In
Barlumi per una filosofia della musica (2007) Giovanni Piana scrive, nella sezione iniziale del libro,
– Pensare non significa affatto gettare un pensiero qui e un altro là. Un pensiero soltanto non è nemmeno un pensiero. Il pensiero deve essere, in un modo o nell’altro, organico.
– Non è affatto il caso di guardare con sospetto i “sistemi filosofici” del passato proprio perché essi non erano altro che modi, spesso mirabili, di realizzare quell’esigenza sistematica che fa parte del pensiero stesso. D’altra parte, scoprirai prima o poi che ogni sistema, considerato da vicino si frantuma in una infinità di problemi di dettaglio, e che autori che vengono lodati per la libertà intrinseca che sarebbe concessa da uno stile frammentario, nei mille e mille pensieri che propongono, hanno alcuni pochi pensieri fondamentali che formano i centri intorno a cui gravitano tutti gli altri.
In un testo di due anni dopo,
Un percorso attraverso i problemi della filosofia della musica, Piana parla del testo precedente, spiega che è “fatto di frammenti, pensieri rapidi, analogie, citazioni di altri autori, talora commentate, talaltra no.” e ribadisce che “nonostante questa scelta di stile, continua piacermi un pensiero fortemente organizzato. In altre parole, ho una certa nostalgia per il “sistema filosofico” – non esito a confessarlo.” (Nel 1991 Piana aveva pubblicato un testo,
Filosofia della musica, fortemente organico e sistematico.)
Mi interessa qui sottolineare questa tesi secondo cui il pensiero, e quindi la filosofia, ha intrinsecamente una vocazione sistematica. Mi trovo d’accordo e trovo una analogia con quanto sostiene Franca D’Agostini nei suoi lavori, in particolare in
Nel chiuso di una stanza con la testa in vacanza, e cioè l’esigenza che la filosofia torni ad essere teoria generale. Sostiene che: “Le discipline filosofiche sono diventate fiduciose in se stesse, mentre la filosofia generale, o meglio la metafilosofia, continua a mantenersi fedele alle limitazioni di un tempo” (qui intende la tesi postmodernista dell’impossibilità di produrre metateorie globali, che giudica in realtà insostenibile perché auto contraddittoria: è una teoria della fine delle teorie…). La D’Agostini si propone di mettere ordine nella situazione metafilosofica attuale, mostrando convergenze sui metodi e sugli obiettivi generali che tutte le ricerche filosofiche di fatto in qualche modo presuppongono : ci sono di fatto accordi fra chi opera nello stesso settore disciplinare (e il pluralismo casomai è proprio nella proliferazione dei settori specialistici della ricerca filosofica, ma ciò non deve destare preoccupazione così come non la desta il proliferare dei settori di ricerca scientifica). L’indagine sui concetti fondamentali (ciascuno dei quali racchiude uno o più problemi filosofici tradizionali) è il terreno comune su cui i filosofi possono ancora confrontarsi.
Tornando alle affermazioni di Piana credo si possano sviluppare dicendo che il pensiero tende di per sé al sistema in quanto i concetti fondamentali sono collegati di fatto uno all’altro e quindi indagandone uno si finisce per essere portati a indagare quelli ad esso vicini e così via.
Ancora, però, di veri e propri nuovi sistemi filosofici non mi pare ce ne siano… Coraggio filosofi! Bisogna
osare! Magari anche solo abbozzare sistemi, disegnarne lo scheletro. Pensare a cosa dovrebbe contenere un sistema filosofico attuale.
Proviamo a fare come Borges, che per vincere la resistenza a scrivere in modo narrativo cominciò a scrivere una recensione a un romanzo immaginario.
Proviamo a scrivere una recensione a un immaginario sistema filosofico attuale, a descriverlo come se esistesse anche se ancora non esiste...
vedi Appunti per un sistema filosofico
cfr. Qualcosa esiste, ma come?