25 novembre 2018
La verità: il nome e il fatto. Ma quante sono le verità? Una, due, infinite??? Carlo Galli, Franca D'Agostini, Antonella Besussi
Riporto qui i miei appunti/trascrizioni parziali presi ascoltando le conversazioni di Galli, D'Agostini e Besussi, intervistati da Fahrenheit in diretta da Modena, il 14 settembre, in occasione del festivalfilosofia 2018 di Modena Carpi e Sassuolo.
Devo dire che ho provato un penoso imbarazzo nell'ascoltare come Galli e D'Agostini non riuscissero a intendersi, al di là di oggettive divergenze nelle loro differenti posizioni filosofiche riguardo all'uso del concetto di verità. Ho provato invece un certo sollievo quando Besussi è riuscita a chiarire il senso del discorso di D'Agostini in modo inequivocabile.
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Galli riprende Hobbes; quando si fa politica bisogna dimenticarsi della verità perché di verità non ce n’è una ma ce ne sono tante. E’ l’autorità e non la verità a fare la legge. Questo per evitare i conflitti sanguinosi, che all’epoca erano sulla verità riguardo a Dio (le guerre di religione).
Oggi nessuno di noi accetterebbe una legge che dicesse di sé io valgo come legge perché sono vera. Noi accettiamo le leggi non perché sono vere, ma perché sono prodotte attraverso un processo di un certo tipo.
D'Agostini : Le verità sono due, sempre solo due [vedi NOTA in fondo]. Se noi parliamo del concetto di verità, la verità è una. Se invece intendiamo per verità i diversi contenuti veri che storicamente consideriamo tali, per esempio la verità in senso religioso, e quindi nel senso dogmantico del termine, allora ci sono molte religioni e quindi ci sono molte verità. Ma chi ha detto che il concetto di verità debba essere assegnato alla religione? L’ha detto un certo personaggio, che ha detto “Io sono la verita” (Gesù). Nella cultura greca, che ha formalizzato il concetto di verità come lo usiamo ancora oggi, c’erano gli dèi, e c’era un dio per ogni concetto, ma non per il concetto di verità, la verità non era un dio, era la struttura che ci serviva per vivere. (La “verità” di Stato, espressa ad esempio nelle leggi razziali del 1938, non è la verità come aletheia, ma è menzogna organizzata)
Galli : nel Leviatano: in nome della verità l’Europa sta morendo nelle guerre di religione. In nome di Dio, che è l’equivalente cristiano della verità, abbiamo la guerra. E Hobbes dice: bene, allora teniamo la verità fuori dalla politica. Ancora oggi nella politica non si fa uso della legittimazione attraverso la verità. Il principio libera non fonda la politica sulla verità bensì fonda la politica sull’opinione. Altrimenti dovrei pensare che in politica io sono il detentore della verità e il mio avversario è il detentore della menzogna. Hobbes, di fronte alla situazione del suo tempo, decide di fare un’operazione di svuotamento della politica dai valori ultimi, i quali valori ultimi sono la molla del conflitto. Senza i valori ultimi si può convivere pacificamente pur credendo in verità diverse.
D'Agostini : La differenza delle nostre due posizioni è apparentemente irriducibile. Io sono convinta che il concetto di verità non ha alcun nesso con Dio, con lo “sguardo di Dio” come diceva Putnam; l’analisi del concetto di verità deve prescidere dal fatto che tale concetto sia stato utilizzato con pesanti ipoteche ideologico-religiose; la verità non è un concetto tendenzialmente dogmatico; a mio avviso non c’è auctoritas che non si basi sulla verità.
Galli : Io non sono d’accordo che la filosofia debba procedere attraverso l’affermazione delle proprie opinioni. Faccio fatica ad argomentare nel termine del dire “Per me Hobbes ha torto”. Lei ha detto “Non sono d’accordo con Hobbes”. Il principio della storicizzazione di un testo serve proprio ad eliminare la posizione del lettore e le sue personali opinioni. Non ho mai incontrato un luogo in cui la politica si sia presentata come legittimata dal possesso della verità. Tranne nei casi in cui si trattasse di un universo concentrazionario. Non ho mai incontrato una teorizzazione della democrazia, fondata sull’idea che la democrazia è la verità, o che è in gioco la verità. E’ in gioco la civile convivenza. Dire che oggi siamo in un’epoca diversa da quella di Hobbes… avrei dei dubbi. Ci sono parecchi conflitti in giro nel mondo (ancora basati su verità contrapposte?). Il problema della politica non è la verità, è la neutralizzazione dei conflitti.
D'Agostini: io non mi sono sognata di dire che la posizione di Hobbes sia sbagliata, né ho negato che che il concetto di verità sia stato ipotecato pesantemente con posizioni religiose e ideologiche. Non mi sono sognata di dire che non esistono molteplici verità.
Besussi:
La verità è agonistica per definizione. Non si può contare sulla verità per chiudere i disaccordi. La verità non può mettere d’accordo tutti. Nel confronto tra ragioni, se la verità è importante noi guardiamo fuori dai nostri mondi personali, se non è importante noi non riusciamo a confrontarci con gli altri.
Il confronto tra Carlo Galli e Franca D’Agositini mi sembrava un dialogo tra sordi, come giustamente diceva Franca, perché da una parte Galli insisteva sull’idea che la verità è fanatismo, ideologia, prevaricazione. Ma non è il nome della verità che ci interessa, è il fatto della verità. In genere chi si interessa del nome, del fatto se ne frega altamente. Il fatto della verità è che cercare la verità significa uscire da sé e andare nel mondo. Significa che quello che io dico non è guidato dalle mie preferenze sul mondo ma dal mondo stesso. La passione per la verità è il coraggio di misurare quello che si dice su quello che è fuori di noi. Essere rispondenti ai fatti, però, non significa essere succubi dei fatti. Non intendiamo sostenere una posizione del tipo: i fatti sono così, adeguati e piantala! Il punto è che la verità è una nostra aspirazione, è il tentativo di afferrare con le nostre credenze quello che è di fronte a noi. L’importante è ammettere che esiste qualcosa che non è stabilito da noi.
NOTA : su questa affermazione apparentemente incomprensibile ho avuto un chiarimento da Franca D’Agostini in una comunicazione personale:
«se per "verità" intendi i contenuti veri, allora sono infinite e comunque non numerabili (es. le balene sono mammiferi, oggi è una bella giornata, 2+2 = 4....)
se intendi il concetto di verità, allora è uno: è la funzione concettuale che usiamo per mettere in rapporto linguaggio (o pensiero) e mondo
se poi intendi (come si intendeva in quel contesto) le verità di cui si discute, cioè le diverse descrizioni circa un solo fatto, allora abbiamo:
prima possibilità - le diverse descrizioni sono compatibili, e non c'è problema
seconda possibilità - sono incompatibili, e allora una delle due è semplicemente falsa
terza possibilità - sono incompatibili, ma entrambe accettabili, e allora il fatto di cui parlano è contraddittorio: è un fatto del tipo 'p & non-p'
ecco dunque l'idea: al massimo le verità sono due.
Naturalmente se discuti su un fatto contraddittorio prendendo partito per 'p' oppure per 'non-p' stai descrivendo solo metà del fatto come se fosse il fatto completo.»
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2 commenti:
La D'agostini ragiona postulando la bivalenza classica, ovvero qualcosa è determinatamente Vero o falso. Un matematico costruttivista potrebbe non accettare il principio di bivalenza classico.
In realtà la D'Agostini accetta tutte le logiche non classiche, anzi teorizza proprio la necessità di adottare un pluralismo logico.
In Realismo? parla ampiamente di Priest, valorizzandolo molto. Le logiche paraconsistenti affrontano proprio situazioni di contraddizioni reali, situazioni che tipicamente la D'Agostini inquadra nell'insieme dei paradossi...
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