21 luglio 2022

Un sogno

 Avevo riguardato e riletto tutti i fogli scritti da me, i disegni, gli appunti, gli schemi di progetti, gli spunti narrativi, le storie, gli articoli, le foto scattate, i video, e di tutto questo materiale avevo fatto una accurata selezione, catalogando, ritagliando, incollando… avevo poi buttato tutti i ritagli inutili, tutte le ridondanze, i rami secchi, i vicoli ciechi. E la pila di cose che restavano erano materiale vivo, prezioso, da portare avanti, da sviluppare, da ripensare. E nel fare questo lavoro dicevo infine a me stesso “riconsidera il percorso fatto fino a qui”.

Al risveglio ero sicuro si trattasse di un sogno importante. Credo riguardi il mio rapporto con il passato, sempre problematico perché io tendo a dimenticare e a guardare sempre in avanti, ma soprattutto adesso che sono in un momento particolare di svolta nella mia vita, una specie di rinascita nella quale rischio di rimuovere, insieme alle sofferenze, ai momenti di grande difficoltà, ai dolori profondi, anche le cose belle e importanti che ho vissuto.

C’era dentro anche, penso, un grande bisogno di fare ordine, fare ordine sia buttando via tante cose, ma anche riscoprendo - e qui sta il messaggio che dò a me stesso - tante piccole cose preziose che meritano invece di essere conservate e riconnesse a quello che sono io adesso, riconnesse in modo armonico, valorizzate per il potenziale di sviluppo che nascondono in se stesse.

Quindi è questo quello che voglio fare: non buttare via niente di tutto quello che ha contato, di tutto quello che ho amato, perché se l’ho amato e se l’ho fatto, e ci ho messo le parti migliori di me nel farlo, vuol dire che può servirmi ancora e può essere fonte di ricchezza futura.

Avanzare nel futuro, guardando l’orizzonte a testa alta e con la schiena dritta, ma portandosi dentro tutto il carico delle esperienze importanti, ripensate, comprese, filtrate e diventate il mio tesoro nascosto, tutte le radici e tutti i rami che avanzano con me ad ogni passo, pronti a svilupparsi e a fruttare.

4 luglio 2022

IL SISTEMA E L'ASSURDO. Capitolo 4

 



4.




Fulvia, cui spettava nel secondo viaggio la funzione decisionale, stabilì che prima di partire il gruppo aveva bisogno di una pausa di riflessione, di almeno due giorni terrestri.

In realtà era lei, che ne aveva bisogno; gli altri, però, accolsero bene la decisione e ognuno si dedicò alla sua attività preferita. Shan si mise in meditazione, concentrandosi dapprima sul suo respiro e arrivando ben presto a uno stato di auto-osservazione di quanto accadeva nella sua mente. Klaus si mise a immaginare opere d’arte, che al suo ritorno sulla Terra avrebbe voluto realizzare, ispirate alle visioni del primo viaggio. Gopal iniziò a scrivere un articolo scientifico, che aveva intenzione di trasmettere poi alla comunità terrestre dei matematici, per comunicare la straordinaria scoperta riguardante l’esistenza di forme matematiche perfette in uno degli universi.

Fulvia aveva bisogno di concentrarsi e di pensare, con calma, a quanto avevano visto. La questione sulla quale tendevano a convergere i suoi pensieri era la possibile relazione tra quell’universo platonico, che avrebbero tra non molto abbandonato, e l’universo conosciuto, quello dal quale provenivano, l’universo popolato dai terrestri e dalla tante altre forme di vita intelligente con cui i terrestri erano entrati in contatto.

“Che significato può avere il fatto che gli esseri umani abbiano indagato e studiato oggetti matematici puramente ideali, alla luce del fatto che in un altro universo quegli oggetti, almeno in parte, esistono veramente?” pensava. “Ma più che questo, la domanda ancora più importante è: che significato può avere il fatto che nell’universo conosciuto vi siano cose che somigliano, per approssimazione imperfetta, a quelle forme geometriche che adesso vediamo? E cosa significa che le cose dell’universo conosciuto siano in gran parte conoscibili utilizzando equazioni basate sull’elaborazione di numeri, che, per quanto sempre più distanti ormai dai numeri naturali, ne sono in definitiva uno sviluppo? I due fatti sembrano convergere verso l’idea che tra l’universo conosciuto e questo in cui siamo immersi adesso, maestoso nella sua regolarità senza tempo, strutturato in plotoni ordinati di oggetti perfetti che si estendono in tutte le direzioni dello spazio, vi sia una relazione, una relazione che supera, di fatto, il salto spaziotemporale che abbiamo dovuto fare per arrivare fin qui… questa relazione sembra un dato oggettivo… non sono io, Fulvia, che la stabilisco, non sono io che pensando pongo questa relazione. Questa relazione sembrerebbe un dato, un fatto, un fenomeno.”

Fulvia trasse un lungo sospiro, poi iniziò a sgranocchiare una galletta di mais, gustandone l’aroma leggero che le ricordava i campi di pannocchie nei quali, da bambina, le piaceva nascondersi.


Arrivò, alla fine, il tempo in cui Fulvia aveva deciso di partire per il secondo viaggio.

Tutti erano pronti, in posizione per il salto spaziotemporale. Fulvia osservò a lungo il tasto azzurro e luminoso della partenza, prima di premerlo. Quell’azzurro le ricordava il cielo che, quando bambina era nascosta nel campo di pannocchie, guardava strizzando gli occhi, per non restare abbagliata dalla luce del sole.

La partenza, questa volta, fu molto diversa. Non videro gli oggetti matematici allontanarsi. Tutto restava immobile, tranne il chiarore lattiginoso in cui l’universo in cui si trovavano era immerso, che sembrava scurirsi progressivamente. 

Improvvisamente dalle finestre ovali dell’astronave osservarono un nero profondo, che durò per qualche secondo. Poi videro onde di luce polarizzata, con tutte le sfumature dello spettro cromatico, che si muovevano lentamente. Infine tornò il buio totale, esterno alla HCV1, e l’indicatore sul monitor diceva: SALTO EFFETTUATO. UNIVERSO ESPLORABILE.

– Ragazzi, ci siamo – disse Fulvia.

– Sì, ma cosa esploriamo? Qui sembra non esserci assolutamente nulla! – esclamò Klaus con voce un po’ tremante.

– Se posso permettermi un suggerimento, Fulvia, – disse Gopal – conviene attivare i rilevatori di massa e dirigersi nella direzione delle masse rilevate.

– Ma non saremo capitati in un universo vuoto? – insinuò Shan.


Senza ribattere nulla, Fulvia seguì il suggerimento di Gopal e attivò i rilevatori di massa. Aveva bisogno di agire, agire in fretta, e questa spinta all’azione le derivava dalla consapevolezza di avere il ruolo decisionale.

Il computer di bordo, collegato ai rilevatori esterni, iniziò a trasmettere una serie di dati, che scorrevano sul monitor centrale, di fronte agli occhi di Fulvia. I rilevatori stavano setacciando lo spazio circostante in molteplici direzioni, inizialmente le sei ortogonali all’astronave: sopra, sotto, avanti, indietro, destra, sinistra. Comparivano cifre che indicavano le distanze, sempre maggiori, verso la quali i sensori di massa spingevano il raggio rilevatore delle loro antenne stroboscopiche. Le cifre scorrevano, ma il risultato era sempre lo stesso: nulla di rilevato. Iniziò poi una ricerca, in automatico, in direzioni diagonali rispetto alle sei ortogonali all’astronave. Le molteplici antenne si orientarono a a riccio e le cifre iniziarono a scorrere, mentre quelle delle direzioni ortogonali continuavano fino al limite della profondità di campo rilevabile (che, ovviamente, tendeva a infinito ma non poteva sondare all’infinito).

Finalmente, a un certo punto, mentre la tensione dell’attesa cresceva nei quattro astronauti, il computer segnalò la presenza di qualcosa, verso il basso, in una direttrice diagonale.

Fulvia, fulminea, diede ordine, digitando febbrilmente sulla tastiera, di muovere l’astronave in direzione della massa rilevata. Vi fu un riallineamento, che portò la prua della HCV1 a coincidere con la direttrice nella quale, unica, era stata rilevata della massa. Poi l’astronave partì, a velocità massima.

Dopo parecchio tempo, iniziarono a vedere un puntino luminoso. Ingrandendosi, si cominciò a vedere che si trattava di una sorta di costellazione; cinque stelle posizionate in modo irregolare fra di loro, e un pianetino che gravitava intorno a due di esse.

Quando furono abbastanza vicini al pianeta, che aveva forma sferica come si aspettavano, Fulvia decise di rallentare notevolmente la velocità e diede il comando di lanciare una sonda che ispezionasse l’eventuale l’atmosfera e rilevasse la presenza di forme di vita.

Dopo qualche ora arrivarono i risultati. Pianeta molto simile alla Terra, atmosfera compatibile con la respirazione umana, presenza di svariate forme di vita, accertate per la complessità dei movimenti rilevabili sulla superficie.

La sonda non poteva però capire quanto e se tali forme di vita fossero pericolose.

Klaus aprì subito la discussione, prima ancora che Fulvia avesse lanciato il tema come oggetto di una deliberazione da discutere nel gruppo:

– È chiaro che dobbiamo rischiare qualcosa ed entrare in contatto con questi esseri viventi, siamo qui apposta! La mia esperienza delle forme aliene di intelligenza, certamente relativa al nostro universo, mi dice che se riusciamo ad entrare in comunicazione con loro prima di sbarcare sul loro territorio, sarebbe tutto più sicuro e gestibile.

– Come sapete – Gopal si sentì chiamato in causa – disponiamo di strumenti raffinatissimi: il rilevatore di suoni articolati che è in grado di dirci se sono presenti linguaggi parlati, il traduttore universale che è in grado di decodificare e fornire modelli di comunicazione attiva e relazionale in tempi ragionevolmente brevi (a meno che non dovessimo trovarci di fronte a linguaggi totalmente estranei da quelli presenti nel nostro universo), l’interpretatore delle comunicazioni iconico-scritturali.

Fulvia, dopo una riflessione di qualche minuto, accolse il suggerimento di Klaus e attivò gli strumenti indicati da Gopal. Venne lanciato un messaggio radio-visivo che era interpretabile sia acusticamente sia alfabeticamente sia in simboli iconici. Il contenuto del messaggio era il seguente:

“Saluti! Siamo membri di una specie vivente e intelligente di un altro pianeta. Siamo a bordo di una nave spaziale che si dirige a bassa velocità verso il vostro pianeta e siamo desiderosi di entrare in contatto con Voi a scopo di pura volontà di conoscenza reciproca. Ci date il permesso di sbarcare sul suolo del vostro pianeta e di organizzare un incontro?”

Il messaggio veniva lanciato a intervalli regolari, nella speranza che la specie più evoluta del pianeta fosse in grado di recepirlo e di decodificarlo. Nel frattempo la velocità della nave venne diminuita fino ad arrivare a zero. Erano entrati nell’orbita del pianeta e gravitavano intorno ad esso. La sua massa sferica era perfettamente visibile dalle finestre dell’astronave. Aveva un colore verdastro, con striature violacee.

Dopo parecchio tempo, durante il quale ciascun membro dell’equipaggio si dedicava alla sua occupazione preferita, arrivò un messaggio di risposta, rilevato dal computer di bordo, e si avviò una comunicazione che per semplicità riporto al lettore come se si trattasse di un dialogo tra singoli individui (in realtà da una parte vi erano i cinque membri della HCV1, che ogni volta discutevano su come procedere nel dialogo, e dall’altra parte vi erano gli otto membri di una delegazione speciale chiamata Unità di Crisi Strutturale, che il governo della specie più evoluta del pianeta aveva formato in fretta e furia dopo aver captato il primo messaggio; anche questi otto discutevano tra loro prima di inviare ogni messaggio). Per comodità del lettore, riporto nuovamente il contenuto del primo messaggio, lanciato dalla HCV1.


– Saluti! Siamo membri di una specie vivente e intelligente di un altro pianeta. Siamo a bordo di una nave spaziale che si dirige a bassa velocità verso il vostro pianeta e siamo desiderosi di entrare in contatto con Voi a scopo di pura volontà di conoscenza reciproca. Ci date il permesso di sbarcare sul suolo del vostro pianeta e di organizzare un incontro?

– Questo messaggio è privo di senso, ed evidentemente si tratta di uno scherzo: non esistono altri pianeti oltre al nostro!

– Forse è vero che non esistono altri pianeti oltre al vostro in questo universo. Ma esistono altri universi!

– Anche questo non ha senso: “universo” è un concetto che indica la totalità di ciò che esiste. Non possono esistere molteplici totalità, altrimenti non sarebbero totalità. Quindi il concetto stesso di “molteplici universi” è auto-contraddittorio.

– Da un punto di vista strettamente logico avete ragione, ma la realtà supera le capacità della logica di imbrigliarla concettualmente [su questa frase Fulvia e Gopal avevano molto discusso, ma alla fine Fulvia aveva prevalso e la frase era stata lanciata].

– Noi siamo l’Unica Specie Intelligente che esiste, e siamo superiori ad  ogni altra specie.

– Come spiegate allora la nostra presenza nell’orbita del vostro pianeta? Come spiegate il primo messaggio che avete ricevuto? Come spiegate lo stesso dialogo che stiamo sviluppando?

– Noi sappiamo che un gruppo appartenente alla nostra specie, L’Unica Specie Intelligente, sta cercando di sovvertire l’ordine che il Governo ha stabilito sul pianeta. Evidentemente voi siete parte di un complotto ordito da questo gruppo, che riesce a simulare la presenza di un astronave nella nostra orbita e sta simulando tutti questi messaggi.

– Ma se Voi ci consentite di sbarcare vi renderete conto che siamo molto diversi da Voi, che siamo realmente un’altra specie, e vi spiegheremo con quale esperimento è stata dimostrata scientificamente l’esistenza del Multiverso. Si tratta di un esperimento molto complesso, non riassumibile in poche frasi, ma se siete interessati possiamo fornirvi tutto il materiale necessario a comprenderlo e a riprodurlo nei Vostri laboratori.

– Il vostro sbarco sul Pianeta è fuori discussione. Anche nell’ipotesi, del tutto assurda, che sia vero ciò che voi dite, cioè che esista una totalità che è formata da molteplici sotto-totalità (il che rende il concetto di totalità del tutto inservibile), e che voi siate i rappresentanti di un’altra specie intelligente (anche questa è una contraddizione in termini, dal momento che il concetto di Intelligenza è strettamente connesso al concetto di Unicità), il rischio di un vostro sbarco sarebbe decisamente superiore al beneficio di una semplice scoperta scientifica. Chi ci garantisce che voi non vogliate impadronirvi delle nostre risorse? Chi ci garantisce che voi non abbiate in realtà intenzioni ostili?

– Il fatto stesso che noi abbiamo lanciato il messaggio di richiesta del permesso di sbarco dovrebbe rassicurarvi sul fatto che non abbiamo intenzioni ostili. Se avessimo avuto intenzioni ostili saremmo sbarcati senza chiedere nessun permesso e avremmo iniziato ad attaccarvi sfruttando l’effetto sorpresa.

– In ogni caso l’incontro con voi sarebbe rischioso sotto molti altri punti di vista, primo fra tutti il possibile contagio con malattie verso le quali le nostre difese organiche non sono preparate (ciò è stato osservato nella storia del Pianeta, nell’incontro fra sotto-specie vissute in luoghi diversi).

– Ma noi disponiamo di speciali tute che isolano dalla possibilità di trasmettere o ricevere ogni agente patogeno.

Ogni agente patogeno? Con quale presunzione voi asserite ciò? Come pensate di aver esaurito la conoscenza in materia di agenti patogeni?

– La scienza biologica, anche sulla base delle esperienze fornite delle molteplici forme di vita di altri pianeti con le quali siamo entrati in contatto nel nostro universo, è giunta ormai ad uno stadio che possiamo ragionevolmente definire “scienza totale”. E sulla base delle nostre conoscenze biologiche sappiamo costruire materiali non attraversabili da agenti patogeni, per quanto piccoli essi possano essere, in quanto sono tute il cui tessuto è a trama così fitta che nessun componente molecolare di sotto-retro-micro virus è in grado di trovare un varco.

– Ahahahahahah!

– Perché ridete?

– Perché siate caduti in contraddizione! Asserite di avere una “scienza totale” biologica, ma contemporaneamente ammettete l’esistenza di altri universi, quindi di altre totalità nelle quali le leggi della vita potrebbero essere molto diverse da quelle del vostro universo!

– In effetti avete ragione: una percentuale di rischio riguardo ad agenti patogeni sconosciuti nel nostro universo esiste, ma riteniamo che sia una percentuale molto bassa.

– Ritenete che sia bassa sulla base di cosa?

– Sulla base del fatto che nei molteplici incontri con forme di vita aliene di galassie anche molto distanti nel nostro universo, abbiamo sempre riscontrato che le tute funzionano.

– Insomma, vi fidate delle vostre conoscenze scientifiche sulla base di una varietà di esperienze, confinate però sempre dentro il vostro universo!

– Beh, comunque sicuramente le nostre conoscenze scientifiche hanno avuto più possibilità di essere messe alla prova rispetto alle Vostre, dal momento che ci risulta Voi siate l’unico pianeta esistente in questo universo!


Dopo quest’ultimo messaggio nella HCV1 suonò l’allarme generale. Un raggio disintegratore ad altissimo potenziale, pari ai disintegratori quantistici noti, stava partendo dal pianeta presso il quale si trovavano, e puntava in direzione dell’astronave. 

Fulvia si trovò di fronte a un bivio: o ripartire ad estrema velocità cercando di scansare la traiettoria del raggio o premere immediatamente il bottone di un altro salto spaziotemporale.

Essendo poco pratica di pilotaggi di emergenza, e avendo anche capito che non c’era modo di convincere quella specie superba ad accettare un incontro, si decise, in una frazione di secondo, per la seconda opzione.