I problemi dell'idea di mondo in Kant
come programma di ricerca metafisico
“Come è fatta la realtà?”
Che cosa è richiesto, in questa domanda? Certamente la domanda si scompone in una serie di altre domande particolari. Ma nella tradizione della metafisica, da Aristotele a Kant, questa domanda investe la realtà nel suo insieme.
Perché “da Aristotele a Kant”? Forse sarebbe meglio precisare dicendo: “da Aristotele a prima della grande esplosione e specializzazione delle scienze nel XIX secolo”. Nel senso: quando ancora un singolo pensatore poteva sperare di padroneggiare i diversi campi del sapere e comprendere il senso del tutto (ma già con Leibniz si comincia ad avere consapevolezza della difficoltà di padroneggiare la quantità crescente di conoscenze scientifiche).
Kant, nella “Dialettica trascendentale”, parla di un bisogno della ragione pura: «il principio proprio della ragione in generale (nell’uso logico) è di trovare per le conoscenze condizionate dell’intelletto quell’incondizionato con cui venga compiuta l’unità della conoscenza stessa» (Critica della ragione pura, A307/B364). Questo bisogno metafisico corrisponde alla vocazione alla sistematicità propria della filosofia: la filosofia, fin dalle sue origini, aspira a pensare “in grande”, vuole capire come stiano le cose nell’insieme, nella totalità, e vuole anche capire quale sia il ruolo della vita in generale, e dell’essere umano in particolare, all’interno della totalità.
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