17 giugno 2025

Il senso del senso

 






Confronta e rifletti su queste due posizioni filosofiche contrapposte (pur non essendo state scritte in polemica esplicita):

Carlo SINI (in La fenomenologia e la filosofia dell'esperienza, una sua dispensa che circolava quando ero studente alla Statale di Milano): «Che significa “senso” dell'esistenza umana? [...] Ogni prassi ha evidentemente un senso. Se l'uomo primitivo sacrifica agli dei, questa operazione ha un senso. Essa però non si chiede, non pone il problema del “senso del senso”. Ciò compete appunto alla filosofia: è la filosofia che si interroga sul senso dell’aver senso. [...] La filosofia è il disvelamento del senso [...] (il senso, infatti, non è una cosa, ma una “intenzionalità” spirituale.)».

Alfredo CIVITA (in La volontà e l'inconscio): «il senso della vita si trova nei motivi e negli scopi, più o meno precisi e nobili, che motivano il comportamento volontario dell'uomo. Tutti conosciamo di quali motivi si tratta: scopi primari e pragmatici, scopi razionali o morali, altruismo o egoismo, la passione, l'odio, la disperazione e tutto il resto. La vita ha dovunque un senso, perché ogni comportamento umano ha il suo perché – a meno che non sia un comportamento interpretabile, come un sogno o un motto di spirito, nel qual caso il senso può essere ripristinato con l'immaginazione, introducendolo nell’apertura che si è aperta nella corrente del senso. Ci rendiamo conto che ben pochi si dichiarerebbero soddisfattidella nostra caratterizzazione del senso della vita. [...] La domanda sul perché del perché non può essere posta, a meno che ciò non significhi voler risalire al motivo del perché , e di qui al motivo di questo motivo, e così via in una concatenazione indefinita di aristotelica memoria. Ma  è evidente che ci si interroga sul senso della vita non ha in mente questa concatenazione – una concatenazione che, peraltro, se seguita per un buon tratto, potrebbe riservare oscure sorprese. Chi si interroga sul senso della vita, è alla ricerca del senso del senso. Ma il senso del senso è un'aberrazione concettuale. [...] Proprio in quanto nella vita il senso è dovunque, diventa ingiustificato parlare, alla maniera dei filosofi, di un senso della vita. Con ciò non vogliamo ovviamente sostenere che il problema del senso della vita sia una finzione; ma non è un problema che possa essere risolto dalla filosofia, riflettendo sulla natura delle cose e degli uomini; da una parte è un problema risolvibile solo stando all'interno del mondo, a tu per tu con la propria vita; da un'altra parte, più filosofica, esso esprime l'inquieto smarrimento dell'uomo di fronte a quell'opprimente onnipresenza del senso che sbarra la strada all'immaginazione, impedendole di entrare costruttivamente nella realtà e di animarla.».

10 maggio 2025

Il nuovo papa Leone XIV e gli atei: attenti alla prima omelia...

 




Leggendo Repubblica di oggi, che riporta contenuti della prima omelia di Leone XIV:

«Leone ribadisce con forza nella sua prima omelia che urge la missione: sa che “la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda” in molti contesti. Ed è consapevole che "la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l'oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tanti altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco”.» (ho messo insieme citazioni da due articoli, uno a pagina 2 e uno a pagina 4)

Messa così, la cosa mi preoccupa non poco, perché sembra presupporre che gli atei non abbiano il senso della vita, siano portati a violare la dignità della persona, siano responsabili della crisi della famiglia...

Quasi come se ateismo fosse equivalente, nel suo pensiero, a nichilismo nella sue conseguenze più deteriori e violente. Ma noi sappiamo bene che la stragrande maggioranza delle persone che non credono, che non hanno nessuna fede, sono comunque ancorate a valori fondamentali come quelli incardinati nella Costituzione, alcune si battono per il rispetto dei diritti umani e molte creano famiglie con pregi e difetti almeno equivalenti alle famiglie create da persone credenti.

Per non dire poi che l'avere fede non garantisce di per sé comportamenti etici, che la fede può portare a fondamentalismi e violenza... è quasi inutile ricordarlo.

Francesco era apertissimo al dialogo con i non credenti; speriamo che Leone XIV, nell'urgenza della sua nobilissima missione evangelica, non chiuda il dialogo con gli atei. Ma sono cose che, essendo laureato in filosofia, lui sa benissimo... speriamo non se le dimentichi!

28 febbraio 2025

Una grande idea, una possibilità concreta: Serra lancia "Una piazza per l'Europa"!!!

 


Leggendo l'articolo di Michele Serra stamattina su Repubblica, a un certo punto mi sono commosso.

Penso sia un'idea formidabile, di grandissimo impatto se si riuscisse a realizzarla, e qui mi limito a riportare per intero l'articolo, facendo di questo misero blog una piccola cassa di risonanza. Ma invito anche tutti quelli che leggeranno a fare altrettanto con i loro mezzi (contati su Whatsapp, Instagram ecc.). Diffondiamo l'idea!!!





Il mondo sta cambiando con una velocità imprevista, la storia galoppa e non concede requie nemmeno ai più disattenti e ai più pigri. Il disorientamento, e anche un livello non ordinario di paura, sono stati d’animo diffusi: ognuno di noi può percepirli nelle conversazioni quotidiane. Non serve un politologo o un filosofo, basta un amico al bar per sapere che si guarda al presente con sconcerto, e al futuro con apprensione. Esiste ancora il concetto politico-strategico di “Occidente” nel quale sono cresciute le ultime generazioni di - appunto - occidentali? Che fine farà l’Europa, che oggi ci appare il classico vaso di coccio tra due vasi ferro, per giunta ricolmi di bombe atomiche?
Sopravviverà la way of life europea a questa stretta, che mette in discussione ciò che banalmente chiamiamo democrazia, ovvero separazione dei poteri, diritti e doveri uguali per tutti, libertà religiosa e laicità dello stato, pari dignità e pari serenità per chi è al governo e per chi si oppone?
E se le autocrazie parlano semplice e parlano chiaro (e parlano falso a loro piacimento, grazie alla costante contraffazione tecnologica della realtà), quale linguaggio dovrà adottare l’Europa perché la sua voce non solo sia udibile, ma anche forte, convincente, seducente almeno quanto la voce dei suoi nemici?
Mi è capitato di rispondere a queste domande nel modo più istintivo. Forse, anche, nel modo più “sentimentale” - ma le emozioni esistono, e a farne senza poi si vive male. In un’Amaca di pochi giorni fa, intitolata “Dite qualcosa di europeo”, e nella mia newsletter sul Post, mi sono domandato perché non si organizza una grande manifestazione di cittadini per l’Europa, a sua unità e la sua libertà. Con zero bandiere di partito, solo bandiere europee. Qualcosa che dica, con la sintesi a volte implacabile degli slogan: “qui o si fa l’Europa o si muore”. Nella sua configurazione ideale, lo stesso giorno alla stessa ora in tutte le capitali europee. Nella sua proiezione più domestica e abbordabile, a Roma e/o Milano, sperando in un contagio continentale.
In ambedue i casi la quantità di mail e di messaggi traducibili con “io ci sto, Ion ci sarò, ditemi solo dove e quando”è stata impressionante. Non mi era mai capitato niente del genere in decenni di scrittura pubblica. È come se mi fossi affacciato dalle due finestrelle di cui dispongo per vedere se giù in strada c’era qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere, e avessi trovato una piazza già piena. Non convocata, non organizzata, ma con una volontà di esserci che non è nemmeno un desiderio: è proprio una necessità. E pure essendo molto circoscritta – come è chiaro a me per primo – la mia platea mediatica, mi sono detto che forse è il caso di insistere. Di provarci. Anche perché le omissioni, in una fase così grave e convulsa della storia, sono imperdonabili.
Io non ho idea di come si organizzi una manifestazione. Non è il mio mestiere. Non ho neanche, a differenza delle Sardine, cultura e destrezza social quante ne servono per rendere veloce e pervasiva la convocazione di un evento. Non so nemmeno dirvi a cosa serve esattamente, in questo nuovo evo, una manifestazione di persone in carne e ossa: se sia un rito arcaico e pedestre di fronte al dilagare fulminante delle adunate algoritmiche; se sia un moto generoso ma destinato poi a disperdersi nelle ovvie difficoltà politiche (unire l’Europa ma come? Ma quando? E scavalcando per primo quale dei cento ostacoli senza poi inciampare nel secondo?).
Ma penso che una manifestazione di sole bandiere europee, che abbia come unico obiettivo (non importa quanto alla portata: conta la visione, conta il valore) la libertà e l’unità dei popoli europei, avrebbe un significato profondo e rasserenante per chi la fa, e si sentirebbe meno solo e meno impotente di fronte agli eventi. E sarebbe un segnale non trascurabile, forse addirittura un segnale importante, per chi poi maneggia le agende politiche; e non potrebbe ignorare che in campo c’è anche un’identità europea “dal basso”, un progetto politico innovativo e rivoluzionario che non si rivolge al passato, ma parla del domani. Parla dei figli e dei nipoti.
Mi rivolgo dunque a chiunque abbia idea di come fare, sia l’ultimo degli elettori o il primo dei parlamentari, la più nota delle figure pubbliche o il più anonimo dei cittadini. Associazioni, sindacati, partiti, purché disposti a scomparire, uno per uno, nel blu monocromo della piazza europeista. Il mio sassolino nello stagno l’ho lanciato, speriamo che piovano pietre.