31 maggio 2020

Ripensare la scuola, 2. Lettera aperta di Maura Lovisolo




Ricevo e pubblico, di seguito, una lettera che mi ha mandato una collega di matematica e fisica, di grande esperienza e saggezza.


Credo che l’attuale situazione possa portare a un cambiamento profondo della scuola, solo se non ci lasciamo trasportare troppo lontano dai nostri desideri.

     La proposta di dimezzare le classi e far turnare settimanalmente gli alunni tra chi frequenta le aule e chi segue, in diretta ma a distanza, presenta alcuni vantaggi reali e spunti interessati per un futuro non lontano. Purché ci si sforzi di progettare, attività che gli insegnanti, oberati da attività burocratiche, a volte inutili e spesso insensate, hanno dovuto smettere di fare.
     In generale l’Italia non ha risorse per raddoppiare aule e docenti in tempi brevissimi e in modo adeguato e quindi è inutile sognare l’impossibile.

      Personalmente poi ritengo che un numero troppo esiguo di allievi per classe sia inopportuno se non dannoso per la gestione dei rapporti interpersonali, per il clima di chiusura e autoreferenzialità che si verrebbe a creare. Un numero congruo per garantire una pluralità di opinioni e di aggregazioni soddisfacenti credo sia attorno alle 20 persone. Se fossi una studentessa in classe con 11 compagni mi sentirei sopraffatta da un numero di docenti che può variare dai 12/13 fino ai 30 di un liceo musicale, tutti preparati nelle loro discipline ma spesso, come ben sa chi da quella parte della barricata vive da anni, umorali, demotivati e parziali. Direi addio ad ogni possibilità di confronto, di interazione e di rivendicazione. Siamo sicuri che è questa la scuola che vogliamo?

Trovo più interessante usare il prossimo periodo scolastico per immaginare la scuola futura:

 - la didattica a distanza, ovviamente da abbandonare non appena le condizioni di contorno lo permetteranno, potrebbe apportare modifiche interessanti alla didattica consueta; molti insegnanti sono meno abili nell’uso della tecnologia dei loro stessi allievi, perché allora non esplorare più a fondo questo strada individuandone tutte le potenzialità e ideando un sistema di valutazione che esca dall’attuale buonismo emergenziale?

 - I colleghi neo assunti potrebbero essere una risorsa importante per ora nella gestione dei gruppi e in seguito per ridurre il numero degli alunni per classe.

- Il tempo sospeso del cosiddetto “raddoppio” deve e può essere usato per risistemare il numero e la condizione delle aule di moltissime scuole.

Insomma chiederei la luna ma non subito e non buttando via tutto quello che viene proposto, il rischio è quello di ritrovarci nel 2021-22 con una scuola peggiore di quella di oggi e di ieri.







Ripensare la scuola, 1. Riflessioni aperte




Il dover garantire la sicurezza sanitaria a scuola nelle nuove condizioni create da Covid19 può diventare l'occasione per ripensare a fondo la formazione scolastica.

Voglio cominciare a raccogliere delle idee qui, lasciando aperto il discorso a interventi di colleghi, studenti, genitori, dirigenti, e prevedendo momenti anche futuri di ulteriori raccolte di idee e discussioni. Premetto che la mia esperienza riguarda i licei, e quindi quello che dirò riguarda innanzitutto questo ambito, ma può anche estendersi in alcuni casi agli altri livelli.

La prima cosa è questa: invece che limitarsi a "dimezzare le classi" in presenza, riservando alla metà che resta a casa versioni digitalizzate della didattica (in diretta o in differita) o turnazioni, cominciare a impostare il gruppo classe con un numero massimo di 12 alunni, perché gruppi piccoli facilitano la didattica per vari motivi (più possibilità di conoscere individualmente gli studenti, meno tempo necessario a gestire le verifiche, più controllo sulla disciplina...). E' chiaro che questo implicherebbe una spesa doppia per lo Stato riguardo agli stipendi (il doppio degli insegnanti), ma le vere riforme partono da investimenti seri.

Per ora mi limito a questo.
Alla prossima puntata. 
Attendo commenti e altre idee.



25 maggio 2020

SULLA NATURA UMANA e SU 7 REGOLE PER UNA FILOSOFIA qualitativamente COMPLETA



                                               



Se siamo filosofi e intendiamo mettere al centro del nostro interesse il tema della “natura umana”, inteso nella sua portata sia teoretica (orientati quindi alla verità) sia pratica (orientati quindi al bene), abbiamo innanzitutto da fare i conti con la nostra tradizione, con la tradizione propriamente filosofica.
Ma abbiamo anche da fare i conti con la scienza:

Nel caso che sia sfuggito a qualcuno, la nascita di una scienza della natura umana empiricamente affidabile rappresenta la grande rivoluzione scientifica della seconda metà del XX secolo. Lo sviluppo delle scienze cognitive (psicologia e neuropsicologia cognitiva, intelligenza artificiale, linguistica, antropologia e scienza sociale cognitiva) e delle neuroscienze, insieme ai progressi di genetica e biologia, a cui si aggiungono nuove discipline di confine, come la psicologia evoluzionistica, hanno radicalmente mutato il quadro complessivo in cui interrogarsi sulla “natura umana”.

Michele Di Francesco, Neurofilosofia, naturalismo e statuto dei giudizi morali, in «Etica & Politica», IX, 2007, 2, pp. 126-143, nota 2 di p. 127

Ma abbiamo anche da fare i conti con l’arte.
Questa ultima idea mi arriva dopo aver visto La ballata di Buster Scruggs, notevolissimo film dei fratelli Coen, che è una specie di piccolo “trattato” sulla natura umana e sulla morte, sul tema della imprevedibilità, sul caso e sulla precarietà della condizione umana. Nell’arte troviamo una miniera di idee, di pensieri, sulla natura umana, che sarebbe un vero peccato non considerare. Quante cose sulla natura umana, per esempio, possiamo imparare leggendo I miserabili? Quante leggendo la Recherche? Ma  è chiaro che qui l’elenco potrebbe continuare per parecchio…

Questo non per dire che il compito si fa ancora più vasto, e quindi impossibile da realizzare. Sarebbe così se si avesse la pretesa della completezza nel virtuale dialogo con le fonti.
Ma l’idea è che sulle questioni filosofiche, e su quella della natura umana in particolare (che le contiene quasi tutte: il problema della mente, il problema del libero arbitrio, il problema morale, il problema politico… in pratica anche il problema di una interpretazione della natura… o possiamo più semplicemente dire che tutti i problemi filosofici sono collegati fra di loro!?) :

1) la filosofia ormai (già da un pezzo) non può bastare a sé stessa, perché

2) deve tenere conto dei risultati delle scienze, se non vuole condannarsi all’irrilevanza, ma

3) non deve appiattirsi solo sulle scienze, perché le questioni non sono puramente conoscitive, ma sono anche interpretative e pratiche. Quindi deve valorizzare il proprio punto di vista, filosofico, nella ricezione e nel dialogo con le scienze, ma

4) deve (o meglio, può) anche attingere dalle arti

5) senza pretesa di completezza quantitativa, ma aspirando a una completezza qualitativa.

Spiego meglio il punto 5. Così come verso le scienze c’è un compito, per la filosofia, che è quello di “tradurre” dai linguaggi specialistici, di mettere in comunicazione le diverse specializzazioni scientifiche e soprattutto mettere in rapporto la prospettiva scientifica con quella del “mondo della vita” nel senso husserliano, o più semplicemente col senso comune, così verso le arti c’è il compito, per la filosofia, di tenere conto della grande ricchezza interpretativa, riflessiva, orientativa, ma anche conoscitiva, che esse producono sul tema della natura umana e della vita in generale (quindi anche ovviamente sui temi della morte, del male eccetera). Ma senza pretendere di dover leggere tutta la letteratura o conoscere tutta la storia dell’arte eccetera, bastano alcuni grandi classici della letteratura, della pittura, della musica, ma “tradotti” o comunque considerati in rapporto alla filosofia e in rapporto alle scienze, perché

6) la filosofia è l’arte del dialogo, ormai solo o quasi solo virtuale (cioè non in presenza fisica e diretta), ma attraverso il far proprio, nel proprio pensiero, quello degli altri, delle altre discipline e delle altre forme culturali,

7) guardando sempre a quello che succede nel corso del tempo e in altri luoghi rispetto a quello in cui ha origine (per esempio adesso, ovviamente, guardando agli effetti della pandemia…)