25 maggio 2020

SULLA NATURA UMANA e SU 7 REGOLE PER UNA FILOSOFIA qualitativamente COMPLETA



                                               



Se siamo filosofi e intendiamo mettere al centro del nostro interesse il tema della “natura umana”, inteso nella sua portata sia teoretica (orientati quindi alla verità) sia pratica (orientati quindi al bene), abbiamo innanzitutto da fare i conti con la nostra tradizione, con la tradizione propriamente filosofica.
Ma abbiamo anche da fare i conti con la scienza:

Nel caso che sia sfuggito a qualcuno, la nascita di una scienza della natura umana empiricamente affidabile rappresenta la grande rivoluzione scientifica della seconda metà del XX secolo. Lo sviluppo delle scienze cognitive (psicologia e neuropsicologia cognitiva, intelligenza artificiale, linguistica, antropologia e scienza sociale cognitiva) e delle neuroscienze, insieme ai progressi di genetica e biologia, a cui si aggiungono nuove discipline di confine, come la psicologia evoluzionistica, hanno radicalmente mutato il quadro complessivo in cui interrogarsi sulla “natura umana”.

Michele Di Francesco, Neurofilosofia, naturalismo e statuto dei giudizi morali, in «Etica & Politica», IX, 2007, 2, pp. 126-143, nota 2 di p. 127

Ma abbiamo anche da fare i conti con l’arte.
Questa ultima idea mi arriva dopo aver visto La ballata di Buster Scruggs, notevolissimo film dei fratelli Coen, che è una specie di piccolo “trattato” sulla natura umana e sulla morte, sul tema della imprevedibilità, sul caso e sulla precarietà della condizione umana. Nell’arte troviamo una miniera di idee, di pensieri, sulla natura umana, che sarebbe un vero peccato non considerare. Quante cose sulla natura umana, per esempio, possiamo imparare leggendo I miserabili? Quante leggendo la Recherche? Ma  è chiaro che qui l’elenco potrebbe continuare per parecchio…

Questo non per dire che il compito si fa ancora più vasto, e quindi impossibile da realizzare. Sarebbe così se si avesse la pretesa della completezza nel virtuale dialogo con le fonti.
Ma l’idea è che sulle questioni filosofiche, e su quella della natura umana in particolare (che le contiene quasi tutte: il problema della mente, il problema del libero arbitrio, il problema morale, il problema politico… in pratica anche il problema di una interpretazione della natura… o possiamo più semplicemente dire che tutti i problemi filosofici sono collegati fra di loro!?) :

1) la filosofia ormai (già da un pezzo) non può bastare a sé stessa, perché

2) deve tenere conto dei risultati delle scienze, se non vuole condannarsi all’irrilevanza, ma

3) non deve appiattirsi solo sulle scienze, perché le questioni non sono puramente conoscitive, ma sono anche interpretative e pratiche. Quindi deve valorizzare il proprio punto di vista, filosofico, nella ricezione e nel dialogo con le scienze, ma

4) deve (o meglio, può) anche attingere dalle arti

5) senza pretesa di completezza quantitativa, ma aspirando a una completezza qualitativa.

Spiego meglio il punto 5. Così come verso le scienze c’è un compito, per la filosofia, che è quello di “tradurre” dai linguaggi specialistici, di mettere in comunicazione le diverse specializzazioni scientifiche e soprattutto mettere in rapporto la prospettiva scientifica con quella del “mondo della vita” nel senso husserliano, o più semplicemente col senso comune, così verso le arti c’è il compito, per la filosofia, di tenere conto della grande ricchezza interpretativa, riflessiva, orientativa, ma anche conoscitiva, che esse producono sul tema della natura umana e della vita in generale (quindi anche ovviamente sui temi della morte, del male eccetera). Ma senza pretendere di dover leggere tutta la letteratura o conoscere tutta la storia dell’arte eccetera, bastano alcuni grandi classici della letteratura, della pittura, della musica, ma “tradotti” o comunque considerati in rapporto alla filosofia e in rapporto alle scienze, perché

6) la filosofia è l’arte del dialogo, ormai solo o quasi solo virtuale (cioè non in presenza fisica e diretta), ma attraverso il far proprio, nel proprio pensiero, quello degli altri, delle altre discipline e delle altre forme culturali,

7) guardando sempre a quello che succede nel corso del tempo e in altri luoghi rispetto a quello in cui ha origine (per esempio adesso, ovviamente, guardando agli effetti della pandemia…)

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