Tempo fa mi interrogavo se l'atteggiamento migliore nel rapportarsi con gli altri fosse quello dello spiegare-comprendere o quello del valutare-giudicare. Dietro a questi due atteggiamenti ci sono due visioni diverse della natura umana:
Se è mosso da forze allora devo spiegare e comprendere
Se è mosso da ragioni allora posso valutare e giudicare
Ma forse occorre superare questa dicotomia, e accettare l'idea che l'essere umano sia determinato da entrambe le componenti, in un impasto variabile a seconda degli individui e a seconda delle occasioni e delle circostanze in cui questi si trovano ad operare.
Nel superamento di questa dicotomia sta anche il superamento della dicotomia (di origine humeana) tra fatti (forze, impulsi, meccanismi) e valori (ragioni, obiettivi, argomentazioni consapevoli)
Nelle riflessioni che avevo fatto al fine di lanciare il progetto della costruzione collettiva di un nuovo sistema filosofico, avevo pensato che la divisione tra cognitivisti etici e anti-cognitivisti etici potesse essere superata, trascesa in un punto di vista comune, che entrambe le posizioni condividono, che avevo chiamato "meta-cognitivismo etico. ((Scrivevo così:
Il nesso fondamentale che proponiamo, come ossatura del sistema, è esprimibile,
in forma estremamente sintetica, come nesso fra posizioni sull’essere
(conoscenze/interpretazioni su come stanno le cose) e posizioni sul bene
(orientamenti per l’agire). (...) Si tratta (...) di una versione del cosiddetto
“cognitivismo etico”. (...) Chi condivide il cognitivismo etico ritiene che le
proposizioni normative o i giudizi etici abbiano un fondamento in ultima analisi
nei fatti, e possano quindi essere trattate come affermazioni conoscitive, oggettive,
cioè possano essere valutate come vere o false. Chi non condivide il cognitivismo
etico ritiene che le proposizioni normative, etiche, non possano essere vere o false,
ma siano solamente espressioni più raffinate per esprimere desideri o emozioni
di qualche soggetto più o meno individuale. È questo uno dei punti critici
maggiormente divisivi nel dibattito attuale, un vero nodo della filosofia
contemporanea sul quale sembra impossibile trovare una posizione comune.
A questo proposito, però, suggeriamo una mossa teorica di aggiramento
provvisorio del problema, che possa servire almeno da contenitore per una
discussione in sede di eventuale revisione della struttura del programma.
Facciamo due esempi:
1) una posizione anti-cognitivista che neghi l’importanza delle ragioni, e quindi
delle conoscenze, come motivazioni dell’agire umano (perché per esempio
ritiene molto più determinanti le pulsioni, o le emozioni, come motivazioni del
comportamento) (...) dovrà comunque esibire la
propria concezione della natura umana e presentarne le conseguenze sul piano
etico.
2) una posizione anti-cognitivista che sia tale perché sostenga che il mondo
non ha struttura, in altri termini una posizione che tragga da un convenzionalismo
in sede metafisica conseguenze etiche (valorizzando l’importanza e l’inevitabilità
del pluralismo delle concezioni etico-politiche, e la necessità di praticare singoli
accordi mirati partendo da concezioni anche incompatibili), è pur sempre una
posizione che trae da tesi sull’essere tesi sul bene.
Resta quindi in sostanza valida, al di là della contrapposizione fra
cognitivismo e anti-cognitivismo, l’idea di una coerenza complessiva del sistema,
nel quale le diverse parti che lo compongono – sostanzialmente logica-epistemologia /
metafisica-scienza / etica-politica – devono essere collegate fra di loro. Si può dire allora
che nell’idea di sistema è presupposto un meta-cognitivismo etico sulla cui base si può
discutere anche partendo da posizioni molto diverse.
Il sistema che esemplifica meglio il nesso tra metafisica ed etica è, a mio
avviso, quello di Spinoza."))
Ma Spinoza non è un negatore del libero arbitrio? Come può trarre conseguenze etiche dalla sua visione metafisica? In realtà Spinoza giunge a (o presuppone!) una completa valorizzazione dell'esistente: non si può non amare la totalità dell'essere, per Spinoza.
In questa prospettiva, tornando all'idea di un superamento della dicotomia fra spiegare-comprendere e valutare-giudicare, occorre imparare sempre più a trarre valori dai fatti e a condividere valori riportandoli a fatti.
Detto in altri termini, riuscire ad appassionarsi per la conoscenza e per gli insegnamenti pratici e orientativi che la conoscenza ci può dare, da un lato, e riuscire a entrare in contatto con visioni e valutazioni (qui penso anche alle opere d'arte, non solo alle culture, ma anche naturalmente alle visioni che gli individui costruiscono inevitabilmente, anche tacitamente) anche molto diverse dalle nostre cercando di capirne la radici nei fatti che le hanno prodotte.
Siamo tutti interconnessi, come esseri umani, ma siamo anche connessi all'universo in quanto siamo fatti della stessa pasta e riusciamo a coglierne, almeno in parte, la struttura (o la mancanza di struttura, che è comunque, se c'è questa mancanza, un dato strutturale!).
La eventuale mancanza di senso sarebbe comunque un senso, se dovesse riguardare la totalità delle cose, sarebbe la caratteristica delle cose: se TUTTO è disordinato, allora il disordine diventa una forma di ordine, se non altro perché è coerentemente presente dappertutto!
La filosofia è amore per la conoscenza. L'aspetto passionale della filosofia ci dice anche che i filosofi non si accontentano di conoscere qualcosa, ma vorrebbero conoscere TUTTO, sono interessati a tutto, si pongono domande su ogni cosa, e non si fermano alla pura conoscenza dei fatti, ma vogliono trarre anche da questa degli orientamenti per l'agire, dei principi e dei valori che siano in grado di fondare scelte sia individuali sia collettive. L'interesse per la generalità, lo sguardo ampio, aperto verso la totalità, e l'interesse per i fondamenti, cioè per il radicamento dei valori nei fatti, ci spiega anche perché la filosofia ruoti intorno ai tre concetti fondamentali dell'essere, della verità e del bene. Una filosofia esprime la sua massima potenza quando riesce a tenere insieme, saldamente uniti, questi tre concetti. La riflessione sulla verità come base logico-epistemologica, e il nesso fra essere – metafisica (scienze) – e bene – visione etico-politica – sono gli aspetti più forti della filosofia
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