Spinoza, Etica, parte III, proposizione IX, scolio:
«(...) Da tutto ciò è reso evidente che noi non siamo spinti verso qualcosa, non lo vogliamo, non l’appetiamo né desideriamo perché giudichiamo che sia buono; ma giudichiamo buono qualcosa perché siamo spinti verso di esso, lo vogliamo, lo appetiamo e lo desideriamo.»
Spinoza si schiera quindi, in questo passaggio, su un versante ben preciso nel cosiddetto “dilemma dell’Eutifrone”. Così lo chiama Achille Varzi nel suo recente volume I colori del bene (Orthotes, Napoli-Salerno, 2015): «(...) il dilemma può essere inteso in senso più ampio come riferito a tutto ciò che è bene: lo apprezziamo perché è buono, o è buono perché lo apprezziamo? (...) Così inteso, è chiaro che la prima opzione corrisponde alla concezione oggettivista del bene e la seconda alla concezione soggettivista.». Spinoza si colloca quindi nel fronte dei soggettivisti. Notiamo inoltre che Spinoza in questa frase non descrive la posizione avversa dicendo ‘lo desideriamo per ché è buono’, ma dicendo ‘lo desideriamo perché lo giudichiamo buono’.
Propongo un controesempio alla tesi di Spinoza. Cerco quindi di criticare la posizione dei soggettivisti (tra cui dobbiamo inserire anche Achille Varzi...) e di sostenere la posizione degli oggettivisti (tra i quali collochiamo innanzitutto Socrate-Platone). Ecco il mio argomento. Da diverso tempo, ricevo informazioni contraddittorie – anche perché provenienti da fonti diverse e in momenti diversi – riguardo a cosa fa male o bene mangiare. Mi piacerebbe, allora, leggere un libro sull’alimentazione che abbia basi scientifiche. Finalmente, poco tempo fa (grazie a un'indicazione del dott. Enzo Soresi), lo trovo. È il libro di Eliana Liotta, con Pier Giuseppe Pelicci e Lucilla Titta, LA DIETA SMARTFOOD. In forma e in salute con i 30 cibi che allungano la vita, Rizzoli/RCS Libri, Milano 2016. (La giornalista Eliana Liotta ha scritto il libro in collaborazione con un gruppo di ricercatori dello IEO – Istituto Europeo di Oncologia – coordinati da Pelicci e Titta, quindi siamo di fronte a una dieta costruita su basi scientifiche). Leggo che il caco è uno dei cibi smart. Un giorno quindi, oltre alla solita colazione a base di yogurt e cereali, decido di mangiare anche un caco. In questo caso giudico buono (nel senso che fa bene alla salute) il caco non perché lo desidero, ma perché mi fido di quello che ho letto in quel libro, “credo” alla scienza e se questa mi dice che un certo cibo fa bene lo giudico buono.
Immaginiamo di essere di fronte a Spinoza e di avergli posto questa obiezione alla sua tesi. Come avrebbe risposto lui?
Possibile risposta di Spinoza:
«In realtà dietro al desiderio di conoscere scientificamente quali alimenti portino alla salute e quali no, vi è sempre la nostra pulsione di auto-conservazione (il conatus). Quindi giudico buono un alimento perché desidero conservare la mia salute e mi avvalgo degli strumenti a disposizione per poterlo fare, i quali mi indicano che quell’alimento soddisfa il mio desiderio.»
Riflettiamo su questa risposta immaginaria di Spinoza, ma intanto invito comunque tutti i lettori, al di là della loro inclinazione verso il fronte del soggettivismo o dell’oggettivismo etico, a leggere il libro della Liotta e a mangiare con più razionalità (e soprattutto: di meno!).
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