2 giugno 2010
Il senso della domanda "Che cosa esiste?". Leggendo Achille Varzi...
Credo che la domanda ontologica fondamentale si possa riformulare così: "A quali, fra le cose che è possibile nominare, corrispondono entità nel mondo? Quali altre cose esistono oltre a quelle che sono contemplate nel nostro linguaggio?"
Usando la terminologia di Achille C. Varzi, in certi casi si tratta di "eliminare entità presunte" (quando la filosofia soffre di "allucinazioni"), in altri di "introdurre entità nascoste" (quando soffre di "miopia") (A.C. Varzi, Il mondo messo a fuoco. Storie di allucinazioni e miopie filosofiche, Laterza 2010).
Ma allora, se le cose stanno così, perché continuare a rispondere, alla domanda "Che cosa esiste?", "Esiste tutto." (la risposta di Quine, che Varzi fa propria) ??
Lo stesso Varzi afferma che non ci sono le differenze d'altezza, la famiglia media, le probabilità, la sfortuna, le idee platoniche, i significati, i numeri... (pag. 43). Quindi in realtà anche per lui non ci sono molte cose, ma respinge la teoria degli oggetti inesistenti (la linea Meinong-Berto).
D'altra parte affermare "esiste tutto" sembra proprio equivalente a respingere un aspetto fondamentale della questione ontologica. Se lo interpretiamo come "Esiste tutto ciò che esiste" è una vuota tautologia, se lo interpretiamo come "esiste tutto ciò di cui parliamo" è una tesi che né Quine né Varzi hanno mai sostenuto.
Forse, per uscire da questa situazione, occorrerebbe riconoscere che il senso del verbo essere non è univoco, e che quindi ci sono cose di cui parliamo ma che non esistono nel mondo.
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