10 novembre 2023

La sonata K126 di Domenico Scarlatti: interpretazioni diverse

 



"Questa sonata, struggente e capricciosa," scrive Christian Lorandin "esprime la profonda malinconia e l'incredibile fantasia, per non dire follia, di certi brani popolari spagnoli. È intriso di questo folklore. Acciaccature, rasgueado, modalità, modulazioni imprevedibili, tetracordo discendente, forniscono il materiale per questa pagina. La serie di arpeggi ricorrenti distribuiti tra le due mani che tessono uno spazio infinito, come la volta stellata delle calde notti andaluse che contempliamo, mentre il profumo degli aranci si mescola a qualche musica popolare che risuona in lontananza, aggiunge l'impressione di estrema solitudine e semplicità contemplativa avvertita fin dall'inizio dell'opera."

Possiamo immaginare che Scarlatti, trasferitosi in Portogallo nel 1719 e in Spagna nel 1729, abbia assistito alle prime forme di canti di origine andalusa/gitana che prenderanno poi il nome di flamenco.

In questa sonata il rimando a questo elemento culturale, a mio avviso, è evidente a partire dalla battuta n. 17, dove si introduce una melodia semplice ma estremamente sinuosa, con un intervallo di settima diminuita prima discendente e poi ascendente... 

Vi invito ad ascoltare per intero la sonata nella versione per clavicembalo di Scott Ross (qui presentata con lo spartito grazie a Miguel Fontes Meira)


Una versione alternativa a quella di Ross, sempre per clavicembalo, è quella di Frédérick Haas. Interessante, ma mi sembra che nello sforzo di essere più espressivo perde l'incalzare del ritmo, che invece Ross tiene magnificamente. 


Un altro clavicembalista che invece tiene il ritmo, ma con rallentandi espressivi efficaci, è David Louie:

 

Entriamo adesso nelle versioni per pianoforte, dove lo strumento consente di sottolineare la drammaticità della sonata. 

Ascoltiamo l'interpretazione di François Weigel, che gioca in modo (forse eccessivo! ma) divertente con le accelerazioni:


Ecco una versione per pianoforte di Andrea Molteni, che aggiunge molti "abbellimenti"...


Ed  ecco l'interpretazione di Lorandin, cha ha inserito in YouTube anche il brano descrittivo col quale abbiamo aperto questo post. Apprezzo lo sforzo drammatico di Lorandin... traspare tutta la sua ammirazione per questa sonata, che racchiude in un'apparente semplicità sentimenti profondi. Sono d'accordo con lui...  vi sono in questa sonata sia una forte sensualità sia un forte senso di solitudine malinconica.



Ma ritornerei, da ultimo, ad ascoltare la versione per cembalo di Scott Ross, che alla luce delle precedenti scorribande interpretative risplende per il suo solare equilibrio ritmico ed espressivo:


1 commento:

Anonimo ha detto...

Bello grazie