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Emilio Sanfilippo, nel suo post La strategia ontologica di Quine spiega la famosa frase di Quine "essere è essere il valore di una variabile vincolata" dicendo che secondo Quine il modo migliore per stabilire che cosa esiste è partire da una buona teoria sul mondo (possiamo intendere: una teoria scientifica) e stabilire quali sono i presupposti ontologici di tale teoria. Associa poi tale idea di Quine con la teoria dell'oggetto di Meinong, che voleva costruire una scienza di tutti gli oggetti, libera dal pregiudizio a favore del reale, che potesse occuparsi anche degli oggetti possibili, pensabili, irreali. Ci sarebbe del relativismo sia in Quine (definiamo ciò che è sempre in relazione a una specifica teoria sul mondo...) sia in Meinong (definiamo che cosa è oggetto sempre all'interno di singoli contesti o domini).
Io continuo a vedere (come tutti, in generale) una profonda frattura fra Quine e Meinong, bene evidenziata nel libro di Berto L'esistenza non è logica (ma anche Sanfilippo fa notare la questione cruciale degli oggetti inesistenti...), e ritengo che la frattura sia da far risalire alla divaricazione fra metodo fenomenologico e metodo analitico: la prospettiva di Quine riflette la grande attenzione riservata dalla filosofia analitica ai risultati delle scienze naturali ed esatte, mentre la prospettiva di Meinong riflette l'interesse prioritario della fenomenologia per i vissuti e la loro classificazione, ed è attenta ai prodotti dell'immaginazione, quindi proiettata verso l'arte.
L'ontologia attuale è quindi attraversata da questa scissione, che può rivelarsi però feconda se si prende coscienza della storia e delle motivazioni che stanno alla base delle due diverse prospettive filosofiche, quella fenomenologica e quella analitica, e soprattutto se si cerca di metterle in comunicazione e in rapporto di scambio considerando la loro comune radice nelle finalità più ampie della filosofia in generale.