27 giugno 2014

Contro l'infinito





«Porre un limite all'infinito è un tema ricorrente nella fisica moderna. [...] molto spesso, ciò che appare infinito non è altro che qualcosa che non abbiamo ancora capito o contato. [...] "Infinito", in fondo, è solo il nome che diamo a ciò che ancora non conosciamo. La Natura sembra dirci, quando la studiamo, che non c'è nulla, alla fine, di davvero infinito. [...] L'unica cosa davvero infinita è la nostra ignoranza.»
(C. Rovelli, La realtà non è come ci appare, Milano 2014)

Negare l'infinito reale, nella realtà fisica, equivale a credere nella conoscibilità, nella comprensibilità del mondo.

Torno a ragionare sulla Biblioteca di Babele.
Perché dobbiamo credere a questa ipotesi immaginativo-metafisica? (cioè : la quantità di ciò che è dicibile, esprimibile attraverso il linguaggio, è finita)
Perché un libro deve avere un numero di pagine finito? O anche: perché una frase non può essere infinita?
Perché altrimenti il suo senso non sarebbe, per principio, comprensibile. Potremmo capirne solo le singole parti, ma non il tutto. Ma un senso incomprensibile equivale a una assenza di senso.
L'insieme di tutto l'esprimibile non può essere infinito.

Resta sempre comunque pensabile, possibile, che la realtà (fisica) sia invece nel complesso inconoscibile, incomprensibile, quindi resta sempre possibile che sia infinita.

Ma perché qualcosa che è, di fatto, conoscibile nelle sue singole parti dovrebbe essere inconoscibile nell'insieme? Noi abbiamo già sperimentato la conoscibilità di parti della realtà, quindi abbiamo ragionevoli motivi di credere che la realtà sia conoscibile anche nella sua totalità, quindi che sia finita.

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