9 agosto 2022

Paradosso minore di Harari (l'affermazione della "realtà immaginata") e altre considerazioni critiche sulla sua ontologia

 




Stiamo leggendo Sapiens. Nel capitolo 2 (cuore della Parte prima, sulla Rivoluzione cognitiva), alle pp. 46-47 leggiamo:

I tipi di cose che la gente crea attraverso questa rete di storie vengono chiamate, nei circoli accademici, "costrutti sociali"o "realtà immaginate". Una realtà immaginata non è una bugia. (...) A differenza della menzogna, la realtà immaginata è qualcosa in cui tutti credono [corsivo mio]; e, fintantoché questa credenza comune persiste, esercita un'influenza sul mondo. (...)  Alcuni stregoni sono ciarlatani, ma in gran parte credono davvero nell'esistenza di dèi e demoni. Molti milionari credono sinceramente nell'esistenza di del denaro e delle società a responsabilità limitata. Molti attivisti credono sinceramente nell'esistenza dei diritti umani. Nessuno mentiva quando, nel 2011, le Nazioni Unite richiesero che il governo libico rispettasse i diritti umani dei suoi cittadini, anche se le Nazioni Unite, la Libia e i diritti umani sono invenzioni della nostra fervida immaginazione.

Dall'inizio della Rivoluzione cognitiva Homo sapiens ha dunque vissuto una realtà duale. Da un lato, la realtà oggettiva di fiumi, alberi e leoni; dall'altra, la realtà immaginata di dèi, nazioni e società per azioni. Col passare del tempo, la realtà immaginata è diventata via via sempre più potente, di modo che oggi la sopravvivenza stessa di fiumi, alberi e leoni dipende dalla benevolenza di entità quali gli dèi, le nazioni e le società per azioni.

1) Entriamo innanzitutto in una questione logica. L'affermazione che ho evidenziato in corsivo è paradossale, in senso stretto autocontraddittoria. Mi spiego: se io affermo «la realtà immaginata è qualcosa in cui tutti credono» anche io, che la sto affermando, dovrei crederci. Ma Harari ha appena poco sopra sostenuto che dèi, nazioni, denaro e diritti umani non esistono, quindi almeno lui sembrerebbe non credere nella "realtà immaginata". L'affermazione allora si potrebbe correggere, per togliere la contraddizione, trasformandola in «la realtà immaginata è qualcosa in cui quasi tutte le persone tranne l'autore di questo libro, alcuni filosofi e forse anche i lettori di questo libro, credono». In questo modo, però, l'affermazione si depotenzia non poco, soprattutto se pensiamo che i libri di Harari sono diventati bestsellers di livello mondiale...

2) Seconda questione: a me sembra che il senso in cui si può affermare l'inesistenza degli dèi sia diverso dal senso in cui si può affermare l'inesistenza del denaro e l'inesistenza dei diritti umani. Non sono ancora in grado di spiegare bene le differenze, ma arriverei a dire che per ogni affermazione di inesistenza occorre fare un caso a sé...

3) Il fatto che la realtà immaginata sia diventata sempre più potente (cosa che rispetto agli dèi è forse discutibile, tenendo conto del fenomeno della secolarizzazione...) sembrerebbe mettere in dubbio l'affermazione dell'inesistenza delle cose di cui tale realtà si compone, stando a un principio ontologico piuttosto condiviso in filosofia, per il quale se la cosa x produce effetti, ha conseguenze causali, allora x esiste.

4) Non si capisce bene se l'ultima frase citata sia una battuta o una tesi da approfondire; in ogni caso questa sorta di "dualismo ontologico" tra realtà naturale e realtà immaginata sembra configurarsi anche come una sorta di manicheismo per cui il bene starebbe dalla parte della realtà naturale e il male dalla parte della realtà immaginata?


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