Di recente mi sto avvicinando alla conoscenza di Costanzo Preve attraverso le video-interviste reperibili nel web grazie soprattutto a Diego Fusaro. Di Fusaro sto leggendo adesso con piacere e profitto Bentornato Marx!
Nelle interviste che Fusaro fa a Preve emerge una sostanziale loro concordanza di vedute. Si intuisce che Fusaro vuole raccogliere l'eredità filosofica di Preve e Preve vuole consegnarla a Fusaro. Nei due video su Hegel e il capitalismo (1/2 e 2/2) Preve propone come unica strada per la sopravvivenza della filosofia (come critica dell'esistente) la linea Spinoza-Vico-Fichte-Hegel-Marx quali autori da riprendere e tenere come punti di riferimento e svaluta tutte le correnti filosofiche contemporanee che non fanno questo, in primo luogo la filosofia analitica, ma anche il neo-kantismo e Deleuze. Sembra tenere in una certa considerazione Husserl (e i fenomenologi contemporanei?).
Mi sembra di scorgere in questo atteggiamento uno dei due lati della classica diatriba analitici/continentali, sulla quale rimando ai lavori della mia amata Franca D'Agostini, ma vorrei toccare qui un punto che riguarda Hegel.
E' proprio vero che gli analitici rimuovono la dialettica hegeliana? Penso ai lavori della stessa D'Agostini (il capitolo sulla dialettica hegeliana in Logica del nichilismo, per es.) o di autori come Francesco Berto o Graham Priest e non ne sono del tutto convinto, ma ammettiamolo. E' vero anche, allora, che i neo-hegeliani Preve e Fusaro rimuovono il lavoro che in metafisica sta svolgendo la filosofia analitica (e qui penso soprattutto a Nozick e a Varzi). Cerco di spiegarmi meglio.
La totalità di Hegel è proprio tutto? Il mondo non-sociale, la natura, è veramente vista, compresa da Hegel? La logica di Hegel di cosa parla? Forse di una dimensione extra-temporale, sovrastorica? Il mondo delle idee di Platone? "Essere", "nulla" "divenire" e così via fino ad arrivare all'Idea sono innanzitutto concetti, esistono in una dimensione sovraindividuale perché sono condivisi certamente dalle menti di più individui, ma non riesco a pensarli se non come prodotto della cultura umana, "spirito oggettivato". Insomma, quello che Hegel propone come prima parte del sistema rientra in realtà, per come riesco a comprenderlo io, in quello che per Hegel è la terza parte del sistema, e non riesco a capire cosa voglia dire veramente che la natura è l'Idea che "esce fuori da sé", o che si "estrinseca".
Mi sembra attualissimo e fondamentale lo sforzo che Hegel fa di comprendere il senso complessivo della totalità relativamente al mondo sociale, spirituale, culturale, storico.
D'altra parte mi sembra che i filosofi analitici lavorino su temi metafisici con una prospettiva quantitativamente maggiore, perché cercano di tenere conto anche della realtà naturale, la "vera natura", quella che non pensa, gli immensi aggregati cosmici di materia-energia, tempo-spazio e quant'altro che ci avvolgono e di cui siamo una piccola parte (quindi tengono conto anche dei risultati delle scienze, almeno nella misura in cui contribuiscono a dirci cosa esiste !). E quali sono i temi metafisici affrontati dagli analitici? Basta sfogliare l'antologia di saggi curata da Achille Varzi Metafisica. Classici contemporanei, Laterza 2008 per averne un'idea. Le sei parti in cui è scandito il volume sono: esistenza, identità, persistenza, modalità, proprietà, causalità.
Certamente il problema è che un'ontologia che voglia tener conto veramente di tutto deve occuparsi non solo di analisi concettuale ma anche di matematica contemporanea e di fisica contemporanea, e quindi perde di vista (come infatti succede agli analitici) il compito di costruire un'interpretazione sul senso complessivo dell'agire umano, nelle sue manifestazioni storico-politiche e culturali, sociali ed economiche.
Il punto mi sembra quindi riassumibile nelle differenti concezioni di totalità che si fronteggiano: quella di Hegel e quella (implicita) degli analitici. Quella di Hegel è riconducibile all'umanità e alle produzioni umane, quella degli analitici spazia dagli enti matematici al cosmo, ma proprio per questa sua ampiezza ha le armi spuntate di fronte al compito di un'interpretazione complessiva del senso del mondo sociale.
Resta il problema, per la filosofia, del reciproco rifiuto a riconoscere l'importanza del lavoro dell'altra parte. I neohegeliani Preve-Fusaro hanno ragione a puntare l'attenzione della filosofia sulla critica al mondo sociale esistente per l'urgenza e la gravità dei problemi che esso presenta, ma d'altra parte gli analitici si sobbarcano l'arduo compito di tenere viva (non costruendo sistemi, ma lavorando in collaborazione verso obiettivi comuni, un po' come fanno gli scienziati...) l'aspirazione originaria della filosofia ad una conoscenza del tutto che sia veramente tale: l'umanità non può pensare di coincidere con la totalità dell'esistente; lo stesso Spinoza ha criticato aspramente l'antropocentrismo con annesso finalismo.
Un problema classico sul quale le due prospettive potrebbero incontrarsi è quello del libero arbitrio, per l'intreccio della dimensione umana con quella cosmologica e logica che esso presenta. Vedremo. Certamente questi tormenti e queste fratture non fanno bene alla causa complessiva della filosofia, che risulta un campo tuttora privo di un canone condiviso.
4 commenti:
era una prospettiva che non avevo considerato questa della divisione del campo dei lavori filosofici tra due "fazioni", quella degli analitici e quella dei continentali. Certamente perché la mia conoscenza della filosofia del Novecento è minima. Forse perché viaggio in una rospettiva più estetico-morale. Non saprei insomma. Buona giornata.
Caro Giulio,
ti propongo due righe sul pensiero di Preve e Fusaro ( soprattutto Preve a dire il vero), che sta interessando anche me.
Mi pare che la filosofia di Preve e Fusaro si fondi su un recupero “ingenuo” dell'idealismo hegeliano. Dico ingenuo perché non viene proposta un' indagine (di tipo fenomenologico, ontologico, o linguistico) in grado di sondare le condizioni di possibilità di questo recupero.
Mi sembra che però Preve sia più volte tentato, come emerge dai suoi scritti ma anche dai video, da un ontologia del quotidiano sul modello di quella dell'ultimo Lukacs. Ad ogni modo, questo ritorno all'idealismo si articola in tre punti principali:
1) l'uso sistematico della dialettica hegeliana, in cui si distingue una dialettica logica ed una dialettica storica, seguendo Lukacs principalmente per evitare gli errori/orrori del comunismo novecentesco, che ha cercato una forzatura logicista della storia( inoltre la dialettica storica si muove tenendo conto della lezione di Koselleck, per cui la stessa concenzione di una filosofia della storia è figlia dell'europa del tardo settecento);
2) una rilettura originale di Marx, che peraltro pare vicina al Marx che gli studi filologici (vedi i lavori dell'edizione MEGA2) ci stanno restituendo, interpretato come l'ultimo anello della stagione dell'idealismo tedesco;
3) la centralità del concetto di natura umana, cui si accede tramite Aristotele e il Gattungswesen di Marx.
Fa da sfondo a tutto questo un'interpretazione abbastanza originale della genesi e dello sviluppo della filosofia greca, in parte sostenuto dalla deduzione sociale delle categorie di Sohn Rethel, in parte dalle idee avanzate da Jean Pierre Vernant.
Caro Anonimo (posso sapere chi sei? Se non vuoi dirlo qui puoi scrivermi una mail...), ti ringrazio, molto in ritardo, per il tuo prezioso e istruttivo commento.
Hai notato come Fusaro stia sfornando lavori a ritmo incredibile? Quello sul coraggio, quello sul capitalismo,...
Non conosco Lukacs se non superficialmente: cosa mi consiglieresti di leggere di suo, per cominciare a capirlo? Mi interessa la sua "ontologia del quotidiano"...
Perdonatemi.
Per i profani (di cui uno, eccomi qui) cosa si vorrebbe portare di positivo al mondo di oggi con una riscoperta di questi studiosi/filosofi?
Quale è il succo del loro lavoro di riscoperta in ambito sociologico/filosofico?
Vi ringrazio.
Saluti.
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