Possiamo dire che siamo arrivati al punto che l'orientamento religioso somiglia all'orientamento sessuale? Per cui normalmente non se ne parla, non si chiede, e poi invece alcuni fanno coming out... (non so, ad esempio Giorello che scrive "Senza Dio", o Vattimo che scrive "Credere di credere") Solo che c'è una differenza: nell'ambito dell'orientamento sessuale c'è una chiara e diffusa "presunzione di eterosessualità" e l'eventuale coming out è per dichiararsi gay o lesbica; nell'ambito dell'orientamento religioso non mi pare si possa oggi dire che c'è una "presunzione di religiosità", né una "presunzione di ateismo". Mi sbaglio? Quindi la situazione sull'orientamento religioso è ancora più sospesa: non possiamo presumere niente di probabile su quello che gli altri credono o non credono, ma non possiamo neanche chiedere... Un bel garbuglio!
17 febbraio 2012
Il destino delle Weltanschauung. Orientamento religioso e orientamento sessuale: analogie e differenze. Capire Hegel: bibliografia
16 febbraio 2012
I tormenti della filosofia. La frattura Preve-Fusaro versus tutti (o quasi) gli altri. Il mistero di Hegel
12 gennaio 2012
La filosofia in Jovanotti. Riflessioni filosofiche sull'album ORA. Terza puntata
Voglio provare adesso a dire qualcosa sulla canzone L'elemento umano, una delle più scopertamente filosofiche.
Il "ritornello" si compone di queste due frasi:
Noi siamo l'elemento umano nella macchina
e siamo liberi sotto alle nuvole.
Questo ritornello compare tre volte. La prima e la terza, dopo alcune ripetizioni delle stesse due frasi, il ritornello si conclude con questa variante:
e ci facciamo del male per abitudine.
si parla coi cani, si stringono mani
si fa spesso finta di essere qualcosa
si guarda il tramonto, si arriva in ritardo
ci piovono addosso macerie di vita esplose
si fanno dei figli,
si sognano sogni
si fanno castelli di sabbia sul bagnasciuga
si infilano perle di vetro nelle collane e si progetta una fuga
si accusano gli altri, si saltano i pasti
si scende sotto a portare la spazzatura
si spianano rughe, si spigano spighe
si fa i conti con i mille volti della paura
si nasce in un posto, si prende una barca per arrivare dove poter nascere ancora
si mettono fiori tra pagine di diario per ricordarci un momento di vita vera
Si fanno dei piani, si stringono mani
si firmano accordi che prevedono una penale
si sputa per terra, si perde la guerra
Si pensa che alla fine poi tanto e' sempre uguale
si muove la torre, si copre l'alfiere,
Si passa una giornata a difendere cio' che e' perso
si scopre di avere un immenso potere ma non e' mai abbastanza
Quest'ultima frase mi sembra riassumere il senso generale della canzone, e questo senso lo espliciterei dicendo che le azioni umane si sollevano, emergono al di sopra del livello della grande macchina degli eventi imperscrutabili, e poi però ritornano dentro la grande macchina; navigano al di sopra e dentro di essa, possono costruire cose, adottare strategie, ma il potere delle azioni umane non è mai abbastanza per riuscire a modificare la macchina stessa nel suo insieme. Siamo una parte libera di una totalità non libera; possiamo gestire, faticosamente, la nostra vita, ma dobbiamo fare quotidianamente i conti col fatto che la nostra vita è intrecciata e collegata con meccanismi e ingranaggi molto più grandi della nostra capacità gestionale.
Detto questo resta da capire la frase di chiusura dei ritornelli: "e ci facciamo del male per abitudine".
Innanzitutto bisogna decidere in che senso intendere "ci facciamo del male": male a noi stessi, male agli altri, male alla specie umana? Decidiamo per tutti e tre i sensi insieme, anche perché in fondo sono tutte cose collegate. E cosa vuol dire fare del male per abitudine?
L'abitudine è il contrario della scelta, quindi con questa frase Jovanotti sembra alludere alle tesi della Arendt sulla banalità del male, e quindi anche, in fondo, alla tesi socratica dell'assenza di pensiero e di ragione come radice del male. Il male quindi non sarebbe frutto dell'esercizio della libertà, ma sarebbe proprio il risultato del non riuscire a esercitarla, il risultato del restare presi nell'ingranaggio della grande macchina, che risponde a logiche non umane...
8 gennaio 2012
La filosofia in Jovanotti. Riflessioni filosofiche sull'album ORA. Seconda puntata
Non affronterò qui le "canzoni d'amore" dell'album, che sono tante e molto belle. Salterò quindi Tutto l'amore che ho, Le tasche piene di sassi, Amami, Il più grande spettacolo dopo il big bang... Devo dire però che se si vuole avere una visione completa del "mondo" di Jovanotti bisogna ascoltarle e apprezzarle, e rendersi conto che molto del suo modo di pensare e affrontare la vita è sostenuto, evidentemente, dalle sue esperienze amorose, dalla sua grande capacità di amare e di ricevere amore. La spina dorsale del famoso ottimismo di Jovanotti è certamente l'esperienza amorosa, che lui è in grado di esprimere in modo eccellente e che ha naturalmente una dimensione universale: la quantità di spazio che dedica a questo argomento, nell'economia dell'album, sta a significare la grande importanza che questa componente ha per lui ma anche l'importanza che deve avere per ciascuno, se vogliamo imparare qualcosa dalle sue canzoni. Impegnarsi in un rapporto amoroso, viverlo fino in fondo, è tra le cose fondamentali, a cui nessuno deve rinunciare. Amare e lavorare furono indicati un giorno da Freud come i due aspetti fondamentali della vita umana.
Pur non affrontando la tematica dell'amore, voglio ricordare qui due frammenti che danno un po' la misura della profondità di Jovanotti su tale argomento.
tu fai ciò che voglio
mentre faccio ciò che vuoi
( in Amami)
che abbiamo fatto a pugni,
io e te, io e te...
fino a volersi bene,
io e te, io e te...
( in Il più grande spettacolo dopo il big bang)
La capacità di sostenere l'altro nei suoi desideri, la necessità di affrontare la negatività, l'aggressività, per riuscire ad arrivare ad un rapporto vero, profondo, sono elementi essenziali dell'amore che Jovanotti mostra di conoscere molto bene.
4 gennaio 2012
iPad: le mie (iniziali) esperienze
Vero motivo: sono rimasto affascinato dalla pubblicità vista in tv, e ancora più affascinato quando l'ho provato alla Fnac.
Devo confessare che da quando lo possiedo è iniziata una sorta di innamoramento per questo oggetto, che ha per me qualcosa di magico.
Cerco adesso di razionalizzare, di capire in cosa consiste questo fascino.
Ha quasi le stesse potenzialità di un pc portatile ma molta meno memoria, e, altra cosa in meno, non si possono scaricare programmi da internet. In compenso però si possono scaricare innumerevoli "app", cioè applicazioncine che servono a fare un po' di tutto, "mimando" quello che può fare un pc, ma anche altre cose, concepite appositamente per l'iPad.
Il fascino e la specificità dell'iPad, a mio avviso, risiedono nella sua grande maneggevolezza, trasportabilità e autonomia (batteria che dura come quella di un cellulare, quindi rende l'oggetto veramente autonomo dall'alimentazione a corrente: lo puoi usare un po' dovunque, per esempio io lo sto usando molto a letto, la sera prima di addormentarsi o sul divano, in poltrona...) e nelle potenzialità dello schermo " toccabile": la tastiera non esiste, o meglio compare una tastiera virtuale quando occorre, e scompare quando non serve, e il contatto diretto con lo schermo, per scrivere, disegnare o per giocare, è molto più bello che non l'uso del mouse.
11 dicembre 2011
La filosofia in Jovanotti. Riflessioni filosofiche sull'album ORA. Prima puntata
11 ottobre 2011
Il dilemma del libero arbitrio secondo Alfredo Civita
L'immagine che ho scelto per accompagnare questo contributo, graditissimo, di Alfredo Civita è un'opera di Peter Hohloch dal titolo Free Will.
12 settembre 2011
Inconscio e libertà. Risposta di Alfredo Civita
6 settembre 2011
"C'è davvero una realtà in sé?" = "C'è Dio?"
Ovviamente non basta affermarlo o negarlo ma occorre argomentare, come sempre in filosofia. Certamente, inoltre, se se ne afferma l'esistenza occorre poi anche dare almeno un'idea di cosa sia, e qui le possibilità tornano numerosissime. Ma la questione base, ontologica, rispetto a Dio mi sembra ineludibile e i filosofi sono chiamati a esprimersi chiaramente.
Cfr , su analogo argomento, in questo blog L'inoltrepassabile
2 settembre 2011
L'inconscio e la libertà. Lettera aperta ad Alfredo Civita
Il tratto essenziale dell'inconscio psicoanalitico risiede nel fatto che i contenuti che lo abitano e lo animano hanno un carattere motivazionale. Essi motivano, dall'oscurità della vita inconscia, emozioni, pensieri e comportamenti della vita cosciente.
svolgono il ruolo di potenti motivazioni in rapporto al pensiero e al comportamento dell'individuo.
L'Io cosciente s'illude di padroneggiare in piena libertà i propri desideri, il proprio pensiero, la condotta; in realtà le reali motivazioni si trovano nelle profondità del suo inconscio emotivo.
La pulsione produce uno stimolo sull'organismo, generando il bisogno di neutralizzare lo stimolo stesso.Il bisogno generato dalla pulsione, provenendo dall'interno dell'organismo, è qualcosa da cui non si può sfuggire, deve essere affrontato. I due esempi fondamentali sono la fame e il desiderio sessuale. Dopo aver analizzato il concetto di pulsione (Trieb) e averlo distinto da quello di istinto (Instinkt) (le pulsioni hanno una grande variabilità quanto al loro sviluppo e soddisfacimento, mentre gli istinti sono schemi di azione rigidi) tu chiudi la parte dedicata a questo tema (1.3) con questa frase:
Le pulsioni si attestano quindi come le motivazioni fondamentali della vita umanaTralasciando la pulsione di morte (pur da te ampiamente analizzata) a me resta una questione in sospeso (seconda domanda): le pulsioni sono inconsce? Non siamo forse ben consapevoli del nostro bisogno di cibo e dei nostri desideri sessuali? Forse all'epoca di Freud la sessualità era molto più celata e forse le persone tendevano a non confessare nemmeno a se stesse i propri desideri più "spinti", ma che la sessualità occupi una parte importante della vita psichica cosciente l'aveva già riconosciuto Schopenhauer ben prima dell'epoca di Freud! E' chiaro che dal punto di vista di chi si chiede se l'inconscio rappresenti una "minaccia" per la libertà umana questo punto è importante, perché un conto è un bisogno dal quale non possiamo sfuggire ma di cui siamo coscienti, un altro è un bisogno che oltre ad essere inevitabile è anche inconscio!
22 agosto 2011
Le varianti della bellezza
14 luglio 2011
Atteggiamento oggettivante/atteggiamento performativo
10 luglio 2011
La possibilità fisica: disputa ideale fra von Wright e Severino
4 luglio 2011
Due concetti di libertà o due concetti di concetto? Il libero arbitrio tra esperienza e metafisica
Versione scaricabile e stampabile
Ora, secondo me anche nel discorso quotidiano intendiamo cose diverse se parliamo della libertà di qualcuno senza sollevare questioni metafisiche (come la verità o falsità del determinismo) oppure parliamo della libertà dell’uomo in generale sollevando una questione metafisica. Le questioni metafisiche hanno significato, perché si riperquotono sul valore che diamo alle cose, ai fatti, alla realtà stessa. Non direi che il problema metafisico del libero arbitrio sia un falso problema. Direi che è il caso di affrontarlo come problema che appartiene all’ambito delle concezioni generali sull’uomo e sul suo posto nel contesto naturale, e sia utile invece proprio farlo rientrare fra i problemi su cui anche i non filosofi possono riflettere per arricchire la consapevolezza di sé e chiarire la loro visione generale delle cose. Azzarderei l’ipotesi che una tacita (implicita, non riflessa) accettazione della negazione del libero arbitrio possa aver contribuito alla crisi della morale e al rifiuto della responsabilità, cioè la capacità di giustificare le proprie scelte di fronte a chi ci sta intorno.