6 settembre 2020

Harari e il libero arbitrio

 



Per dare un’idea di come viene utilizzata l’idea del libero arbitrio nell’epoca contemporanea, voglio citare alcuni passaggi di 21 lezioni sul XXI secolo (ed. italiana Bompiani 2018), l’ultimo libro della trilogia di Yuval Noah Harari, lo storico israeliano le cui opere sono diventate bestseller internazionali. Nel capitolo 3, intitolato “Libertà”, troviamo queste parole:


La narrazione liberale mette la libertà umana al primo posto nella scala dei valori. Afferma che in definitiva tutta l’autorità si fonda sulla libera volontà degli individui, come espressione del loro sentire, dei loro desideri e delle loro scelte. […] L’assunto fondamentale della democrazia è che il sentire umano rifletta una misteriosa e profonda “libera volontà”, che questa “libera volontà” sia la struttura fondamentale dell’autorità e che, anche se alcuni sono più intelligenti di altri, tutti sono liberi allo stesso modo. […] la comprensione scientifica del funzionamento dei cervelli e dei corpi suggerisce che i nostri sentimenti non siano unicamente una qualità spirituale umana e non riflettano alcun tipo di “libero arbitrio”. I sentimenti sono invece processi biochimici che tutti i mammiferi e gli uccelli usano per calcolare velocemente probabilità di sopravvivenza e di riproduzione. […] Generalmente non riusciamo a renderci conto che che i sentimenti sono in realtà calcoli, perché il rapido processo di calcolo avviene molto al di sotto della soglia della nostra consapevolezza. Non percepiamo i milioni di neuroni nel cervello che calcolano le probabilità di sopravvivenza e di riproduzione, così crediamo erroneamente che la paura dei serpenti o la scelta di un partner sessuale o la nostra opinione sull’Unione Europea siano il risultato di qualche misterioso processo di “libero arbitrio”.


Nell’intervista all’autore, realizzata nel febbraio 2019 da Cindy Spiegel, che viene riprodotta alla fine del volume, leggiamo ancora alcune cose interessanti rispetto al tema che ci interessa. Ecco come l’autore risponde alla domanda “Se gli esseri umani non sono dotati di libera volontà perché ti dai pena di scrivere libri? Quali reazioni ti aspetti rispetto a questa idea?”:


Lasciamo da parte la filosofia astratta ed esaminiamo tale questione da una prospettiva molto pragmatica. Per la maggior parte della gente la questione della libera volontà ha davvero a che fare con i processi decisionali della vita di tutti i giorni. Come scelgo che cosa mangiare per colazione? Come scelgo dove andare in vacanza? Dove lavorare? Chi sposare? Per chi votare? La gente crede di prendere queste decisioni “liberamente”. Ideologie come il liberalismo e il capitalismo incoraggiano la gente a pensarla in questo modo. Ciò rende le persone davvero poco curiose di se stesse. Finché ritengo che le mie scelte riflettano la mia libera volontà, non sarò incentivato a indagare i motivi che mi hanno portato a fare una scelta piuttosto che un’altra – ho semplicemente fatto quello che la mia libera volontà mi ha dettato. Inoltre mi identifico completamente con qualsiasi scelta io faccia, e non mi pongo domande circa le forze biologiche, sociali e culturali che in realtà hanno plasmato le mie decisioni. […] Anche se, da un punto di vista teoretico, credi alla possibilità del libero arbitrio, almeno dovresti riconoscere che questa possibilità non si attua in quasi nessuna delle scelte che operi. La libertà non è qualcosa che si ottiene in modo automatico; è qualcosa per cui occorre lottare strenuamente. [corsivo mio] Per il 99% del tempo le scelte che prendi non le prendi in modo libero ma sono influenzate da varie forze biologiche, sociali e culturali. Io sarei felice che tale oggetto chiamato “libera volontà” esistesse e che l’1% delle nostre decisioni fosse preso in totale libertà se in cambio le persone indagassero più approfonditamente quello che plasma il restante 99%.

Molte cose andrebbero dette a commento di questi due brani di Harari. Innanzitutto: non ho riportato le frasi nelle quali in questo capitolo Harari sostiene le sue tesi più importanti rispetto al senso complessivo del suo libro, ovvero la questione che gli sviluppi tecnologici nel campo dell’intelligenza artificiale e delle biotecnologie potrebbero portare verso un controllo/manipolazione delle nostre scelte da parte di “algoritmi” combinati con “sensori biometrici”, per cui l’autorità si sposterà (o forse sarebbe più corretto dire potrebbe spostarsi) dagli esseri umani ai computer. Su tale questione mi astengo qui dal commentare, perché ciò richiederebbe una presa di posizione complessiva sul testo e sulla trilogia.

Riguardo alle posizioni che Harari sostiene in riferimento alla nozione tradizionale di libero arbitrio occorre per prima cosa dire che non è affatto scontato il collegamento che pone tra la “narrazione” liberal-democratica e il libero arbitrio. Normalmente si pone una distinzione abbastanza netta tra la libertà di agire (il poter fare ciò che si vuole, in quanto non vi sono ostacoli fisici, sociali o politici che ci impediscano di realizzare le nostre volizioni, sempre nei limiti posti dalla uguale libertà degli altri), che si può anche definire “libertà politica”, e la libertà del volere, che corrisponde al concetto di libero arbitrio e significa il poter compiere delle scelte che siano realmente libere (sul significato di ciò vedremo più avanti nel dettaglio). La “narrazione liberale” pone la libertà come valore fondamentale, ma la intende tradizionalmente come libertà di agire, e molti filosofi moderni affermano l’esistenza della libertà di agire ma negano la libertà del volere. Che la democrazia presupponga il libero arbitrio, quindi, non è scontato ma è certamente un’idea interessante che merita di essere discussa più approfonditamente e sviluppata. Nella sezione 5 di questo testo accenno a un modo in cui si può pensare al nesso fra il libero arbitrio e il buon funzionamento dei sistemi liberal-democratici

 Harari riprende inoltre, come avete letto, le prospettive degli studi neuroscientifici e sembrerebbe condividere la linea dei negatori del libero arbitrio. Poi però sembra lasciare aperto uno spiraglio: il libero arbitrio ha una natura misteriosa, potrebbe anche esistere, ma riguarderebbe una minima percentuale delle nostre scelte. È molto interessante l’argomento che propone, secondo il quale se crediamo nel libero arbitrio siamo portati a non indagare sulle motivazione delle nostre scelte e sui nostri sentimenti, preferenze o desideri. Su questo mi limito ad osservare che le discussioni filosofiche sul libero arbitrio, dal momento che hanno sempre contemplato anche i suoi negatori o detrattori, hanno in realtà contribuito molto a sviluppare la discussione sulle motivazioni profonde delle nostre scelte, sui “determinanti delle intenzioni”: il libero arbitrio in filosofia non è mai dato per scontato, se non altro perché anche i filosofi che lo considerano un presupposto, o qualcosa di auto-evidente, si sono sempre dovuti scontrare con avversari molto agguerriti.

Sono molto d'accordo con Harari sull'idea (vedi sopra la frase che messo in corsivo) che il libero arbitrio non sia qualcosa di già pronto e disponibile nella natura umana, ma sia qualcosa che può essere conquistato, raggiunto almeno in parte (infatti è qualcosa che esiste in gradi), dopo un processo di auto-formazione e di lavoro su se stessi.

Infine Harari, proprio alla conclusione del suo volume, nel capitolo dedicato alla meditazione, dopo un ultimo richiamo alla minaccia che potranno in futuro essere gli algoritmi a «decidere per noi chi siamo e che cosa dovremmo sapere di noi stessi», scrive una frase nella quale l’idea di libero arbitrio è ancora richiamata: «Ancora per pochi anni o decenni, avremo facoltà di scegliere [corsivo mio]. Se ci impegniamo, potremo ancora indagare chi siamo davvero. Ma per cogliere questa opportunità, dobbiamo farlo subito.»


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