In un post dell'ottobre 2008, Ontologia come valorizzazione, sostenevo: "ciò che esiste è sicuramente più importante di ciò che non esiste. Se una cosa non c'è non conta nulla, non dobbiamo tenerne conto, non può influenzarci, condizionarci eccetera".
Alla luce di considerazioni per me recenti, tuttavia, sono costretto a rivedere questa posizione, o quantomeno a sollevare un dubbio in proposito.
Se fra le cose che non esistono mettiamo (oppure, in termini quiniani-varziani, "se ammettiamo che non esistono") gli oggetti/eventi "finzionali", gli oggetti/eventi passati e gli oggetti/eventi futuri, è molto difficile dire che queste cose non contano nulla. Un personaggio letterario può essere più influente e famoso di una persona reale; non parliamo di quanto possa influenzarci e condizionarci il passato. Quanto al futuro, a volte una previsione o un'attesa può essere di gran lunga più importante per noi di quello che stiamo vivendo nel presente.
Ma una delle ipotesi che vorrei proporre in questo post è la seguente: accanto a una plurivocità dell'essere (tesi che non mi voglio impegnare qui a sostenere ma che altrove ho suggerito con qualche argomentazione) si può sostenere una plurivocità del non-essere.
Il senso in cui non esiste Sherlock Holmes è diverso dal senso in cui non esiste (più) Napoleone! Anche tra oggetti/eventi passati ed oggetti/eventi futuri c'è differenza: quelli passati non sono più modificabili, quelli futuri (probabilmente) sì!
Resta invece ancora valida l'idea, per me, che uno dei risultati di una futura "ontologia per tutti" sia proprio quello di orientare e far capire ciò che è importante e ciò che non lo è. Qualcosa del genere nel pensiero contemporaneo, una sorta di ontologia (basata sul concetto di realtà) che però al tempo stesso è anche una mappa dei valori la si può trovare nel libro di Robert Nozick (il filosofo ritratto nella foto) La vita pensata. Ovviamente Platone resta l'esempio fondamentale.
Traccio di seguito un percorso di citazioni nel testo La vita pensata (The Examined Life, 1989), in modo da dare un'idea dei concetti fondamentali che utilizza e di come ha impostato il suo discorso.
"Certe volte una persona sente di essere più reale. Voi ... quando vi sentite più reali?... Qualcuno potrebbe pensare che la domanda è confusa. In tutti i momenti in cui la persona esiste, esiste, e quindi deve essere reale. ... possiamo però distinguere vari gradi di realtà. Consideriamo anzitutto i personaggi letterari. Alcuni sono più reali di altri. Pensiamo ad Amleto, Sherlock Holmes, Lear, Antigone, Don Chisciotte, Raskolnikov. Nessuno di loro esiste, eppure sembrano addirittura più reali di certe persone che conosciamo e che esistono. ... La loro realtà consiste nella loro vivacità e incisività, nella coerenza con cui sono mossi o afflitti da un determinato fine. ... Le caratteristiche che esibiscono ne fanno nuclei più concentrati di organizzazione psicologica. Simili personaggi letterari diventano simboli, paradigmi, modelli, epitomi. Sono fette estremamente concentrate di realtà.
... Opere d'arte, dipinti, pezzi musicali o poesie spesso sembrano fortemente reali. ... forse è che esse, proprio per le loro qualità, trattengono e ripagano più durevolmente l'attenzione che dedichiamo loro. In ogni caso le percepiamo più equilibrate e più nitide; le percepiamo più vividamente. Anche altre caratteristiche diverse dalla bellezza, come l'intensità, la potenza e la profondità, danno luogo a questa vivezza di percezione. ...
Anche i matematici delineano oggetti e strutture in cui proprietà molto nette si intrecciano in una rete fittamente stratificata di possibilità, relazioni, implicazioni combinatorie. Chiedere: 'Le entità matematiche esistono?' - la domanda che fanno i filosofi della matematica - non coglie il senso della loro vivida realtà- ... Stando alla tradizione, Platone riteneva che le Forme - che secondo le sue teorie erano le entità più reali - fossero (come) numeri. La sfera della matematica, con la sua chiarezza, attira la nostra attenzione per questa sua realtà.
Così come alcuni personaggi letterari sono più reali, lo sono anche alcune persone. Socrate, Buddha, Mosè, Gandhi, Gesù... ...
Anche noi, però, siamo più reali in certi momenti che in altri, più quando siamo in un certo modo piuttosto che in un altro. Sovente le persone dicono di sentirsi più reali quando stanno lavorando con molta concentrazione e attenzione... si sentono più reali quando si sentono più creative. Alcune dicono durante l'eccitazione sessuale, altre quando sono lucide e imparano cose nuove. Siamo più reali quando tutte le nostre energie sono focalizzate, la nostra attenzione è concentrata, quando siamo attenti, nel pieno dell'efficienza, e usiamo i nostri (positivi) poteri. Concentrandoci intensamente mettiamo più a fuoco anche noi stessi.
...
La sfera del reale, di ciò che possiede più di un certo grado di realtà, non coincide con ciò che esiste. I personaggi letterari possono essere reali pur non esistendo; le cose esistenti possono avere solo il grado minimo di realtà richiesto per esistere. E' possibile situare il limite inferiore della realtà al livello dell'esistenza; niente di ciò che è meno vivido e nitido di ciò che esiste potrà essere definito reale. Ma la realtà ha diversi gradi, e la realtà che qui ci interessa particolarmente sta al di sopra di questo limite inferiore minimo.
...
La "realtà" è la categoria valutativa fondamentale, oppure ce n'è un'altra ancora più fondamentale che serve a comprendere e valutarla? La categoria più basilare, per come la vedo io, è quella della realtà."
Nessun commento:
Posta un commento