10 gennaio 2021

Il dilagare delle teorie del complotto

 


In un articolo (La valenza geopolitica del complotto) sul numero di Limes CHI COMANDA IL MONDO (n. 2 del 2017), Germano Dottori (docente di Studi strategici presso la Luiss-Guido Carli di Roma, e consigliere redazionale di Limes) scrive:

"5. La teoria del complotto ha dei meriti che i suoi detrattori tendono a negare per difetto di realismo. Il più grande è quello di fornire un’interpretazione degli eventi alternativa alla narrazione dominante, che spesso trascura l’apporto dei singoli e delle loro scelte alle grandi svolte storiche, oppure la piega ad altre esigenze, come la creazione e il mantenimento del consenso. Con riferimento agli episodi di cui si è dato conto, e al modo in cui una letteratura cospiratoria li ha interpretati, i totem infranti sono numerosi, a partire dal dubbio insinuato sulla vera natura della politica statunitense nei confronti dell’Europa in questo tormentato dopo-guerra fredda, non sempre benigna.

Proprio l’attitudine a esplorare i cambi di paradigma rende interessante questa particolare declinazione borderline del pensiero politologico. In un’epoca come la nostra, nella quale la solidità e la valenza delle alleanze sono continuamente soggette a revisione, pensare l’impensabile diventa infatti un elemento potenzialmente cruciale dell’analisi politica. Strutture formali e rapporti di fatto delle relazioni internazionali divergono sempre più frequentemente, come provano anche i contenuti dei cablogrammi carpiti e resi di pubblico dominio da WikiLeaks. Sta inoltre aumentando il ricorso a strumenti di azione e influenza opachi e sempre «negabili» per poter perseguire gli interessi nazionali in una condizione di assoluta impunità.

Anche nell’analisi geopolitica risulta davvero impossibile prescindere dallo studio delle cospirazioni possibili e probabili. Se la ricognizione dello stato delle cose si limitasse alla rassegna delle relazioni stabilitesi tra gli Stati tramite gli strumenti del diritto internazionale, ben poco capiremmo di quanto accade. Va quindi respinto l’uso aggressivo che talvolta viene fatto del concetto di complotto per delegittimare una lettura degli eventi che non collima con gli interessi politici che si desidera tutelare. È una pratica intellettualmente disonesta e paradossalmente rivelatrice della debolezza del messaggio che si intenderebbe invece proteggere.

È altrettanto evidente che non si può ricorrere al complotto per sfuggire alle proprie responsabilità. Affermare che si è stati allontanati dal potere da una vasta coalizione di interessi interni ed esterni al nostro paese, come pure si è fatto forse non senza fondamento, non può esimere chi ne è rimasto vittima da una seria autocritica del proprio operato e delle scelte che hanno provocato l’aggregarsi di cartelli ostili tanto potenti. Non offre quindi alcun alibi.

6. Le teorie cospiratorie vanno utilizzate sempre con parsimonia e valutate con intelligenza e senza preconcetti, tenendo presenti tutte le variabili in gioco e la credibilità delle ipotesi che vengono fatte relativamente ai comportamenti degli attori che sono studiati. Chiamare sistematicamente in causa le iniziative trasversali ordite da organizzazioni più o meno strutturate, dalla massoneria al cosiddetto Club Bilderberg, tutte le volte che non si riesce ad afferrare cosa succeda è certamente una scorciatoia suggestiva, ma anche una tentazione da respingere.

Non perché si tratti di fenomeni ininfluenti, tutt’altro, ma perché è difficile sfuggire alla sensazione che anche le élite più spregiudicate abbiano bisogno della forza di uno Stato per realizzare i propri progetti: possibilmente di quello di volta in volta più potente, che ne può meglio assecondare le ambizioni.

La politica non si fa mai eterodirigere del tutto, anche se poteri formali e raggruppamenti di interessi possono stabilire delle importanti sinergie, soprattutto in un’epoca come quella attuale nella quale la ricchezza è straordinariamente concentrata, cosicché diventa difficile distinguere l’agenda di personalità come George Soros da quelle dei suoi alleati investiti di responsabilità istituzionali.

Per orientarsi occorre una bussola concettuale. La logica realista dell’interesse e della forza di chi lo persegue dovrebbe essere decisiva, così come l’attenta ponderazione degli indizi disponibili. Se si ha accesso alla capacità di acquisire informazioni attraverso canali riservati o impiegando strumenti come le agenzie di intelligence, il complotto può fornire orientamenti per l’indagine.

Gli obiettivi dichiarati e quelli effettivi dell’azione politica restano solo parzialmente allineati persino nella più trasparente delle democrazie, perché qualsiasi ambizione individuale e collettiva deve essere resa socialmente accettabile e capace di calamitare consensi. Imporre limiti all’analisi e alla ricognizione dei fatti accresce il rischio del fraintendimento della realtà.

Ma va evitato anche il pericolo opposto di rincorrere continuamente incubi e fantasmi, che alimentano le paranoie di un potere fragile e isolato. In ultima analisi, si deve accettare la prova dei fatti, che possono smentire o validare la tesi cospiratoria, permettendo di attribuire altri significati agli eventi."


Viene quindi presentata una posizione molto equilibrata sulle teorie del complotto, che non ne esclude la valenza potenzialmente critica e di stimolo alla ricerca. Quasi un equivalente geopolitico di quello che può essere lo scetticismo per la filosofia (secondo una tesi di Hegel che Franca D'Agostini ha sviluppato nei suoi libri).

Il fenomeno che dà il titolo a questo post, che riprendo dalle parole di Lucio Caracciolo in un intervento recentissimo nel contesto del video di Limes L'America dopo l'assalto al Congresso (al minuto 24 del video) è però qualcosa di molto diverso da un'ipotesi di complotto che si possa mettere alla prova dei fatti. Caracciolo parla della questione del “dilagare delle teorie del complotto; ormai si può dire qualsiasi cosa senza necessità di dimostrarlo, creare quindi una sorta di religione o di superstizione (…) e su questo mobilitare le masse e magari anche armarle (…)”. Allude per esempio alla “setta” QAnon, alla quale appartiene quello strano personaggio che abbiamo visto nelle foto dell’assalto comparse ad esempio su Repubblica.


Riporto qui sotto l'articolo che spiega:


Sulle teorie di Q non so quasi nulla, ma segnalo un articolo di Luca Mainoldi sul numero TEMPESTA SULL'AMERICA di Limes (11/2020): Il mistero QAnon: America profonda contro Stato profondo

Qui però non voglio affrontare un'analisi di questo specifico fenomeno, ma lanciare un allarme sulle conseguenze più ampie che il diffondersi indiscriminato (cioè non accompagnato da un adeguato spirito critico) di fenomeni simili ha nella nostra contemporaneità.

Questo diffondersi provoca (ma anche: è provocato da) due fenomeni fra loro collegati:  la crisi della verità come valore (più precisamente: crisi del rispetto per la verità come concetto-guida delle discussioni intorno a qualsiasi problema) e la crisi del modello della razionalità scientifica, osservabile nel diffondersi di negazionismi vari, correnti di rifiuto dei vaccini e rifiuto della scienza medica in generale.

Cosa può fare la filosofia? Cosa il mondo della formazione scolastica e il mondo della cultura? 





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