Il post precedente, linkato sulla pagina facebook di Francesco Berto (il filosofo nella foto qui sopra), ha aperto una discussione a mio avviso molto interessante, della quale vorrei qui riferire i punti salienti.
Un primo punto riguarda la reale situazione a proposito della "colonizzazione del territorio filosofico" fra analitici e hegeliani. Mauro Bompadre e Francesco Berto hanno sostenuto, ma credo sia quasi un dato di fatto, che la situazione è nettamente sbilanciata a favore degli analitici, che costituiscono una sorta di canone implicito, se non per la scelta dei temi almeno per l'adozione della modalità di approccio, per lo stile. Insomma la filosofia (occidentale) è, o sia avvia a diventare fra non molto, analitica.
Resta però un problema, segnalato da Berto: "c'è un bel po' di divario da recuperare. Occhio alle citazioni sulla Stanford Encyclopedia of Philosophy: Kripke batte Hegel 189 a 184. Aristotele è citato 689 volte, Kant 500, Heidegger 118. La colpa è precisamente dei vecchi hegeliani e heideggeriani, che anziché sgobbare un po' per farci capire, intanto, cosa volevano dire questi oscuri signori, hanno passato gli anni a parlare in hegelese o heideggerese stretto."
Un secondo punto riguarda quali siano gli studi più efficaci, scritti con metodo analitico o comunque con chiarezza e profondità, per capire Hegel.
Segnalato da più voci come validissimo il testo di Berto Che cos'è la dialettica hegeliana? Un'interpretazione analitica del metodo, Poligrafo 2005.
Altro testo importante: Angelica Nuzzo, Logica e sistema. Sull'idea hegeliana di filosofia, Pantograf, Genova 1992.
Altri riferimenti segnalati da Alice Giuliani, Mauro Bompadre e Diego Bubbio: Sistema ed Epoca di Remo Bodei, Hegel e la matematica dell'infinito di Antonio Moretto, i seminari del prof. Garelli, al dipartimento di filosofia dell'Università di Firenze (di Garelli, di prossima uscita, un testo il cui titolo promette molto: Hegel e le incertezze del senso, ETS, Pisa 2012), "le vecchie lezioni di Severino alla Cattolica, pubblicate però solo recentemente", i lavori di Paolo Zellini, Illetterati, Pippin, Pinkard, Redding, Testa, Perelda, Ferrarin, Pasini.
Un terzo punto riguarda l'atteggiamento della filosofia contemporanea nei confronti del problema del senso (o eventualmente non-senso) complessivo del mondo. Berto dice: "Non c'è uno serio [tra i filosofi]
che ti dia la Weltanschauung". Questo mi pare un punto cruciale per capire la situazione della filosofia oggi. Un dominio quasi completo dell'atteggiamento analitico, con il grande vantaggio della chiarezza, della comunicabilità e condivisibilità dei risultati, di un lavoro quasi "di squadra" come nelle scienze, ma al prezzo di una rinuncia al prendere posizione in prima persona sulle grandi questioni metafisiche, ad esempio sull'esistenza di Dio.
Si è ragionato sul fatto che oggi chiedere a qualcuno (filosofo, ma la constatazione si può estendere un po' a tutti) se è credente o no è un po' come invadere la sfera privata, e allora a me è venuto in mente un paragone fra l'orientamento religioso e l'orientamento sessuale:
Possiamo dire che siamo arrivati al punto che l'orientamento religioso somiglia all'orientamento sessuale? Per cui normalmente non se ne parla, non si chiede, e poi invece alcuni fanno coming out... (non so, ad esempio Giorello che scrive "Senza Dio", o Vattimo che scrive "Credere di credere") Solo che c'è una differenza: nell'ambito dell'orientamento sessuale c'è una chiara e diffusa "presunzione di eterosessualità" e l'eventuale coming out è per dichiararsi gay o lesbica; nell'ambito dell'orientamento religioso non mi pare si possa oggi dire che c'è una "presunzione di religiosità", né una "presunzione di ateismo". Mi sbaglio? Quindi la situazione sull'orientamento religioso è ancora più sospesa: non possiamo presumere niente di probabile su quello che gli altri credono o non credono, ma non possiamo neanche chiedere... Un bel garbuglio!
Nessun commento:
Posta un commento