17 febbraio 2012

Il destino delle Weltanschauung. Orientamento religioso e orientamento sessuale: analogie e differenze. Capire Hegel: bibliografia



Il post precedente, linkato sulla pagina facebook di Francesco Berto (il filosofo nella foto qui sopra), ha aperto una discussione a mio avviso molto interessante, della quale vorrei qui riferire i punti salienti.

Un primo punto riguarda la reale situazione a proposito della "colonizzazione del territorio filosofico" fra analitici e hegeliani. Mauro Bompadre e Francesco Berto hanno sostenuto, ma credo sia quasi un dato di fatto, che la situazione è nettamente sbilanciata a favore degli analitici, che costituiscono una sorta di canone implicito, se non per la scelta dei temi almeno per l'adozione della modalità di approccio, per lo stile. Insomma la filosofia (occidentale) è, o sia avvia a diventare fra non molto, analitica.
Resta però un problema, segnalato da Berto: "c'è un bel po' di divario da recuperare. Occhio alle citazioni sulla Stanford Encyclopedia of Philosophy: Kripke batte Hegel 189 a 184. Aristotele è citato 689 volte, Kant 500, Heidegger 118. La colpa è precisamente dei vecchi hegeliani e heideggeriani, che anziché sgobbare un po' per farci capire, intanto, cosa volevano dire questi oscuri signori, hanno passato gli anni a parlare in hegelese o heideggerese stretto."

Un secondo punto riguarda quali siano gli studi più efficaci, scritti con metodo analitico o comunque con chiarezza e profondità, per capire Hegel. 
Segnalato da più voci come validissimo il testo di Berto Che cos'è la dialettica hegeliana? Un'interpretazione analitica del metodo, Poligrafo 2005.
Altro testo importante: Angelica Nuzzo, Logica e sistema. Sull'idea hegeliana di filosofia, Pantograf, Genova 1992.
Altri riferimenti segnalati da Alice Giuliani, Mauro Bompadre e Diego Bubbio: Sistema ed Epoca di Remo Bodei, Hegel e la matematica dell'infinito di Antonio Moretto, i seminari del prof. Garelli, al dipartimento di filosofia dell'Università di Firenze (di Garelli, di prossima uscita, un testo il cui titolo promette molto: Hegel e le incertezze del senso, ETS, Pisa 2012), "le vecchie lezioni di Severino alla Cattolica, pubblicate però solo recentemente", i lavori di Paolo Zellini, Illetterati, Pippin, Pinkard, Redding, Testa, Perelda, Ferrarin, Pasini.

Un terzo punto riguarda l'atteggiamento della filosofia contemporanea nei confronti del problema del senso (o eventualmente non-senso) complessivo del mondo. Berto dice: "Non c'è uno serio [tra i filosofi] che ti dia la Weltanschauung". Questo mi pare un punto cruciale per capire la situazione della filosofia oggi. Un dominio quasi completo dell'atteggiamento analitico, con il grande vantaggio della chiarezza, della comunicabilità e condivisibilità dei risultati, di un lavoro quasi "di squadra" come nelle scienze, ma al prezzo di una rinuncia al prendere posizione in prima persona sulle grandi questioni metafisiche, ad esempio sull'esistenza di Dio.
Si è ragionato sul fatto che oggi chiedere a qualcuno (filosofo, ma la constatazione si può estendere un po' a tutti) se è credente o no è un po' come invadere la sfera privata, e allora a me è venuto in mente un paragone fra l'orientamento religioso e l'orientamento sessuale:
Possiamo dire che siamo arrivati al punto che l'orientamento religioso somiglia all'orientamento sessuale? Per cui normalmente non se ne parla, non si chiede, e poi invece alcuni fanno coming out... (non so, ad esempio Giorello che scrive "Senza Dio", o Vattimo che scrive "Credere di credere") Solo che c'è una differenza: nell'ambito dell'orientamento sessuale c'è una chiara e diffusa "presunzione di eterosessualità" e l'eventuale coming out è per dichiararsi gay o lesbica; nell'ambito dell'orientamento religioso non mi pare si possa oggi dire che c'è una "presunzione di religiosità", né una "presunzione di ateismo". Mi sbaglio? Quindi la situazione sull'orientamento religioso è ancora più sospesa: non possiamo presumere niente di probabile su quello che gli altri credono o non credono, ma non possiamo neanche chiedere... Un bel garbuglio!

16 febbraio 2012

I tormenti della filosofia. La frattura Preve-Fusaro versus tutti (o quasi) gli altri. Il mistero di Hegel



Di recente mi sto avvicinando alla conoscenza di Costanzo Preve attraverso le video-interviste reperibili nel web grazie soprattutto a Diego Fusaro. Di Fusaro sto leggendo adesso con piacere e profitto Bentornato Marx! 
Nelle interviste che Fusaro fa a Preve emerge una sostanziale loro concordanza di vedute. Si intuisce che Fusaro vuole raccogliere l'eredità filosofica di Preve e Preve vuole consegnarla a Fusaro. Nei due video su Hegel e il capitalismo (1/2 e 2/2) Preve propone come unica strada per la sopravvivenza della filosofia (come critica dell'esistente) la linea Spinoza-Vico-Fichte-Hegel-Marx quali autori da riprendere e tenere come punti di riferimento e svaluta tutte le correnti filosofiche contemporanee che non fanno questo, in primo luogo la filosofia analitica, ma anche il neo-kantismo e Deleuze. Sembra tenere in una certa considerazione Husserl (e i fenomenologi contemporanei?).
Mi sembra di scorgere in questo atteggiamento uno dei due lati della classica diatriba analitici/continentali, sulla quale rimando ai lavori della mia amata Franca D'Agostini, ma vorrei toccare qui un punto che riguarda Hegel.

E' proprio vero che gli analitici rimuovono la dialettica hegeliana? Penso ai lavori della stessa D'Agostini (il capitolo sulla dialettica hegeliana in Logica del nichilismo, per es.) o di autori come Francesco Berto o Graham Priest e non ne sono del tutto convinto, ma ammettiamolo. E' vero anche, allora, che i neo-hegeliani Preve e Fusaro rimuovono il lavoro che in metafisica sta svolgendo la filosofia analitica (e qui penso soprattutto a Nozick e a Varzi). Cerco di spiegarmi meglio.

La totalità di Hegel è proprio tutto? Il mondo non-sociale, la natura, è veramente vista, compresa da Hegel? La logica di Hegel di cosa parla? Forse di una dimensione extra-temporale, sovrastorica? Il mondo delle idee di Platone? "Essere", "nulla" "divenire" e così via fino ad arrivare all'Idea sono innanzitutto concetti, esistono in una dimensione sovraindividuale perché sono condivisi certamente dalle menti di più individui, ma non riesco a pensarli se non come prodotto della cultura umana, "spirito oggettivato". Insomma, quello che Hegel propone come prima parte del sistema rientra in realtà, per come riesco a comprenderlo io, in quello che per Hegel è la terza parte del sistema, e non riesco a capire cosa voglia dire veramente che la natura è l'Idea che "esce fuori da sé", o che si "estrinseca".
Mi sembra attualissimo e fondamentale lo sforzo che Hegel fa di comprendere il senso complessivo della totalità relativamente al mondo sociale, spirituale, culturale, storico. 
D'altra parte mi sembra che i filosofi analitici lavorino su temi metafisici con una prospettiva quantitativamente maggiore, perché cercano di tenere conto anche della realtà naturale, la "vera natura", quella che non pensa, gli immensi aggregati cosmici di materia-energia, tempo-spazio e quant'altro che ci avvolgono e di cui siamo una piccola parte (quindi tengono conto anche dei risultati delle scienze, almeno nella misura in cui contribuiscono a dirci cosa esiste !). E quali sono i temi metafisici affrontati dagli analitici? Basta sfogliare l'antologia di saggi curata da Achille Varzi Metafisica. Classici contemporanei, Laterza 2008 per averne un'idea. Le sei parti in cui è scandito il volume sono: esistenza, identità, persistenza, modalità, proprietà, causalità.

Certamente il problema è che un'ontologia che voglia tener conto veramente di tutto deve occuparsi non solo di analisi concettuale ma anche di matematica contemporanea e di fisica contemporanea, e quindi perde di vista (come infatti succede agli analitici) il compito di costruire un'interpretazione sul senso complessivo dell'agire umano, nelle sue manifestazioni storico-politiche e culturali, sociali ed economiche.

Il punto mi sembra quindi riassumibile nelle differenti concezioni di totalità che si fronteggiano: quella di Hegel e quella (implicita) degli analitici. Quella di Hegel è riconducibile all'umanità e alle produzioni umane, quella degli analitici spazia dagli enti matematici al cosmo, ma proprio per questa sua ampiezza ha le armi spuntate di fronte al compito di un'interpretazione complessiva del senso del mondo sociale.

Resta il problema, per la filosofia, del reciproco rifiuto a riconoscere l'importanza del lavoro dell'altra parte. I neohegeliani Preve-Fusaro hanno ragione a puntare l'attenzione della filosofia sulla critica al mondo sociale esistente per l'urgenza e la gravità dei problemi che esso presenta, ma d'altra parte gli analitici si sobbarcano l'arduo compito di tenere viva (non costruendo sistemi, ma lavorando in collaborazione verso obiettivi comuni, un po' come fanno gli scienziati...) l'aspirazione originaria della filosofia ad una conoscenza del tutto che sia veramente tale: l'umanità non può pensare di coincidere con la totalità dell'esistente; lo stesso Spinoza ha criticato aspramente l'antropocentrismo con annesso finalismo.
Un problema classico sul quale le due prospettive potrebbero incontrarsi è quello del libero arbitrio, per l'intreccio della dimensione umana con quella cosmologica e logica che esso presenta. Vedremo. Certamente questi tormenti e queste fratture non fanno bene alla causa complessiva della filosofia, che risulta un campo tuttora privo di un canone condiviso.