque aporie)
3. (Apprfondimento della sesta e della settima aporia)
4. (Approfondimento dell’ottava, della nona, della decima e dell’undicesima aporia)
5. (Approfondimento della quattordicesima aporia)
6. (Breve digressione aporematica sull’idealismo e approfondimento della tredicesima e della dodicesima aporia)

LIBRO  IV    Γ
1. (L’oggetto della metafisica è l’essere in quanto essere)
2. (La sostanza come oggetto della metafisica)
3. (Importanza dello studio degli assiomi e, in particolare, del principio di non-contraddizione)
4. (Confutazione degli errori di chi nega il principio di non-contraddizione)
5. (Confutazione del relativismo)
6. (Ancora contro il relativismo)
7. (Il principio del terzo escluso)
8. (Fallacia del principio secondo cui le cose sono tutte vere e tutte false)

LIBRO  V    Δ
1. (Principio)
2. (Causa)
3. (Elemento)
4. (Natura)
5. (Necessario)
6. (Uno)
7. (Essere)
8. (Sostanza)
9. (Stesso, altro, differente, simile, dissimile)
10. (Opposti, contrari, altri per specie)
11. (Anteriore e posteriore)
12. (Potenza, potente, impotenza, impotente, possibile, impossibile)
13. (Quantità)
14. (Qualità)
15. (Relativo)
16. (Perfetto)
17. (Limite)
18. (Ciò in virtù di cui)
19. (Disposizione)
20. (Stato)
21. (Affezione)
22. (Privazione)
23. (Avere)
24. (Provenire da qualcosa)
25. (Parte)
26. (Intero)
27. (Mutilato)
28. (Genere)
29. (Falso)
30. (Accidente)

LIBRO  VI    Ε
1. (Divisione delle scienze teoretiche in fisica, matematica, teologia)
2. (Non c’è scienza dell’“essere per accidente”)
3. (Natura e causa dell’accidente)
4. (L’essere come “vero”)

LIBRO  VII    Ζ
1. (La sostanza come principale accezione dell’essere)
2. (Varie opinioni circa il concetto di sostanza)
3. (La sostanza come sostrato)
4. (Di quali cose c’è essenza?)
5. (C’è essenza dei termini risultanti da accoppiamento?)
6. (C’è identità tra un oggetto e la sua essenza?)
7. (Condizioni del divenire)
8. (Né la materia né la forma vengono generate)
9. (La sostanza come fondamento di ogni sorta di produzione)
10. (Il rapporto delle parti con l’intero nella definizione)
11. (Le parti dela forma e quelle del sinolo nella definizione)
12. (L’unità dell’oggetto della definizione)
13. (L’universale non è sostanza)
14. (Le idee non sono sostanza)
15. (Indefinibilità dell’individuale e, quindi, dell’idea)
16. (Né le parti degli oggetti sensibili né l’Uno o l’essere sono sostanza)
17. (Identità di sostanza e forma)

LIBRO  VIII    Η
1. (Le sostanze sensibili e la materia)
2. (Le differenze della forma nelle sostanze sensibili)
3. (La distinzione della sostanza dagli elementi materiali, da quelli della definizione e dai numeri)
4. (La materia e le materie nella sostanza sensibile)
5. (La materia e i contrari)
6. (L’unità della definizione)

LIBRO  IX    Θ
1. (Accezione principale del termine “potenza”)
2. (Potenze razionali e potenze irrazionali)
3. (La potenza non si identifica con l’atto)
4. (Il possibile non si identifica con l’impossibile)
5. (Il passaggio dalla potenza all’atto)
6. (Distinzione tra atto, potenza e movimento)
7. (In quali casi una cosa è potenza di un’altra)
8. (Anteriorità dell’atto rispetto alla potenza)
9. (L’atto del bene. L’atto delle costruzioni geometriche)
10. (Il vero e il falso)

LIBRO  X    Ι
1. (Le accezioni del termine “uno”. L’uno come misura)
2. (Natura predicativa dell’uno)
3. (L’opposizione uno-molti e le sue derivazioni)
4. (La contrarietà)
5. (L’opposizione dell’“uguale” al “grande” e al “piccolo”)
6. (L’ “uno” e i “molti”)
7. (Gli intermedi)
8. (L’alterità specifica)
9. (La contrarietà dell’essenza come causa dell’alterità specifica)
10. (Eterogeneità tra corruttibile e incorruttibile)

LIBRO  XI    Κ
1. (Ricapitolazione delle aporie di B 2, 3)
2. (Ricapitolazione delle aporie di B 4-6)
3. (L’oggetto della metafisica)
4. (In che cosa la filosofia si distingue dalla matematica e dalla fisica)
5. (Il principio di non-contraddizione)
6. (Il principio di non-contraddizione)
7. (Distinzione della teologia rispetto alla fisica e alla matematica)
8. (L’essere come accidente e l’essere come vero)
9. (Analisi del movimento)
10. (Analisi dell’infinito)
11. (Cangiamento e movimento)
12. (Non c’è cangiamento di un cangiamento. Definizioni)

LIBRO  XII    Λ
1. (Le tre specie della sostanza)
2. (I tre principi del cangiamento)
3. (Circa la possibilità dell’esistenza separata dalla forma)
4. (Circa l’identità e la differenza delle cause)
5. (Circa l’identità e la differenza delle cause)
6. (Necessità di un primo motore eterno)
7. (Dio, atto puro, pensiero di pensiero)
8. (Le sfere celesti)
9. (Natura del divino Intelletto)
10. (Immanenza e trascendenza del bene)

LIBRO  XIII    Μ
1. (Necessità di portare l’indagine sugli enti matematici e sulle idee)
2. (Gli enti matematici non hanno una vera e propria esistenza né immanente né trascendente rispetto alle cose sensibili)
3. (Il modo di essere degli enti matematici e la legittimità delle scienze matematiche)
4. (Esame storico-critico dell’idealismo)
5. (Le idee non danno ragione del cangiamento)
6. (le varie possibilità di considerare i numeri come sostanze delle cose)
7. (Esame critico-diairetico delle teorie platoniche del numero)
8. (Esame critico delle teorie degli altri Platonici e dei Pitagorici. I numeri ideali e l’uno-in-sé)
9. (Varie argomentazioni contro l’esistenza separata del numero ideale)
10. (Contro l’esistenza separata degli universali)

LIBRO  XIV    Ν
1. (Contro la teoria idealistica dei contrari come princìpi)
2. (Continuazione delle argomentazioni precedenti ed esame delle cause degli errori del Platonismo)
3. (I numeri non hanno né esistenza separata né generazione)
4. (Continuazione dell’argomento precedente. Relazione tra i princìpi e il bene)
5. (Continuazione dell’argomento precedente. Relazione tra il numero e i suoi princìpi. I numeri come cause delle cose)
6. (Impossibilità che i numeri siano causa delle cose)


21 ottobre 2015

Il "genere". Una guida orientativa










Ricevo da Paolo Rigliano, e condivido volentieri:

Caro/a collega, caro/a amico/a,
da qualche tempo, sulle pagine dei giornali e su internet, si sta svolgendo una grande discussione su una presunta “teoria del gender”, dalle caratteristiche assai confuse e che sembra generare molta preoccupazione nelle persone ed in alcune istituzioni.

Per poter aiutare le persone a comprendere meglio sia la natura di tale campagna, sia i principali concetti intorno alla questione del “genere” e delle identità sessuali, Federico Ferrari, Enrico Maria Ragaglia e Paolo Rigliano hanno scritto una GUIDA ORIENTATIVA, [scaricabile al link qui sotto] in formato PDF.

Essa  è edita in collaborazione con la Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali (SIPSIS) ed ha ottenuto il patrocinio della Fondazione Genere Identità e Cultura (GIC), del Centro di Ateneo Sinapsi dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e dell’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere (ONIG).

Con l’auspicio che possa essere di aiuto nella professione clinica, educativa, sociale e come utile strumento di riflessione scientifica e culturale, ti invio un saluto cordiale 

E IL MIO PERSONALE INVITO AD UNA SUA DIFFUSIONE E CONDIVISIONE LA Più VASTA POSSIBILE CON COLLEGHI, AMICI, ISTITUZIONI 

Paolo Rigliano

18 ottobre 2015

Occuparsi del sovrasensibile



Il tradizionale compito della metafisica: conoscere il "sovrasensibile".
Dio, mondo e anima: il sovrasensibile secondo Kant, con le tradizionali aree corrispondenti della metafisica moderna, teologia, cosmologia e psicologia.

Ma come possiamo oggi reinterpretare questi "oggetti" tradizionali della metafisica?
Io proverei così:

il senso del tutto (Dio), il tutto (il mondo), l'esperienza che parti del tutto hanno di altre parti del tutto (l'anima).

In termini di problemi:
Ha il tutto un senso?
Come è fatto? (confini e fondamenti)
Come convivere con la consapevolezza che la propria esperienza è limitata, finita? (la morte)

6 ottobre 2015

Arte o scienza? La filosofia sta nel mezzo. 3








Non credete ci sia una differenza essenziale tra scienza e arte? Intendo: sulla questione della verità. 
“Ricerca della verità” può avere un senso anche in arte? 
Non riesco a pensare che la verità sia una (una sola, come sostiene Franca D'Agostini, per esempio in Introduzione alla verità) anche nell’esperienza artistica. L’artista opera scelte, decisioni, su come utilizzare il materiale...

Nella filosofia la questione la riformulo così: il fatto che ci siano (stati) sistemi contemporanei e incompatibili fra loro (prendiamo ad esempio Spinoza e Locke, perfettamente contemporanei) è qualcosa di inaccettabile, “scandaloso” come pensava Kant, o è dovuto alla natura stessa dei problemi filosofici, che non sono uguali ai problemi scientifici? (quindi è almeno in parte accettabile: questo sostengo io).
Oppure, semplicemente, volendo tenere ferma la tesi sull'unicità della verità anche in filosofia, si può dire che alcune tesi di Spinoza sono vere, altre sono false; stessa cosa vale per Locke; e poi a questo si aggiungono, fra  i due, grosse differenze di modo, tono, stile, linguaggio.

3 ottobre 2015

Arte o scienza? La filosofia sta nel mezzo. 2








C’è un lato creativo e di invenzione (quello che Popper chiama “il contesto della scoperta”) anche nella scienza migliore, nel “buon lavoro scientifico”. Questo è quello che io chiamerei il lato “artistico” della scienza. Sono i momenti in cui uno scienziato modifica il quadro di riferimento (come ha fatto Einstein con spazio e tempo…) o trova una sintesi nuova per pezzi di conoscenze che prima esistevano isolatamente (come Newton con la legge di gravitazione).
    Quando ho scritto (nel post precedente) che la scienza aspira solo all’oggettività intendevo che nella scienza l’intersoggettività dei risultati, delle teorie, delle tesi, è irrinunciabile: uno scienziato non può dire mai “questo è il mio modo di vedere le cose”. Un artista sì, anzi deve precisare sempre più e ampliare sempre più il proprio stile, il proprio modo particolare di osservare e creare oggetti e mondi.     
    Un filosofo sta, secondo me, a metà strada perché vuol capire come stanno le cose (oggettività) ma su questioni-limite, e allora diventa rilevante il modo di pensare che ha. Possono esserci modi diversi di pensare, che hanno a che fare con le personalità dei pensatori, con le loro personali esperienze.
    La logica (nel senso del saper trarre conclusioni da premesse) è la stessa per tutti, ma lo “stile di pensiero” può variare. Intendo: come affrontare i problemi, quali concetti fondamentali considerare più importanti, di quali problemi ci si innamora e quali invece si trascurano… sono scelte individuali dei singoli filosofi che poi determinano sistemi filosofici diversi: la filosofia di Kant è diversa da quella di Hegel, ma sono entrambe buona filosofia: come lo si spiega, se la filosofia fosse solo scienza? Non credo si possa dire che sono diverse solo perché appartengono a momenti diversi della storia della filosofia. Spinoza e Locke sono nati entrambi nel 1632 ma le loro filosofie, sicuramente vere filosofie, sono diversissime tra loro.
    Il fatto che la filosofia vada studiata, insegnata, imparata, non toglie che possa essere considerata mezza arte (oltre che mezza scienza): anche l’arte si impara e si studia e richiede ricerca, ma ricerca interiore più che verso il mondo. Un artista deve conoscere la storia dell’arte e deve imparare le tecniche (per esempio un musicista che vuole comporre studia armonia ecc.).
    L’artista ricerca la propria verità (il proprio modo di rapportarsi col mondo… Klee diceva che l’arte rende visibile ciò che non lo è), lo scienziato ricerca la verità sul mondo visibile, il filosofo cerca la verità su ambiti intermedi tra il visibile e l'invisibile (il possibile, il buono, il totale ...) quindi mette in gioco anche parti della sua soggettività.

Riporto qui un commento di Alfio Bonanno che mi sembra molto acuto e su cui occorre riflettere:

Alfio Bonanno E' un tema complesso. Il flauto magico o lo scriveva Mozart, o nessun altro. Invece la teoria della Relativita' o la formulava Einstein, o qualcun altro, era solo questione di tempo. In pratica l'atto creativo nella scienza e' definito ab initio. Nell'arte e' completamente "libero".



1 ottobre 2015

Arte o scienza? La filosofia sta nel mezzo.







Arte o scienza? La filosofia è per chi vuole stare nel mezzo, o potremmo anche dire: è per chi vuole tutto, per chi non si sente né veramente artista né veramente scienziato ma sente di avere caratteristiche sia dell'uno sia dell'altro.
   Nel campo dell'arte prioritario è produrre (scrivere, disegnare, dipingere, scolpire, comporre...), creare cose e creando esprimere se stessi, mostrare agli altri il proprio modo di guardare il mondo, il proprio modo di rapportarsi con la realtà. Il soggetto, il Sé, l'Io, il proprio qui e ora e il fare creativo sono prioritari nella posizione esistenziale dell'artista.
   Nel campo della scienza, invece, prioritario è studiare, informarsi, e anche osservare direttamente (facendo esperimenti) le cose o le persone (dopo avere studiato cosa gli altri prima di noi hanno già osservato e scoperto) e infine dare il proprio contributo a migliorare il quadro complessivo delle conoscenze, a volte anche ristrutturando il quadro stesso, modificando la cornice o cambiando completamente quadro. L'oggetto, la realtà, il mondo (normalmente parti, settori, della realtà) sono al centro dell'attenzione dello scienziato, mentre l'aspetto della scrittura, della produzione, è secondario ed è uno strumento per comunicare agli altri ciò che si è scoperto, non uno strumento per esplorare se stessi (come nell'arte; o meglio il proprio modo di relazionarsi al mondo).
   Cosa è prioritario nella filosofia? Produrre (scrivendo)? Non direi. Studiare, informarsi, sperimentare? Studiare e informarsi sono sicuramente importanti, basilari nella fase formativa, ma non direi che siano prioritari nel filosofo già formato. Forse si potrebbe azzardare che innanzitutto il filosofo aspira a non fare nulla.
      Non fare nulla non nel senso di riposare e basta; non fare nulla nel senso di dare spazio all'attività che è prioritaria e tipica del filosofo: il pensare. 
    Pensare che può innescarsi a partire da qualsiasi cosa: un'osservazione, qualcosa che abbiamo studiato, qualcosa che sentiamo dentro (un'inquietudine personale, una sensazione di disagio o preoccupazione per come vanno le cose dell'umanità, o viceversa una sensazione di profonda gioia rispetto alla condizione di essere vivi sulla Terra...). 
     Lo studio, per il filosofo, è sempre anche creativo. Esempio: studio Aristotele o studio Spinoza, ma mentre leggo i loro testi mi annoto tutte le riflessioni che la lettura mi suscita; studiando mi pongo continuamente domande, dubbi; se potessi dialogare con loro sarebbe una discussione continua ("perché dici questo? Sei proprio sicuro che le cose stiano così? Non hai pensato che si potrebbero considerare anche da quest'altro punto di vista? Non ti sembra che prima di pensare a questo sia necessario chiarire quest'altro?" e così via). Lo studio è riflessivo e creativo. Quindi si studia scrivendo, e viceversa si scrive studiando. Queste due espressioni ("studiare scrivendo", "scrivere studiando") stanno a indicare la via di mezzo di cui parlavo all'inizio: filosofare è un'attività a metà strada tra l'atto creativo e l'atto ricettivo-conoscitivo. Scoprire l'oggetto, scoprire come è fatta la realtà, non esclude - per il filosofo - anche il tenere conto della propria esperienza personale e del proprio personale modo di essere, pensare, rapportarsi alle cose, giudicarle, valutarle, considerarle nell'insieme. 
    Questo spazio aperto al lato soggettivo, ad un pensare creativo che può coinvolgere anche l'immaginazione (gli esperimenti mentali, l'esplorazione delle possibilità), l'utilizzo della propria personale sensibilità, intesa come modo di sentire le cose e le persone, ascoltando anche le emozioni e il corpo, è proprio della filosofia perché la filosofia si muove su territori di confine: confine fra i settori specializzati delle conoscenze scientifiche, confine delle conoscenze finora raggiunte, confine fra ciò che è e ciò che potrebbe essere (in meglio, in peggio), confine tra passato e presente, confine tra presente e futuro, confini ultimi della realtà, del mondo, aspirazione a contemplare la realtà nel suo insieme, nella globalità, nella totalità. Là dove uno sguardo (scientifico) che aspira solo all'oggettività non può arrivare, serve uno sguardo che insieme all'oggettività utilizzi anche la soggettività, l'intuizione, la fantasia, perché solo questi strumenti possono farci fare un salto qualitativo e andare a vedere dentro i confini, oltre i confini. Certo, magari sbagliando, brancolando, lanciando ipotesi teoriche che poi verranno smentite, criticate, superate. Ma il gioco del continuo dialogo, della ricerca sempre aperta, della revisione critica della posizioni dogmatiche è il bello della filosofia.