H. Skjervheim (nella foto), in Objectivism and the Study of Man (Oslo 1959) (cit. in Habermas, Teoria dell'agire comunicativo, ed. it. Il Mulino 1986, p. 190 e sgg.) distingue fra due atteggiamenti di fondo: att. oggettivante e att. performativo. E' oggettivante chi nel ruolo della terza persona osserva o fa enunciazioni su qualcosa nel mondo. E' performativo chi nel ruolo di prima persona entra in relazione intersoggettiva con un seconda persona. Questa duplice possibilità riflette secondo Skjervheim una "ambiguità fondamentale della condizione umana": l'Altro è là sia come oggetto per me sia come altro soggetto con me.
Questa ambiguità si riflette (e forse genera) il problema del libero arbitrio, nel senso che verso un agente posso o osservare e cercare di spiegare il suo comportamento trattandolo come un "oggetto" alla stregua di altri oggetti natuarali (un atteggiamento spinoziano, che prescinde completamente dal considerare l'agente come dotato di libero arbitrio), oppure posso entrare in rapporto e concordare azioni comuni/contrastarne l'azione perché la ritengo sbagliata, moralmente riprovevole ecc. Posso assumere l'uno o l'altro atteggiamento, ma non entrambi contemporaneamente.
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