24 maggio 2012

La vita come manutenzione continua e il perdurare della metafisica




Manutenzione: il dizionario Garzanti recita "insieme di operazioni volte a mantenere in efficienza e in buono stato un impianto, un apparecchio, una strada, un edificio ecc."

Spesso ho vissuto con senso di grande fatica il fatto che gli oggetti un po' complicati ma di uso frequente, per esempio la lavapiatti o l'automobile, richiedano attenzioni periodiche che ne garantiscano il buon funzionamento. Già il ricordarsi di fare queste operazioni (pulire il filtro, sostituire l'olio...) mi appariva problematico.
Poi, sempre più, mi sono reso conto che non solo gli oggetti complicati ma anche la casa stessa intesa come insieme di oggetti che vanno mantenuti in ordine e puliti richiede attenzioni periodiche e soprattutto quotidiane, e in fondo la stessa cosa vale per il proprio corpo (inteso come macchina che va tenuta in efficienza e richiede attenzioni sia quotidiane sia periodiche). Ma in fondo gli stessi rapporti con le altre persone: anche quelli vanno curati quotidianamente / periodicamente, se si vuole mantenerli in buone condizioni...

Insomma, una manutenzione continua, un'attenzione costante a fare tutto ciò, ma anche a ricordare le scadenze periodiche... Tutto questo va accettato come parte essenziale dell'esistenza.

Gianni Vattimo, nella Presentazione al libro Farsi carico. A proposito di responsabilità e di identità personale, di Manuel Cruz (Meltemi 2005), scriveva: 
(...) siccome la metafisica (teoria dell'essere in quanto essere, dei fondamenti stabili e universali di ogni entità) è finita, ciò che la filosofia può e deve fare è cercare di capire il senso dell'essere nella sua configurazione odierna, giacché dell'essere non c'è una struttura stabile (sarebbe così ridotto a un oggetto, mentre è la condizione del darsi di ogni possibile oggettività) ma c'è storia, la storia delle configurazioni, o "aperture", come dice Heidegger, nelle quali via via si dà.
Vattimo qui sosteneva il proprio modo di intendere la filosofia come "ontologia dell'attualità", espressione che riprende una distinzione di Foucault fra due modi possibili di fare filosofia: analitica della verità e, appunto, ontologia dell'attualità.
In queste parole di Vattimo, che condensano anni di scritti e riflessioni e sintetizzano la sua prospettiva di filosofia "ermeneutica", traspare il discorso di Heidegger sull'errore tradizionale della metafisica, che ha sempre pensato l'essere come se fosse ente, riducendolo in sostanza a oggetto, con caratteristiche di stabilità, eternità, immobilità...

Io vorrei contestare la prospettiva di Vattimo sulla fine della metafisica (mentre mi piace conservare però anche la sua idea di fare ontologia dell'attualità, cioè di occuparsi di cosa vuol dire essere ed esistere nella contemporaneità), semplicemente dicendo che non è che la metafisica finisce perché si scopre che l'essere non è oggetto ma evento: la metafisica continua pensando in modo diverso l'essere, per esempio cambiando la nozione stessa di oggetto come qualcosa che non è affatto stabile, eterno, immobile, ma come qualcosa che è in continua tendenza al disordine e al deperimento a meno che non venga "curato" continuamente con investimenti di energia (vedi il discorso iniziale sulla manutenzione, ma pensa anche a come la fisica odierna intende la materia...).

La metafisica può continuare ad essere ricerca teorica anche se scopre che il suo oggetto non si adatta all'idea di episteme come teoria stabile, eterna, universale: di qualcosa di mutevole, diceva Platone, non può esserci che opinione, mentre solo delle idee (eterne, stabili ecc.) può esserci scienza. Errore: può esserci teoria (consapevole della propria limitatezza e aperta a possibili revisioni) anche di un oggetto mutevole: anche per dire che l'oggetto è mutevole e richiede cure continue ci vuole teoria, consapevolezza teorica. La stessa affermazione "dell'essere non c'è una struttura stabile ma c'è storia" è un'affermazione metafisica. Perché dire che la metafisica è finita? Diciamo piuttosto che è finito un certo modo di fare metafisica e se ne sta affermando un altro, di tipo analitico e che tiene d'occhio ciò che avviene nei saperi scientifici.

2 commenti:

ulrico ha detto...

Diciamo che DOVREBBE esserci una metafisica. E forse ve ne sono due. Una, quella "popolare", indotta dalle strutture grammaticali del linguaggio, qualsiasi esso sia, che determina il pensiero comune nella quotidianità diffusa. Ve ne è un'altra, invece, che deve passare per forza di cose dalla distruzione della prima metafisica. Attraversare il suo annichilimento, che in fondo ne è conseguenza necessaria, per rinvenire (creare forse) altre strutture più vitali, non solo più "attuali". In semplici parole: la metafisica degli "oggetti" immutabili muore perché troppo distaccata dalla sua radice vititale. Quale può essere questa radice? L'esistenza in quanto elemento della natura. Allora, al di là di ogni costruzione impresa o progetto, le ceneri della metafisica deperita andranno sparse sul terreno della natura. Di là c'è tutta una strada da percorrere, che i nostri tempi occidentali, ahimé, stentano ad imboccare e, finché non si libereranno dalla fregola di affermare come il mondo deve essere, non riusciranno nemmeno a sbirciare attraverso le fessure degli occhi per vedere come il mondo, a prescindere da quello umano, è e si comporta. Visione di un albero nella calura d'agosto, solo, in un campo di grano, quieto, dispiegarsi nel tempo.

Giulio Napoleoni ha detto...

Grazie "ulrico" per il tuo commento (mi scuso per il ritardo nella pubblicazione - sai che non è mai automatica ma richiede l'approvazione del blogger- ma sono giustificato dall'ora notturna in cui l'hai postato!).
DOVREBBE: è vero che non c'è attualmente UNA metafisica, nell'ambito della filosofia analitica. Ci sono però molteplici studi su singoli settori e su singoli problemi, e il bello è che i filosofi in questo campo sembrerebbero lavorare abbastanza "in squadra"... Ti rimanderei, per averne una panoramica, al bel volume a cura di Achille Varzi "Metafisica. Classici contemporanei" edito da Laterza