13 agosto 2025

Alexius MEINONG, "Teoria dell'oggetto" (1904). Appunti di lettura

 


La traduzione italiana che ho letto è quella dell'edizione Quodlibet 2003, a cura di Emanuel Coccia.

In questi appunti di lettura riproduco la struttura del testo, riformulandone il contenuto in maniera spesso molto ravvicinata. Nel caso vi siano citazioni vere e proprie, queste sono messe tra virgolette. Nel caso di mie riflessioni, domande, interpolazioni, queste sono messe tra parentesi quadre.




1. IL PROBLEMA

L'atto del conoscere implica che vi sia un OGGETTO conosciuto.

L'atto del giudicare che vi sia un OGGETTO giudicato.

L'atto del rappresentare che vi sia un OGGETTO rappresentato.

Più complicato dire la stessa cosa per i sentimenti... ma volere implica un OGGETTO voluto; desiderare implica un OGGETTO desiderato; sentire gioia implica che ci sia qualcosa di cui/per cui il soggetto gioisce...

Ora: a chi spetta l'elaborazione scientifica di simili oggetti in quanto tali?

[Meinong dice anche, in questo primo paragrafo, «(...) che questo particolare “essere orientato a qualcosa” convenga all'accadere psichico (...)».  Va ricordato che Meinong (Leopoli 1853 - Graz 1920) fu allievo di Brentano, i cui corsi a Vienna frequentò a partire dal 1875/76, ma, scrive Venanzio Raspa nel suo contributo su Meinong ("Teoria dell'oggetto") in Storia dell'ontologia (a cura di M. Ferraris, Bompiani 2008): «Verso la fine degli anni Ottanta comincia a incrinarsi il suo rapporto con Brentano». È significativo infatti che pur richiamando la teoria dell'intenzionalità di Brentano, qui Meinong non lo nomini. Per un inquadramento culturale e filosofico di Meinong rimando al testo di Raspa appena citato. Per uno sviluppo contemporaneo delle tesi fondamentali di Meinong, riassumibili nella distinzione tra essere ed esistere e nell'idea che ci sono cose che non esistono, si veda F. Berto, L’esistenza non è logica. Dal quadrato rotondo ai mondi impossibili, Laterza, Roma-Bari 2010. Berto sviluppa una teoria definibile come meinonghianismo modale, ma la Parte prima del libro, intitolata "Breve storia di un antico errore" è dedicata a ricostruire, punteggiandola con continue critiche, tutta la vicenda della concezione predominante sul significato di “essere” (da Parmenide a Quine). Il libro di Berto sviluppa poi il punto di vista meta-ontologico alternativo a quello standard, dandogli un solido apparato formale e mostrando come possa rivaleggiare con la teoria standard sul piano della risoluzione di importanti problemi logico-ontologici.]


2. IL PREGIUDIZIO A FAVORE DEL REALE

Una scienza dell'oggetto del conoscere (l'atto del conoscere si può considerare il significato primario degli atti psichici) sarebbe una scienza costituita dalla TOTALITÀ delle scienze? Compirebbe quanto TUTTE le scienze insieme comunque realizzano? 

La scienza a cui spetta la trattazione dell'oggetto in quanto tale (o degli oggetti nella loro totalità) è la metafisica? No, perché la metafisica punta alla totalità di ciò che esiste, ma

«la totalità di ciò che esiste, con inclusione di quanto è esistito e di quanto esisterà, è infinitamente piccola se paragonata alla totalità degli oggetti della conoscenza» [Ho provato un forte piacere intellettuale, quasi fisico, nel leggere questa frase]  perché il forte interesse per il reale, che appartiene alla nostra natura, «porta all'eccesso per cui si considera il non-reale come un puro nulla (...)» ma ciò è un errore, in quanto GLI OGGETTI IDEALI "consistono" [bestehen] ma non esistono affatto, quindi non possono essere reali. Esempi: UGUAGLIANZA, DIVERSITÀ, I NUMERI [da distinguere rispetto a ciò che è numerato: «si può contare anche ciò che non esiste»], CONNESSIONE.

La connessione tra cose esistenti congiunge l'essere di queste cose, o il loro non-essere, non le stesse realtà.

L'essere o il non-essere di qualcosa sono un genere particolare di oggetti, che si trovano davanti a giudizi o assunzioni.

Definisco "Oggettivo" come: oggetto di un giudizio. Esempio: "È vero che ci sono antipodi". La verità è attribuita non agli antipodi, ma all'oggettivo "ci sono antipodi".

[Gli "oggettivi" consistono]

L'esistenza (di X) può consistere, ma non può esistere di per sé.

«ogni conoscenza che ha per oggetto un oggettivo rappresenta (...) un caso di conoscenza di un non-esistente» (p. 25)

«L'essere a cui la matematica in quanto tale deve interessarsi non è mai l'esistenza e mai essa si spinge in questo senso oltre la consistenza».

Se i matematici parlano dell'esistenza dei loro oggetti, in realtà usano "esistenza" nel significato solitamente attribuito a POSSIBILITÀ, dando un forte accento positivo a questo concetto (mentre generalmente lo si caratterizza in senso negativo)

[Vale anche per Penrose? Vedi l'inizio di La strada che porta alla realtà]


3. ESSER-COSÌ E NON-ESSERE

«(...) Ciò che è destinato ad essere oggetto di conoscenza non deve necessariamente esistere.»

Il pensiero può avere due funzioni: una funzione TETICA e una funzione SINTETICA. Nella funzione tetica il pensiero coglie un essere [un oggetto reale]. Nella funzione sintetica il pensiero coglie un esser-così (Sosein[una proprietà].

Sarebbe errato credere che si possa parlare di un esser-così soltanto presupponendo un essere: le figure geometriche non esistono, e tuttavia le loro proprietà, cioè il loro esser-così, possono essere osservate.

PRINCIPIO DI INDIPENDENZA DELL'ESSER-COSÌ DALL'ESSERE: l'esser-così di un oggetto non è affatto coinvolto dal non-essere di questo.

[anche gli oggetti della finzione hanno proprietà; ne parla diffusamente Berto nel libro sopra citato]

A questo principio sottostanno anche gli OGGETTI IMPOSSIBILI , che non possono esistere. (che è diverso da dire "che di fatto non esistono"). Es.: la montagna d'oro è d'oro; il quadrato rotondo è rotondo ed è quadrato.

«un qualsiasi non-ente deve essere in grado di costituire l'oggetto per lo meno per i giudizi che colgono questo non-essere»

«Chi ama espressioni paradossali potrebbe ben dire: ci sono oggetti per i quali vale che siffatti oggetti non ci sono» (p. 28).


4. IL FUORI-ESSERE DELL'OGGETTO PURO

L'essere di X, così come il non-essere di X, sono "oggettivi".

L'OGGETTIVO sta dinanzi al suo oggetto, come (similmente) [chiamiamola analogia Y] il TUTTO sta dinanzi alla parte. MA: Se il TUTTO è, deve essere anche la PARTE. Trasposto all'OGGETTIVO: Se l'OGGETTIVO è, anche l'OGGETTO che gli appartiene dovrà in un certo senso essere, MA questo essere non è né ESISTENZA né CONSISTENZA: è una sorta di "terzo livello", un "essere" che dovrebbe essere attribuito ad ogni OGGETTO, cui non si potrebbe contrapporre un non-essere dello stesso livello.

L'analogia Y [vedi sopra] non vale per OGGETTIVI DI NON-ESSERE, ovvero: «l'essere dell'oggettivo non dipende in alcun modo dall'essere del suo oggetto» (p. 31).

L'opposizione di ESSERE vs NON-ESSERE riguarda l'OGGETTIVO, non l'OGGETTO: 

«nell'oggetto di per sé non può porsi essenzialmente né essere né non essere»

PRINCIPIO DEL FUORI-ESSERE (Außersein) DELL'OGGETTO PURO: «l'oggetto è per natura fuoriessente (außerseind) sebbene in ogni caso dei suoi oggettivi d'essere, il suo essere o il suo non-essere, ne CONSISTA necessariamente uno.»

[Ma Meinong dice anche che non si dà una terza possibilità tra essere o non essere di un oggetto: «Ciò non significa naturalmente che un qualche oggetto potrebbe né essere né non-essere» (31). Meinong distingue esistenza (oggetti reali) e consistenza (oggetti ideali) ma la consistenza equivale a non-esistenza: gli oggetti ideali sono ma non esistono. Quindi distingue sostanzialmente tra essere ed esistere.]


5. LA TEORIA DELL'OGGETTO COME PSICOLOGIA

La Teoria dell'Oggetto  [da qui in poi TDO] non può essere la psicologia.


6. TDO COME TEORIA DEGLI OGGETTI DELLA CONOSCENZA

Ci sono oggetti anche dei giudizi falsi, delle rappresentazioni, e dei vissuti extra-intellettuali, MA TUTTI gli oggetti (in linea di principio, potenzialmente) sono conoscibili.


7. TDO COME LOGICA PURA

Rimanda alle Ricerche logiche di Husserl per la nozione di "logica pura", ma preferisce NON attribuire ad essa i compiti di una TDO. Perché? Perché la logica rimane in ogni caso una "disciplina pratica". Se purificata da ogni intenzione pratica, non la chiamerebbe più LOGICA.Concorda con l'anti-psicologismo di Husserl, MA: «i concetti non sono forse essi stessi delle rappresentazioni, elaborate magari a fini teoretici, ma comunque rappresentazioni?».


8. TDO COME TEORIA DELLA CONOSCENZA

La conoscenza è un vissuto (quindi il punto di vista della psicologia non può essere bandito dalla gnoseologia), MA dinanzi alla conoscenza sta IL CONOSCIUTO. "Psicologismo" è trascurare questo e risolvere tutta la tematica del conoscere nell'evento psichico.

«(...) la psicologia del conoscere dovrà costituire sempre una parte integrante della gnoseologia. Egli  [chi voglia evitare di cadere nello psicologismo] dovrà solo evitare di prender per psicologia quanto nella teoria della conoscenza è e deve rimanere TDO» (p. 43)

La teoria della conoscenza apre le strade giuste, coltiva i giusti interessi, verso lo sviluppo della TDO, ma questa ha una sua specificità.


9. TDO COME SCIENZA AUTONOMA

La matematica non è che una parte della TDO. La matematica compie nel suo ambito ciò che la TDO deve porsi come compito da realizzare per l'ambito globale degli oggetti. La TDO rivendica il rango di scienza assolutamente autonoma, anche se al momento si tratta di qualcosa di appena abbozzato.

[Ma allora, se la TDO include la matematica, non include anche la metafisica e la fisica?]


10.  LA TDO NELLE ALTRE DISCIPLINE. TEORIA GENERALE E SPECIALE DELL'OGGETTO

La TDO in linea di massima è una scienza che non esiste ancora: «soprattutto come disciplina speciale espressamente riconosciuta nella sua legittimità, attualmente non esiste affatto» (p. 46).Tuttavia essa è stata di fatto praticata in modo implicito in altre discipline. Problemi specifici della TDO sono stati affrontati sia in riferimento ad ambiti oggettuali specifici, sia in riferimento alla totalità degli oggetti. È presente, come teoria speciale, nella MATEMATICA e nelle sue applicazioni ad ambiti extra-matematici, per esempio con la dottrina delle probabilità, con la teoria dell'errore, con la dottrina combinatoria, con la logica matematica, con la logica non matematica (da Aristotele in poi).


11. FILOSOFIA E TDO

La TDO appartiene alla filosofia. Qual è la sua posizione rispetto alle altre "discipline filosofiche"?

La TDO è «vicina» alla metafisica. La metafisica ricerca la massima universalità possibile «nel senso di un ambito di validità il più ampio possibile dei suoi princìpi». 

La metafisica comprende l'inorganico, l'organico e lo psichico. Ma dal momento che «non esiste nulla nel mondo che non sia né fisico né psichico» ciò significa che la METAFISICA è la scienza della totalità del REALE. 

Ma UGUAGLIANZA e DIVERSITÀ si situano fuori del reale, e sono problemi compresi nella TDO. 

Ipotesi: che la metafisica sia la scienza generale del reale e la TDO la scienza generale del non-reale. L'ipotesi è troppo restrittiva, perché la TDO comprende anche gli oggetti reali.

La TDO comprende: oggetti REALI, oggetti CHE CONSISTONO (= IDEALI), oggetti INCONSISTENTI (= ASSURDI).

Dal punto di vista metodologico si può fare questa distinzione: vi sono CONOSCENZE A PRIORI dell'oggetto, che sono di competenza della TDO, e vi sono CONOSCENZE EMPIRICHE dell'oggetto, che sono di competenza della metafisica. Precisando però che «non tutto ha da essere esperito direttamente e si può altresì concludere dall'esperito al non esperito, tutt'al più anche al non-esperibile» (p. 57)


12. CONCLUSIONI

[estraggo solo una notazione metodologica che mi pare interessante, dato che il paragrafo riguarda solo riflessioni sul rapporto del presente saggio rispetto a ricerche precedenti di M. o collegate, di altri autori]

«da anni io seguo ed insegno quale principio fondamentale della ricerca la regola seguente: prima osservare e riflettere e solo in seguito leggere [la letteratura già esistente sull'oggetto della ricerca]» (p. 64)