L’articolo di cui ci occupiamo qui è stato pubblicato da Lewis nel 1981. In quel momento, egli aveva già formulato la teoria delle controparti (in un articolo del 1968) e le teorie dei controfattuali e del realismo modale (in Counterfactuals, del 1973). È vero che il realismo modale è presentato da Lewis in modo ampio e organico solo nel 1986 (in On the Plurality of Worlds), ma quello che ci interessa notare è che nel 1981 Lewis aveva già proposto in modo chiaro il suo modo di trattare la questione della possibilità. Per Lewis, dire che l’individuo X potrebbe avere la proprietà P (che attualmente non ha) significa dire che esiste un altro mondo nel quale esiste una controparte di X (diciamo per semplificare che una controparte di X è un individuo che gli somiglia molto, che condivide molte proprietà con X) che ha la proprietà P.
Stando così le cose, ci si sarebbe potuti aspettare che, affrontando la questione classica del libero arbitrio, Lewis utilizzasse le sue teorie già formulate, essendo la nozione di libertà strettamente connessa con quella di possibilità. In altri termini, si poteva pensare che usasse il realismo modale come sfondo metafisico per rendere conto del libero arbitrio (sostenendolo o confutandolo). Invece, quello che fa, come vedrete leggendo (o rileggendo se lo conoscete già), è costruire una difesa del libero arbitrio che rinuncia completamente a fare uso dell’impianto metafisico per il quale Lewis è maggiormente famoso, ovvero il realismo modale (la teoria secondo la quale esistono innumerevoli mondi possibili che sono altrettanto reali quanto quello attuale, isolati spazio-temporalmente dal mondo attuale, e che il mondo attuale, considerato dal punto di vista di uno di questi altri mondi, non è che uno fra i tanti mondi possibili).
La scelta di Lewis, penso, si basa sul fallimento del grande filosofo inventore dell’idea di “mondo possibile” riguardo al tentativo di dare soluzione alla questione del libero arbitrio. ...
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