8 novembre 2017

La sinistra ha bisogno della filosofia?





Sulla Repubblica di oggi Mario Calabresi, nell’articolo di fondo, compie una precisa analisi degli errori strategici e morali (nel senso della responsabilità politica) di Renzi, da una parte, e di “Bersani e soci” dall’altra.
Il suo discorso indica alla sinistra un compito:

«La sinistra, o perlomeno quell’area che si usa chiamare progressista o democratica e che è in profonda crisi in tutto l’Occidente, deve avere il coraggio di guardarsi dal fascino della convenienza, del cavalcare le pulsioni del momento, le parole d’ordine dei populismi, prima di tutto perché inutile elettoralmente, secondo perché non viene capito nemmeno dai tuoi.
Allora non resta che la strada della convinzione. Essere convinti delle proprie idee, avere il coraggio di aggiornarle, di metterle a fuoco e di mostrarle. Quale progetto di Paese, di società, di sviluppo, quale agenda di diritti e doveri e quale anima.»

Leggendo l’ultima frase di questo brano, stralciato dall’articolo di Calabresi, non ho potuto fare a meno di pensare che elaborare idee per disegnare un progetto di società all’altezza dei tempi e dei problemi, saper indicare i nuovi (e urgenti) diritti e doveri, e soprattutto “quale anima” – cioè quale Weltanschauung – sia compito, per vocazione  e responsabilità originaria, della filosofia. Penso sia compito della filosofia occuparsi dei fondamenti, dei princìpi e degli obiettivi ultimi, e che quindi la filosofia debba collaborare strettamente con la politica.

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