9 settembre 2021

I NUMERI PRIMI. UN'INDAGINE VISUALE

 



Premessa e ringraziamenti


Laureato in filosofia, insegnante al liceo di filosofia e storia, con alle spalle una maturità artistica e una passione per il disegno che risale all’infanzia, mi portavo dentro un desiderio, nato dall’incontro con varie persone, personaggi e testi – tra le quali voglio citare: mia zia Ida Sacchetti, la mia insegnante di matematica al liceo artistico Maura Lovisolo, il prof. Giulio Giorello all’Università Statale di Milano (di cui ricordo un corso su “Il pensiero matematico e l’infinito”), le opere di Escher, alcuni libri di Piergiorgio Odifreddi – di ri-studiare e farmi un’idea più approfondita della matematica.

Ringrazio Achille Varzi e Tullio Ceccherini-Silberstein che mi hanno dato, leggendo la prima versione di questo testo, suggerimenti preziosi su alcune direzioni nelle quali sviluppare il lavoro.



Inizio di recente la lettura del volume Che cos’è la matematica? (di Richard Courant e Herbert Robbins, nell’edizione Boringhieri riveduta da Ian Stewart) e la prima cosa che mi colpisce è la teoria dei numeri e in particolare la questione dei numeri primi, importanti per il fatto che «ogni numero intero può essere espresso come un prodotto di primi». Un numero primo è un numero intero positivo che è divisibile solo per se stesso e per l’unità. Si potrebbero quindi considerare i numeri primi come delle gemme preziose nel mare sconfinato dei numeri interi, o anche, come dei numeri fondamentali, che sono alla base di tutta la complessità della serie degli interi (complessità che a tutta prima non appare).

Alla domanda se i primi siano infiniti esiste già una risposta: sì, lo sono (lo ha dimostrato già Euclide). Un’altra conoscenza già acquisita (anche qui c’è una dimostrazione classica dovuta a Euclide) è questa (cito sempre dal libro di cui sopra):

"la scomposizione in fattori primi di un numero N è unica: ogni numero intero N maggiore di 1 può essere scomposto in modo unico in un prodotto di primi." [alla proposizione precedente, in corsivo, che si considera “il teorema fondamentale dell’aritmetica” va aggiunto, per completezza, “a meno dell’ordine”, cioè il modo è “unico” prescindendo dall’ordine nel quale si presentino i primi.]


La questione che ha acceso la mia immaginazione e la mia curiosità è quella della distribuzione dei numeri primi.


1, 2, 3, 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23, 29, 31, 37, 41, 43, 47, 53, 59, 61, 67, 71, 79, 83, 89, 97, 101, 103, 107, 109, 113, 127, 131…


C’è una legge da cui dipenda la distribuzione dei primi?


Con il cosiddetto “crivello di Eratostene” si possono costruire tavole di tutti i numeri primi minori di un dato numero N (si scrivono tutti gli interi minori di N e poi si eliminano tutti i multipli di 2, poi tutti i multipli di 3 e così via fino a eliminare tutti i numeri “composti”, cioè non primi). Esistono tavole complete di numeri primi fino a 10.000.000, «che ci forniscono una quantità enorme di dati empirici intorno alla distribuzione e alle proprietà dei numeri primi. Sulla base di queste tavole si possono formulare molte ipotesi (come se la teoria dei numeri fosse una scienza sperimentale) del tutto plausibili, ma spesso estremamente difficili da dimostrare.» Si sono fatte congetture su semplici formule aritmetiche che diano solo numeri primi e si è arrivati alla formulazione di un teorema sulla distribuzione media dei primi tra i numeri interi.

Gauss ha formulato l’ipotesi che la “densità” dei primi minori di un certo numero n sia approssimativamente uguale a 1/log n, e questa approssimazione migliora col crescere di n. Se ho ben capito, più grande è il numero degli interi considerati, via via più piccolo sarà il numero dei primi contenuti in esso. Questo è chiamato “teorema dei numeri primi”, e la dimostrazione è arrivata dopo Gauss, con altri matematici che non sto qui a citare.


La distribuzione dei singoli primi tra gli interi è estremamente irregolare. Ma questa irregolarità individuale o, come anche si dice, “in piccolo”, sparisce se si concentra l’attenzione sulla distribuzione media dei primi.


Mi pare, ma anche qui mi rendo conto che potrei non sapere molte cose, che lo studio sulla densità dei primi (via via considerando numeri sempre maggiori) abbia in qualche modo fatto superare l’indagine su questa irregolarità fine nella distribuzione, e questo ha stimolato la mia attenzione. Sento un contrasto tra il fatto che i numeri primi siano i numeri fondamentali e il fatto che la loro distribuzione fine sia del tutto irregolare. Mi sembra ci sia un’analogia tra il fatto che esistono leggi fisiche deterministiche per il mondo medio e macro, mentre nelle particelle elementari sembri regnare più il caos o, comunque, l’indeterminazione… Struttura nel grande e assenza di struttura nel piccolo? Come è possibile?

Un indizio che ha stimolato ulteriormente la mia curiosità sono state queste due frasi:


«Si è osservato che i numeri primi si presentano frequentemente in coppie della forma p e p + 2, come 3 e 5, 11 e 13, 29 e 31 ecc. Si ritiene corretta l’ipotesi che esistano infinite coppie fatte così, ma finora non si è compiuto il minimo passo verso una dimostrazione.»


A questo punto ho pensato di tentare un’indagine visuale sulla “distribuzione fine” dei primi, procedendo in questo modo.


Consideriamo la tavola di tutti i numeri primi minori di 10.000


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3 aprile 2021

Nucleo per un romanzo spagnolo

 


Ero in Spagna, visitando l'Alhambra, e ho avuto una breve "illuminazione" su un intreccio di temi, che mi sarebbe piaciuto "trattare" in forma di romanzo. Trascrivo qui la mappa dell'intreccio tematico. Al lettore l'arduo compito di costruire una trama sulla base di questa mappa (se qualcuno ci riesce e ne trae un romanzo di successo, che si ricordi di citarmi in esergo!).



20 marzo 2021

Il magma e la mappa: la mia filosofia in forma di ipertesto

 


Con qualche esitazione, annuncio qui l'embrionale concretizzazione di un progetto di scrittura. 

In breve, si tratta di un sogno – scrivere un libro sulla mia filosofia – che invece di essere tenuto nel cassetto delle cose che si faranno quando si avrà tempo ha cominciato a premere per essere realizzato, subito. E ho voluto dare ascolto a questa pressione, con l'idea di mettere in rete il testo mentre lo vado elaborando, con un nucleo iniziale che si andrà via via ingrandendo e complicando con rimandi esterni e interni (in questo senso un ipertesto).

Mi rendo conto che tutto ciò per il lettore è un vero disastro, e cerco di mettere subito le cose in chiaro nell'Avvertenza iniziale. Se il testo cambia mentre lo sto leggendo, come faccio a riprendere la lettura dallo stesso punto in cui mi ero interrotto? Lo stesso punto potrebbe non esistere più domani... E poi: dovrei, io lettore, ogni volta rileggere tutto quanto per vedere cosa è cambiato e cosa no? Stiamo freschi! Non abbiamo molto tempo da perdere!

Posso solo consigliare, per ora, una prima lettura (si tratta al momento di circa 7 pagine di un libro medio, senza contare le parole dei testi a cui rimandano i link interni... ma per ora sono pochi) e poi una curiosata ogni tanto scorrendo la situazione, per vedere se c'è qualcosa di nuovo che può interessare (io comunque via via informerò delle aggiunte più significative in una pagina dedicata su questo blog (vedi nell'elenco fisso delle pagine del blog, in alto a sinistra – ammesso che riesca a portare avanti la scrittura). 

Come si sarà capito da quanto detto fin qui, quanto ho scritto e andrò scrivendo risponde innanzitutto a un mio bisogno. Se poi piacerà anche a qualcuno dei temerari lettori benissimo, ne sarò felice. Il fatto di pubblicare subito in rete nasce innanzitutto dall'idea della forma ipertestuale – del resto il Web stesso è un gigantesco ipertesto, come si sa – : volendo scrivere in questa forma non potevo che iniziare già costruendo un sito. È vero che avrei potuto anche crearlo in rete senza renderlo subito visibile (in effetti non l'ho reso subito visibile...) ma il progetto prevede l'apertura a potenziali lettori: è un'offerta filosofica, che nel mostrarsi come cantiere intende anche recepire eventuali commenti, suggerimenti, e soprattutto critiche. Basta scrivermi una mail (napoleoni1964@gmail.com): io poi, nel caso, penserò a riservare uno spazio, sempre nello stesso sito, agli interventi dei lettori, con relative risposte eccetera.

Come diceva il capo-cameriere del ristorante Clelia di Deiva Marina dopo aver servito le prime portate: "Allacciate le cinture!"

Il magma e la mappa

10 gennaio 2021

Il dilagare delle teorie del complotto

 


In un articolo (La valenza geopolitica del complotto) sul numero di Limes CHI COMANDA IL MONDO (n. 2 del 2017), Germano Dottori (docente di Studi strategici presso la Luiss-Guido Carli di Roma, e consigliere redazionale di Limes) scrive:

"5. La teoria del complotto ha dei meriti che i suoi detrattori tendono a negare per difetto di realismo. Il più grande è quello di fornire un’interpretazione degli eventi alternativa alla narrazione dominante, che spesso trascura l’apporto dei singoli e delle loro scelte alle grandi svolte storiche, oppure la piega ad altre esigenze, come la creazione e il mantenimento del consenso. Con riferimento agli episodi di cui si è dato conto, e al modo in cui una letteratura cospiratoria li ha interpretati, i totem infranti sono numerosi, a partire dal dubbio insinuato sulla vera natura della politica statunitense nei confronti dell’Europa in questo tormentato dopo-guerra fredda, non sempre benigna.

Proprio l’attitudine a esplorare i cambi di paradigma rende interessante questa particolare declinazione borderline del pensiero politologico. In un’epoca come la nostra, nella quale la solidità e la valenza delle alleanze sono continuamente soggette a revisione, pensare l’impensabile diventa infatti un elemento potenzialmente cruciale dell’analisi politica. Strutture formali e rapporti di fatto delle relazioni internazionali divergono sempre più frequentemente, come provano anche i contenuti dei cablogrammi carpiti e resi di pubblico dominio da WikiLeaks. Sta inoltre aumentando il ricorso a strumenti di azione e influenza opachi e sempre «negabili» per poter perseguire gli interessi nazionali in una condizione di assoluta impunità.

Anche nell’analisi geopolitica risulta davvero impossibile prescindere dallo studio delle cospirazioni possibili e probabili. Se la ricognizione dello stato delle cose si limitasse alla rassegna delle relazioni stabilitesi tra gli Stati tramite gli strumenti del diritto internazionale, ben poco capiremmo di quanto accade. Va quindi respinto l’uso aggressivo che talvolta viene fatto del concetto di complotto per delegittimare una lettura degli eventi che non collima con gli interessi politici che si desidera tutelare. È una pratica intellettualmente disonesta e paradossalmente rivelatrice della debolezza del messaggio che si intenderebbe invece proteggere.

È altrettanto evidente che non si può ricorrere al complotto per sfuggire alle proprie responsabilità. Affermare che si è stati allontanati dal potere da una vasta coalizione di interessi interni ed esterni al nostro paese, come pure si è fatto forse non senza fondamento, non può esimere chi ne è rimasto vittima da una seria autocritica del proprio operato e delle scelte che hanno provocato l’aggregarsi di cartelli ostili tanto potenti. Non offre quindi alcun alibi.

6. Le teorie cospiratorie vanno utilizzate sempre con parsimonia e valutate con intelligenza e senza preconcetti, tenendo presenti tutte le variabili in gioco e la credibilità delle ipotesi che vengono fatte relativamente ai comportamenti degli attori che sono studiati. Chiamare sistematicamente in causa le iniziative trasversali ordite da organizzazioni più o meno strutturate, dalla massoneria al cosiddetto Club Bilderberg, tutte le volte che non si riesce ad afferrare cosa succeda è certamente una scorciatoia suggestiva, ma anche una tentazione da respingere.

Non perché si tratti di fenomeni ininfluenti, tutt’altro, ma perché è difficile sfuggire alla sensazione che anche le élite più spregiudicate abbiano bisogno della forza di uno Stato per realizzare i propri progetti: possibilmente di quello di volta in volta più potente, che ne può meglio assecondare le ambizioni.

La politica non si fa mai eterodirigere del tutto, anche se poteri formali e raggruppamenti di interessi possono stabilire delle importanti sinergie, soprattutto in un’epoca come quella attuale nella quale la ricchezza è straordinariamente concentrata, cosicché diventa difficile distinguere l’agenda di personalità come George Soros da quelle dei suoi alleati investiti di responsabilità istituzionali.

Per orientarsi occorre una bussola concettuale. La logica realista dell’interesse e della forza di chi lo persegue dovrebbe essere decisiva, così come l’attenta ponderazione degli indizi disponibili. Se si ha accesso alla capacità di acquisire informazioni attraverso canali riservati o impiegando strumenti come le agenzie di intelligence, il complotto può fornire orientamenti per l’indagine.

Gli obiettivi dichiarati e quelli effettivi dell’azione politica restano solo parzialmente allineati persino nella più trasparente delle democrazie, perché qualsiasi ambizione individuale e collettiva deve essere resa socialmente accettabile e capace di calamitare consensi. Imporre limiti all’analisi e alla ricognizione dei fatti accresce il rischio del fraintendimento della realtà.

Ma va evitato anche il pericolo opposto di rincorrere continuamente incubi e fantasmi, che alimentano le paranoie di un potere fragile e isolato. In ultima analisi, si deve accettare la prova dei fatti, che possono smentire o validare la tesi cospiratoria, permettendo di attribuire altri significati agli eventi."


Viene quindi presentata una posizione molto equilibrata sulle teorie del complotto, che non ne esclude la valenza potenzialmente critica e di stimolo alla ricerca. Quasi un equivalente geopolitico di quello che può essere lo scetticismo per la filosofia (secondo una tesi di Hegel che Franca D'Agostini ha sviluppato nei suoi libri).

Il fenomeno che dà il titolo a questo post, che riprendo dalle parole di Lucio Caracciolo in un intervento recentissimo nel contesto del video di Limes L'America dopo l'assalto al Congresso (al minuto 24 del video) è però qualcosa di molto diverso da un'ipotesi di complotto che si possa mettere alla prova dei fatti. Caracciolo parla della questione del “dilagare delle teorie del complotto; ormai si può dire qualsiasi cosa senza necessità di dimostrarlo, creare quindi una sorta di religione o di superstizione (…) e su questo mobilitare le masse e magari anche armarle (…)”. Allude per esempio alla “setta” QAnon, alla quale appartiene quello strano personaggio che abbiamo visto nelle foto dell’assalto comparse ad esempio su Repubblica.


Riporto qui sotto l'articolo che spiega:


Sulle teorie di Q non so quasi nulla, ma segnalo un articolo di Luca Mainoldi sul numero TEMPESTA SULL'AMERICA di Limes (11/2020): Il mistero QAnon: America profonda contro Stato profondo

Qui però non voglio affrontare un'analisi di questo specifico fenomeno, ma lanciare un allarme sulle conseguenze più ampie che il diffondersi indiscriminato (cioè non accompagnato da un adeguato spirito critico) di fenomeni simili ha nella nostra contemporaneità.

Questo diffondersi provoca (ma anche: è provocato da) due fenomeni fra loro collegati:  la crisi della verità come valore (più precisamente: crisi del rispetto per la verità come concetto-guida delle discussioni intorno a qualsiasi problema) e la crisi del modello della razionalità scientifica, osservabile nel diffondersi di negazionismi vari, correnti di rifiuto dei vaccini e rifiuto della scienza medica in generale.

Cosa può fare la filosofia? Cosa il mondo della formazione scolastica e il mondo della cultura?